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Perché per i cittadini italiani disabili c’è un autentico MURO DI GOMMA?

Creato il 09 aprile 2013 da Goodmorningumbria @goodmrnngumbria

Riceviamo e pubblichiamo

nota di redazione: Il testo è particolarmente lungo e ce ne scusiamo con i lettori, ma vista l’importanza sociale e la delicatezza dell’argomento trattato invitiamo tutti  ad arrivare fino in fondo.

di Disabile Libero - Perugia

La lotta dei cittadini non autosufficienti in favore del principio di libertà sulle modalità dell’assistenza incontra quotidianamente sempre nuovi ostacoli, le azioni di contrasto giungono da una pluralità di soggetti, tra essi, si distingue sempre più il  terzo settore.

Le parole sono importanti, per non sbagliare e far saltar sulle sedie qualcuno riporto con fedeltà assoluta la definizione di Wikipedia. “terzo settore è quel complesso di istituzioni che all’interno del sistema economico si collocano tra lo Stato e il mercato, ma non sono riconducibili né all’uno né all’altro; sono cioè soggetti organizzativi di natura privata ma volti alla produzione di beni e servizi a destinazione pubblica o collettiva (cooperative sociali, associazioni di promozione sociale, associazioni di volontariato, organizzazioni non governative, ONLUS, ecc.)”. In genere non è sempre agevole stabilire la veridicità di quel che si trova nel web ma un punto di riferimento dobbiamo pur averlo. Quindi il terzo settore, che può contare su una base di finanziamento pubblico che oscilla tra i 15 e i 18 miliardi è composto da una miriade di istituzioni che erogano una moltitudine di servizi rivolti ad una pluralità di soggetti. Dentro c’è tutto, centri diurni per disabili, servizi di assistenza domiciliare, strutture per rifugiati politici, comunità per tossicodipendenti, servizi per il volontariato ecc..ecc…

Un paese moderno ed evoluto ha bisogno di questi interventi e ben vengano tutti gli attori con la capacità di porre in essere servizi così essenziali, però, la questione di fondo è un’altra: il sistema e la rete dei servizi, con il tempo, sono diventati ipertrofici, ridondanti ed autoreferenziali, fagocitando tutte le risorse umane e finanziarie che altrimenti avrebbero trovato un impiego più efficiente ed efficace. Per svolgere queste attività “filantropiche” i finanziamenti giungono da enti locali regioni, Stato, organismi comunitari ed organizzazioni internazionali. Per quanto riguarda l’assistenza domiciliare indiretta in favore delle persone non autosufficienti, è presto detto: la sproporzione delle risorse in campo è assoluta, poche decine di milioni in tutta Italia per assegni di cura, vouchers, contributi per assistenti famigliari, contro appalti e accreditamenti miliardari in favore del terzo settore. Poche decine di milioni che spesso sono il frutto di confronti serrati e drammatici tra enti locali e quelle poche associazioni svincolate da logiche clientelari e parassitarie.

Il modello generale che ne risulta è assolutamente sbilanciato, emergono realtà locali tremendamente disomogenee l’una dalle altre, ci sono Regioni (poche per la verità) che nel caso dell’assistenza domiciliare indiretta offrono una copertura sufficientemente equa contro altre che ignorano completamente le esigenze più elementari.

Quello che manca nella vita quotidiana di centinaia di migliaia di disabili e dei famigliari è la concreta possibilità di scegliere il modello assistenziale più idoneo. La scelta è preclusa, bloccata, se pur vi sia a livello nazionale una sequela di norme sufficientemente chiare e garantiste, la riserva della materia sociosanitaria alle competenza esclusiva delle regioni ha alimentato arbitri, ingiustizie e vantaggi proprio in favore del terzo settore.

Se solo la decima parte dei finanziamenti che complessivamente vengono riconosciuti a coop, onlus, imprese del privato sociale confluissero in contributi ed aiuti gestiti dai disabili vedremmo ancora più accentuarsi la contrarietà della “peggiore Italia”, con la sua capacità di fare lobby, di incrostarsi con il peggio del sindacato, aggregandosi con la più viscida politica , con il compiacimento pieno e zelante di tutti i media.

Gli slogan che sentiamo son sempre gli stessi, una sorta di litania (litanoia) ripetuta su tutti i giornali, tv e ai convegni “la famiglia moderna non può occuparsi della persona non autosufficiente, le strutture seguono meglio di quanto non si possa fare in famiglia …”

Concordi sul fatto che i famigliari debbano essere liberi se lo desiderano di affrancarsi da certi impegni, però, è altrettanto facile notare come si eviti, sempre e comunque, di ricordare che l’impegno di cura e di assistenza può essere delegato in tutto o anche solo in parte, rimanendo nella abituale dimora famigliare, a soggetti esterni.

Un muro invalicabile quindi, UN MURO DI GOMMA, un muro al quale neppure la magistratura sembra opporsi, un blocco talmente forte e potente da tener ferme tutte le istanze di libertà e di maggiore equità sociale. Il dibattito, quello equilibrato, quello vero e non pilotato, se esiste, è confinato solo ai social network o a quei pochi siti e forum che trattano di disabilità.

