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Perchè la carne inquina l’ambiente?

Creato il 27 giugno 2011 da Ida Vitalibera @ida_vitalibera

Sapevate che l’allevamento degli animali destinati all’alimentazione è uno dei maggiori fattori dei cambiamenti climatici e dei disastri ambientali sia a livello locale che globale?

Il consumo di carne e di pesce sta letteralmente mettendo al tappeto l’intero ecosistema provocando dei disastri irreparabili. Come mai?

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Innanzi tutto bisogna soffermarsi sul tipo di allevamento che ultimamente ha preso piede in tutto il mondo e che si allontana molto dalle classiche tecniche utilizzate fino a qualche decennio fa: si tratta dell’allevamento su vasta scala sia di tipo intensivo che estensivo.

Entrambi i metodi permettono ai produttori di diminuire i costi di produzione e allo stesso tempo di aumentare la quantità di carne prodotta; quindi produrre più carne, in modo più economico e veloce e venderla a costi più bassi.

Le tecniche utilizzate in questi tipi di allevamento, soprattutto in quello intensivo, sono disumane (vi consiglio andare a vedere qualche video per farvene un’idea…..) inoltre, questi tipi di allevamento sono altamente insostenibili dal punto di vista ecologico. Basti pensare che oramai la metà delle terre fertili viene destinata alla coltivazione di cereali, leguminose e foraggio per l ‘alimentazione degli animali da allevamento e vengono abbattute intere foreste per creare nuovi pascoli…un impatto ambientale incalcolabile!

Gli effetti dell’allevamento sull’ambiente:

 

Distruzione foreste e desertificazione

Ogni anno, per fare spazio a nuovi pascoli e a nuovi terreni da coltivare per gli animali, vengono distrutti migliaia di ettari di foresta pluviale. Per dare un’idea delle dimensioni del problema, è stato stimato che per ogni hamburger importato dall’America Centrale vengono abbattuti e trasformati a pascolo circa sei metri quadrati di foresta!

Lo sfruttamento intensivo di questi terreni ne accelera l’erosione; con il passare del tempo, infatti, si perde lo strato di humus superficiale, il suolo  diventa meno permeabile alla penetrazione dell’acqua piovana, le falde acquifere si impoveriscono e si arriva ad una completa desertificazione, cioè alla riduzione a zero della produttività di queste terre. Secondo una stima dell’Onu,  il 70% dei terreni ora adibiti a pascolo sono in via di desertificazione.

Questo dà vita ad un ciclo continuo perché quando un terreno non è più in grado di essere sfruttato, in quanto oramai improduttivo, diventa necessario abbattere nuove foreste, che a loro volta verranno sfruttate intensamente e quindi si desertificheranno.

In questo modo, ad esempio, le grandi pianure del west americano, si stanno pian piano trasformando in vasti deserti, i corsi d’acqua sono diventati piccoli ruscelli e dove prima c’era una fitta vegetazione e diverse specie di animali selvatici, ora ci sono solo ampi terreni inutilizzati e non c’è più alcuna traccia di vita animale.

 

Inquinamento da prodotti chimici

Questo problema è legato alle coltivazioni destinate a nutrire gli animali da allevamento; in particolare alla pratica della monocoltura che risulta più conveniente per i produttori in quanto consente di produrre grandi quantità di mangime. Nelle coltivazioni intensive vengono utilizzate enormi quantità di prodotti chimici che comprendono fertilizzanti, pesticidi ed erbicidi, molto spesso in dosi altamente superiori a quelle che le coltivazioni possono assorbire. Tutti questi prodotti penetrano nel terreno ed inquinano le acque (che l’uomo beve) ed il cibo stesso. Se i terreni, anziché alla monocoltura, fossero destinati alle coltivazioni a rotazione per produrre alimenti destinati all’uomo (e non agli animali), non servirebbero prodotti chimici perché le terre rimarrebbero fertili.

Un esempio: negli Usa, l’80% degli erbicidi è utilizzato nelle coltivazioni di mais e soia destinate agli animali.

 

Enorme consumo d’acqua

L’emergenza idrica oramai è nota a tutti. Questo allarme però sembra essere ignorato da chi opera nel campo della zootecnica e dell’agricoltura. In questi settori il consumo di acqua è a dir poco vergognoso; basti pensare che il 70% di tutta l’acqua utilizzata sul pianeta è consumato per gli allevamenti e per la coltivazione dei prodotti destinati agli animali! In questa percentuale è compresa l’acqua usata per l’irrigazione delle coltivazioni, quella usata per abbeverare gli animali e quella impiegata per la pulizia delle stalle. Diamo alcuni numeri: una mucca da latte beve circa 200 litri di acqua al giorno, un maiale 20 litri, un bovino 50 litri, una pecora 10 litri….in base a questi dati è stato stimato che per ogni chilo di carne di manzo si consumano in totale ben 15 mila litri di acqua…incredibile se pensiamo a quante persone non hanno nemmeno acqua potabile a disposizione!

