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Perché Mi Sono Cancellato da TripAdvisor

Creato il 20 gennaio 2014 da Angelozinna

Perché Mi Sono Cancellato da TripAdvisorL’altro giorno ho chiuso il mio account di TripAdivsor. Non è stato così semplice, perché su TripAdvisor non esiste un pulsante “cancellami”, non c’è un modo diretto per eliminare la propria presenza e non è così chiaro come si chiude il proprio profilo, come su ogni altra community virtuale. Dopo alcune ricerche ho trovato un link ad una pagina che dice di mandare una mail ad un indirizzo, nella quale si deve chiedere che il proprio profilo venga chiuso. Un responsabile si occupa poi di chiudere manualmente gli account, e dopo alcuni giorni si viene ricontattati per essere avvertiti che la modifica è stata effettuata.

Non c’è niente di strano nella pratica di rendere più complicata la chiusura del profilo, è ovvio che il sito voglia mantenere i propri utenti in ogni modo, ma per era arrivato il momento di abbandonare la nave. Perché?

Pur dando per scontata la spontaneetà delle recensioni degli utenti, la cosa che più mi ha spinto a lasciare è stato il passaggio graduale da un semplice (per quanto ricco) sito di informazioni turistiche ad una forma di social network che aggiunge altre notifiche, e-mail, amicizie presunte ad una lista già troppo lunga di piattaforme di procrastinazione. Ogni volta che un amico di Facebook recensisce un hotel in cui mai andrò, in un posto del mondo dove non mi trovo e al quale mai mi sono interessato ricevo una mail. Ogni volta che i voti formano una classifica ricevo un altra mail. Ogni volta che per sbaglio clicco sulla pagina di un ristorante ricevo nuove recensioni nella mia casella di posta per sempre. Che posso disattivare è vero, ma perché sono attive in primo luogo? Tutte cose di cui non ho bisogno e che non mi aiutano a viaggiare meglio.

Che però funzionano. Sì, perché da quando Facebook è collegato a TripAdvisor l’attività sul sito sembra essere aumentata, ma esattamente come su Facebook si tende a dare un’immagine di sé che sia positiva perché pubblica, la necessità, che con il nickname non c’era, di darsi un’importanza ha preso il sopravvento anche sul sito di viaggi. Così si leggono recensioni superlative di attrazioni mediocri (uno non può mica dire che è stato in vacanza in un posto di merda) e che aumentano di numero in una gara a chi è stato in più posti.

Facebook o meno non sono mai riuscito molto bene a mettermi nella mentalità di chi scrive recensioni, non capisco quale sia la motivazione che spinge a farlo o il guadagno, ma la loro utilità rimane indubbia. Finché chi scrive viaggia come te. Perché se gli standard sono diversi è impossibile giudicare un hotel dagli occhi di qualcun altro. Viaggiando a lungo termine, cercando di spendere il minimo, mi sono reso conto che la maggior parte degli alberghi con recensioni negative sono molto meglio di quelli in cui mi trovo a dormire ogni notte. Con oltre 75.000.000 di recensioni è possibile sapere chi viaggia come? Non credo. Un uso che si fa di TripAdvisor, che lo porta in vantaggio rispetto alle guide turistiche, è capire dove non andare piuttosto che dove andare. Ma c’è chi si lamenta di tutto e ogni recensione andrebbe presa con le pinze.

Ma con le pinze non si prende e oggi TripAdvisor può dettare il destino di albergatori e ristoratori. Gli si da troppa importanza (che non è certo colpa loro), ed è una cosa che non sopporto. Pensa se un cameriere a paga minima si è svegliato storto e magari in un giorno di distrazione arrivano cinque review negative. Non dico che il ristorante chiude, ma probabilmente non regalerà panettoni per Natale. E questo peso del “tu non sai con chi stai parlando” che tanta gente oggi porta con sé, non rispetta il lavoro della gente (lavoro che appunto, è sempre malpagato) e porta delle conseguenze che non sempre si posso aggiustare o tenere sotto controllo.

E infine c’è l’aspetto di cui si parla più spesso. Ma queste recensioni, sono oneste? Alcune sì, altre no. Se inizialmente TripAdvisor era un portale per i viaggiatori, oggi la differenza che fa è per gli operatori del turismo. Così oggi le recensioni si comprano in comodi pacchetti da 10 o da 20 o da 50, oppure ce le scriviamo da soli, oppure si chiede all’amico, oppure usiamo un nome falso, oppure screditiamo i concorrenti. Funziona così, si sa.

E così, se delle recensioni positive non mi posso fidare perché si comprano, se di quelle negative non sono sicuro perché nell’ospitalità ci ho lavorato e delle manie di protagonismo dei clienti ne ho viste abbastanza, se chi scrive ha standard diversi dai miei, se i consigli che mi bombardano la casella di posta non hanno uso, se le informazioni non sono mai oggettive e le opinioni ormai troppo soggettive, se le raccomandazioni non possono essere migliori di quelle di guide, blog e siti specializzati, che me ne faccio di TripAdvisor? Niente.


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