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Perché non c’è bisogno della Germania per fare l’euro-bancor

Creato il 11 marzo 2014 da Keynesblog @keynesblog

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Un bell’articolo di Enrico Grazzini (“Euro, come recuperare la sovranità monetaria”), pubblicato da Sbilanciamoci qualche giorno orsono, e che volentieri segnaliamo in fondo a questo post, è una buona occasione per chiarire un punto “politico” sull’idea di superare l’euro attraverso la trasformazione dell’unione monetaria europea in un sistema ispirato all’International Clearing Union di KeynesL’articolo fa un ottimo lavoro nel sintetizzare la proposta, ma forse sottovaluta le opportunità politiche che essa potrebbe portare con sé.

Scrive Grazzini:

Come uscire dal tunnel? … Bisogna innanzitutto liberarsi dal dilemma che finora ha bloccato ogni progetto di cambiamento: rimanere nella moneta unica a egemonia tedesca rischiando l’impotenza e il disastro, o invece uscire unilateralmente dall’euro, rischiando però un rovinoso salto nel buio. La proposta che invece avanziamo è il ritorno concordato di tutti i paesi dell’eurozona – Germania compresa – alle monete nazionali e il mantenimento dell’euro come moneta comune di fronte alle altre valute internazionali come il dollaro e lo yen.

Ovviamente questa soluzione richiederebbe sul piano politico un forte accordo di cooperazione tra i paesi europei; e sul piano economico uno stretto controllo dei movimenti speculativi di capitale. 

Vi sono una serie di considerazioni che invece ci inducono a sostenere un punto di vista differente.

In primo luogo un meccanismo come quello della “moneta comune” richiederebbe un impegno politico ben minore di quello che ha portato alla nascita dell’euro stesso. E sicuramente minore di quello necessario a mantenere la moneta unica. Ogni paese, infatti, tornerebbe alla sua moneta nazionale e si reintrodurrebbe in Europa il vecchio Sistema Monetario Europeo, corretto secondo le indicazioni del Piano Keynes di Bretton Woods, come richiamato da Grazzini. Non si parlerebbe più di unione fiscale, trasferimenti, eurobond, mutualizzazione dei debiti, tutti strumenti che a più riprese vengono richiesti alla Germania, la quale per ora, e probabilmente per il futuro, continua a rifiutare, ma che deve comunque mettere in conto come extrema ratio. Anche la stessa unione bancaria e la vigilanza potrebbero essere ridimensionate. Poiché inoltre si ridurrebbero le esigenze di salvataggi bancari, il fondo salva-stati potrebbe gradualmente essere eliminato e, comunque, verrebbe chiamato in causa molto più raramente di quanto accada oggi (e rischia di accadere in futuro).

La Germania avrebbe inoltre alcuni vantaggi rispetto all’ipotesi di una rottura dell’unione monetaria, uno scenario che rimane altamente probabile. In primo luogo, una rottura dovuta alla fuoriuscita di un paese periferico, seguito inevitabilmente a ruota dagli altri, avrebbe effetti potenzialmente devastanti sul piano finanziario anche per i paesi creditori e riverberi globali non trascurabili. In secondo luogo, tra i vantaggi che i tedeschi dovrebbero mettere in conto, si può prevedere che l’euro-bancor sarebbe, sui mercati internazionali, apprezzato meno di quanto lo sarebbe un nuovo marco.

Tutto ciò nell’ipotesi che la Germania accetti la proposta del passaggio alla “moneta comune”. Ma ciò è tutt’altro che necessario. La proposta dell’euro-bancor può anzi essere usata politicamente dai paesi meridionali. Mentre la minaccia di una fuoriuscita unilaterale sarebbe poco credibile per i motivi su menzionati, quella di un’uscita accompagnata da un nuovo sistema monetario che fungerebbe da “paracadute”, risultando molto meno pericolosa sul piano finanziario per i paesi che dovessero adottarla, costringerebbe la Germania a prendere sul serio la minaccia. A quel punto essa si troverebbe di fronte a tre possibili alternative: 1) adottare il nuovo sistema, 2) acconsentire ad una separazione “consensuale” e “coordinata” dell’area euro, con da una parte l’euro-bancor per i paesi periferici e dall’altra l’euro attuale per quelli del centro, o infine 3) uscire per prima dall’euro, come ad esempio proposto da Joseph Stiglitz (escludiamo, va da sé, che la Germania possa mai accettare di mutualizzare i debiti e muoversi in una prospettiva federale).

In altre parole, la proposta dell’euro-bancor, al di là delle sue ragioni “tecniche”, risulta un’arma di pressione e contemporaneamente un paracadute per le periferie dell’eurozona (non a caso sono stati gli economisti critici francesi a riportarla in auge negli ultimi mesi). Si tratta evidentemente di costruire delle alleanze su questa proposta, ma alleanze che possono limitarsi anche solo ad una parte minoritaria dell’attuale eurozona.

Le alternative sarebbero rimanere nell’euro così come è oggi, con gli effetti devastanti sulle economie dei paesi periferici che conosciamo, oppure fare finta di credere che uscire un venerdì sera e “vedere di nascosto l’effetto che fa” non produca effetti anche più devastanti, almeno nel breve-medio termine (nel lungo, si sa, saremo comunque tutti morti).

Leggi l’articolo di Enrico Grazzini


Archiviato in:Economia, Europa, ibt Tagged: Bancor, Enrico Grazzini, euro, International Clearing Union, Unione europea

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