 

Inquinamento da deiezioni animali e prodotti di scarto

Anche le deiezioni animali (ovvero gli escrementi) e tutti i prodotti di scarto sono uno dei principali fattori di inquinamento ambientale. Infatti, il letame che si accumula negli allevamenti viene smaltito come rifiuto e il suo impatto ambientale sull’ecosistema è così grave quanto quello dei pesticidi e di tutti gli altri prodotti chimici. Lo smaltimento avviene per spandimento dei liquami nel terreno; ovviamente questi rifiuti non possono essere usati come concime perché non sono “sani” (come molti pensano) in quanto contengono elevate quantità di fosforo e azoto presenti nei mangimi che però gli animali non possono assorbire completamente. Quindi tutte queste sostanze vengono assorbite dal terreno e provocano l’inquinamento delle falde acquifere, dei corsi d’acqua (con conseguente moria dei pesci) e l’eutrofizzazione nei mari (ovvero uno sviluppo eccessivo di alghe).

Solo in Italia, ogni anno vengono prodotte dagli animali da allevamento circa 19 milioni di tonnellate di deiezioni che non possono essere usate come fertilizzante.

 

Spreco di energia e di risorse vegetali

E’ vero che gli animali trasformano le proteine vegetali in carne, latte e uova per il consumo umano, ma questa trasformazione non è paritaria in quanto per produrre una determinata quantità di carne (latte e uova) occorre una quantità molto maggiore di vegetali. Ciò comporta enormi perdite di proteine e di energia contenute nei vegetali dato che una parte dei loro nutrienti serve a sostenere il metabolismo degli animali, un’altra parte a formare i tessuti non commestibili  come ossa, cartilagini e frattaglie e un’altra parte ancora va persa attraverso gli escrementi.

Senza contare l’energia che viene consumata per la coltivazione del cibo per gli animali e per il funzionamento degli allevamenti stessi.

Se prendiamo come riferimento l’indice di conversione, che misura la quantità di cibo necessaria per far crescere l’animale di un kg, possiamo vedere quanti vegetali vengono sprecati per alimentarlo. In base a questa misurazione si è calcolato che ad un vitello servono 13 kg di mangime per aumentare di 1 kg, mentre ne servono 24 ad un agnello e 3 ad un pollo; bisogna poi considerare che l’animale non è solo carne ma vi sono anche parti non commestibili che vengono scartate.

La conversione di proteine vegetali in animali è ancora più bassa. Ad esempio un bovino che consuma 790 kg di proteine vegetali produce meno di 50 kg di proteine animali!

Uno studio dell’economista Frances Moore Lappé, ha calcolato che negli Usa, in un solo anno sono state prodotte 145 milioni di tonnellate di cereali e di soia dalle quali sono stati ricavati solo 21 milioni di tonnellate di carne, latte e uova. Quindi, sono andati sprecati, 124 milioni di tonnellate di cibo! Questo cibo avrebbe assicurato un pasto completo al giorno a tutti gli abitanti della Terra! Con il solo spreco degli USA. (Fonte: Frances Moore Lappé, “Diet for a small planet”, New York,Ballantine Books, 1982, pp.69-71).

 

Produzione di gas serra e surriscaldamento del pianeta (e ripercussioni sul clima)

Chi l’avrebbe mai detto che gli allevamenti hanno un ruolo fondamentale nei cambiamenti climatici? Ebbene sì, la produzione animale è responsabile del 18% delle emissioni atmosferiche mondiali di gas a effetto serra,  più di quelle prodotte dai trasporti di tutto il mondo!

In questa percentuale rientrano: il metano prodotto dal metabolismo degli animali e dall’evaporazione dei composti presenti nel letame (esempio: un manzo produce 114 chili di metano all’anno!) questo gas è 23 volte più potente dell’anidride carbonica nel surriscaldare la Terra; il protossido d’azoto (il più potente nel riscaldamento globale) emesso dall’evaporazione delle deiezioni (letame e liquame) e dai fertilizzanti chimici a base di azoto usati nelle coltivazioni per gli animali che è ben 296 volte più forte ed inquinante dell’anidride carbonica; ed infine l’anidride carbonica derivante dall’incendi delle foreste da destinare ai pascoli, dall’utilizzo di energia elettrica e combustibili fossili per i macchinari e le infrastrutture, ed emessa dalla respirazione degli animali stessi.

Gli allevamenti sono responsabili anche dell’emissione di ammoniaca, provocata dallo spargimento del letame nei campi, che causa piogge acide ed acidificazione degli ecosistemi. Infine, non bisogna tralasciare le emissioni di biossido di carbonio da parte dei mezzi di trasporto utilizzati per commerciare carne e animali.

 

In conclusione

Quando ci troviamo una fettina di carne davanti, ci risulta difficile immaginare tutte le devastazioni ecologiche che ci sono dietro alla sua produzione ed associare, quindi, quella bistecca alla deforestazione, all’inquinamento, alla desertificazione, allo spreco di acqua e di risorse vitali. Adesso che siamo informati, però, oltre che ad approfondire l’argomento con altre letture più specifiche, possiamo, cominciare a riflettere sulle ragioni per cui continuiamo ancora a nutrirci di animali e cominciare, nel nostro piccolo, a dare un contributo all’ambiente riducendo il nostro impatto ambientale derivante dal consumo di carne.

 


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