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Perché Non Vado in Tibet

Creato il 21 aprile 2014 da Angelozinna

Perché Non Vado in TibetNon pretenderò che la mia è stata una scelta morale. Io in Tibet ci volevo andare, pensavo da mesi di andarci. Lo avevo inserito nella lista dei 100 luoghi da vedere prima di morire e avevo ormai accettato che se fosse solo questione di soldi, pagherò. Però non è così semplice, passare dal Tibet per arrivare in Cina pone di fronte a questioni pratiche che mi hanno fatto ripensare del tutto a questa scelta. Così in Tibet non ci vado più. Perché?

Il Tibet non è un territorio libero. Prima degli anni ’50 in questo immenso territorio alle spalle dell’Himalaya viveva liberamente una civiltà isolata ed antica. Il passaporto tibetano, nonostante fosse poco più che un pezzo di carta, era accettato in molti paesi del mondo, una religione, quella Bon, era indigena del luogo e inesistente fuori dai suoi confini e più in generale, pur essendo l’area dove si trova il Tibet difficile da definire con precisione, questo era a tutti gli effetti una nazione indipendente. Non solo indipendente, ma inoffensiva: i tibetani non hanno mai invaso nessun territorio vicino, hanno vissuto per secoli tra le montagne più alte del pianeta indisturbati e nell’isolamento hanno trovato la pace. Poi sono arrivati i cinesi.

Nel 1959 la Cina invade il Tibet e ne prende possesso. Le risorse naturali di questa regione non potevano passare inosservate a lungo e quando la Cina ha deciso di unire sotto la propria bandiera questa vasta nazione non è stata una sorpresa. Con l’arrivo dei cinesi, e della polizia cinese in particolare, molte cose sono cambiate per i tibetani. La libertà di religione è stata abolita. Così come la libertà di muoversi, uscire dai confini dello stato, con il passaporto che non è più considerato un documento valido. È stata annullata la libertà di parola, quella di stampa e quella di protesta, pena la repressione violenta. L’iniziativa economica è impossibile e con un mercato tenuto sotto stretto controllo dai cinesi è negata ogni possibilità di crescita.

Centinaia di tibetani muoiono ogni anno per fuggire da questa situazione. Attraversano l’Himalaya a piedi in direzione India o Nepal, in condizioni spesso oltre i limiti degli esseri umani. Chi riesce a fuggire si lascia alle spalle la propria famiglia, spesso sapendo di non poterla rivedere mai più. Il Dalai Lama, capo spirituale dei buddhisti del Tibet, è stato uno tra i molti a seguire questo percorso, costretto a fuggire a Dharamsala nel nord ovest indiano, per non essere arrestato o rapito come è successo più tardi al Panchen Lama.
È facile capire quindi come viaggiare in Tibet abbia dei limiti. Innanzitutto è vietato muoversi in modo indipendente. Per poter visitare il Tibet è necessario partecipare ad un tour organizzato e molto costoso, tramite il quale si richiede un permesso speciale – diverso dal visto turistico cinese – e si pagano una serie di tasse al governo. Quasi tutte le agenzie di Kathmandu organizzano viaggi in Tibet e conoscono bene la situazione, offrendo alcuni metodi per aggirare parzialmente questo ostacolo. Pur essendo obbligatorio partecipare ad un tour ed essere accompagnati da una guida, non è specificato quanto grande debba essere il gruppo ed è quindi possibile, in teoria, formare un gruppo organizzato composto da una o due persone soltanto. Basta pagare. Un problema è che la maggior parte degli spostamenti avviene tramite mezzi privati e scegliere quindi di lasciarsi alle spalle i gruppi di turisti significa dover spendere migliaia di dollari per poche settimane.

Il mio piano originale era raggiungere la Cina via terra dal Nepal. Questo ho scoperto essere vicino all’impossibile per una serie di motivi diversi. Pur accettando di partecipare ad un tour, pur accettando di pagare migliaia di dollari, entrare dal Nepal e uscire dalla Cina e poi proseguire il viaggio non è attualmente possibile. Quasi tutti i viaggi organizzati sono andata e ritorno – si parte da Kathmandu, si arriva a Lhasa, si torna a Kathmandu – oppure in alcuni casi, ma anche questo è difficile, si può arrivare a Lhasa e poi volare in Cina. Nelle mie ricerche però ho trovato che la difficoltà maggiore non riguarda la logistica, ma più la burocrazia. Prima di entrare in Cina è necessario ottenere un visto turistico all’ambasciata di Kathmandu. Al momeno dell’applicazione per un permesso speciale per visitare il Tibet però, se chi si occupa del rilascio trova all’interno del passaporto un visto cinese valido questo sarà annullato. Se invece si chiede prima il permesso tibetano e soltanto dopo il visto cinese, quando chi si occupa del rilascio di quest’ultimo nota che hai intenzione di andare in Tibet difficilmente concederà un visto per la Cina. L’ultima possibilità rimane quindi chiedere il permesso tibetano e partire solamente con questo, dato che in teoria dovrebbe essere valido anche in Cina, essendo tutto lo stesso paese. Il problema in questo caso è che questo permesso non è quasi mai valido per più di due o tre settimane, solitamente la durata esatta del tour, e in questo tempo è praticamente impossibile attraversare sia il Tibet che la Cina su strada.

Visitare il Tibet sarebbe quindi facile anche se non avventuroso quanto si vorrebbe. Attraversare il Tibet però è tutta un’altra storia, e per quanto mi piacerebbe cercare un contatto con questa terra anche a costo di tornare sui miei passi e poi volare, il numero di limiti mi hanno fatto pensare seriamente se ne valga la pena. Magari in futuro ci tornerò, ma questa volta, di farmi portare a vedere solo ciò che è permesso, di circolare con mezzi privati, di dare un sacco di soldi al governo cinese e di rischiare di non poter proseguire nelle tappe successive, non mi va.


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