E’ davvero difficile comprendere come si possa ricoprire il ruolo di portavoce di un istituzione che tutela certi imprenditori (terzo settore) e nel contempo affermare di voler tutelare i soggetti che rappresentano il core business di quegli imprenditori medesimi. Immaginate come se a capo di un ‘associazione di consumatori mettessimo l’amministratore delegato di una multinazionale che produce beni di consumo di massa ….

C’è uno sdoppiamento, una frammentazione di identità, una sindrome bipolare…

Che sia il mai sopito conflitto interiore di pirandelliana memoria? Uno, nessuno, Centomila?

E’ quello che vorremmo chiedere ai responsabili di certe federazioni che con solerzia e tempismo si interfacciano con gli incaricati dal Presidente della Repubblica per la formazione del nuovo governo. Anche in questo caso i rappresentanti di certe federazioni e forum incorniciano il solito mantra: Mancano le strutture per disabili, ci vogliono più investimenti, il settore è in affanno, non ci sono i soldi per pagare gli stipendi, i pagamenti della pubblica amministrazione sono in ritardo”. Situazioni in parte aderenti al vero, ma qual è il motivo di tante difficoltà? Le difficoltà sorgono solo dall’inefficienza del pubblico che paga in ritardo e non investe abbastanza nel settore o forse la questione è soprattutto l’insostenibilità dei costi di sistema?

Generalmente i contesti dove si determinano tariffe, rette e contributi sono i tavoli di concertazione. Tavoli ai quali partecipano sindacati, terzo settore, amministratori pubblici (tecnici) e politici. Tavoli presso i quali si stabilisce, su basi davvero discutibili che una casa famiglia per bambini disabili debba ricevere anche 260 euro al giorno dalla asl per un solo ospite, che un giorno in una struttura per pazienti in stato vegetativo debba costare 400 euro per ogni soggetto ricoverato, che un’ora di assistenza domiciliare diretta debba essere pagata alla coop di turno anche 25 euro. In definitiva i costi per l’assistenza raddoppiano o triplicano, crescono oltre ogni buon senso e logica che non sia il soddisfacimento di interessi clientelari. Il denaro in più serve a mantenere i carrozzoni di consenso politico-elettorale, il voto di scambio e i profitti degli imprenditori vicini al gruppo di potere di turno. Pensare al terzo settore come ad una realtà debole e frammentata sarebbe un errore, ci sono imprenditori con oltre 60 strutture in tutta Italia, con migliaia di posti letto e migliaia di dipendenti. Imprenditori che farebbero del tutto per bloccare ogni iniziativa locale o nazionale volta a riequilibrare la distribuzione delle risorse tra domiciliarità e residenzialità

Il ricatto occupazionale è fuorviante e intriso da una disonestà di fondo: tra i principali datori di lavoro per gli assistenti personali troviamo proprio le famiglie italiane, quando possibile il rapporto contrattuale si instaura tra lo stesso disabile e il lavoratore, le condizioni contrattuali e la paga oraria sono più vantaggiose di quelle riconosciute ai lavoratori delle coop sociali. Generalmente di quei 25 euro pagati all’azienda i lavoratori ricevono appena 4.90 euro netti contro i 7.50 dei contratti per assistenti famigliari.

Troppo spesso a convegni ed incontri trovo solo rappresentanti di cooperative e onlus varie, sindacalisti, politici. Troppo spesso accanto a me siedono lavoratori del settore e responsabili di imprese e mai, quasi mai, disabili o i loro famigliari. La causa di queste assenza è anche un po’ nostra, la delega in bianco a questi soggetti è stato l’errore più grave che potessimo fare, il danno è talmente ampio e profondo che porre rimedio sarà dura, ma non possiamo certo colpevolizzarci per questo, ma reagire e lottare con tutte le nostre energie per affermare il sacrosanto diritto di scegliere.

Dobbiamo pretendere senza se e senza ma che venga sostenuto il modello di cura ed assistenza che meglio si avvicina alle nostre esigenze ma soprattutto a quelle dei nostri cari. Sfuggire ai condizionamenti e ai ricatti non è facile, quotidianamente veniamo surclassati da slogan ripetitivi ed ossessivi. Le varie tecniche di coercizione delle coscienze sono antiche e consolidate ma non sempre riconoscibili. Ora, la casta, si serve dei cosiddetti Spin doctor … consulenti che riescono, da abili conoscitori delle tecniche di comunicazione di massa, a manipolare, soggiogare, distogliere l’attenzione dei cittadini dai problemi reali tentando di mantenere ed alimentare una sorta di narcosi collettiva. L’obbiettivo è chiaro, affossare e paralizzare ogni capacità di reazione, anche il mondo della disabilità non sfugge a certi meccanismi, basti pensare ai comunicati più o meno ufficiali che annunciano la compressione di quei pochi diritti e agevolazioni che consentono a molti di noi di tirar avanti tra mille difficoltà, comunicati poi smentiti ma solo dopo aver sortito l’effetto “tritacarne” sulle menti di cittadini già duramente provati.

Ciò che mi incoraggia giorno per giorno è la determinazione e la forza di chi ben più di me conosce la disperazione e la più indicibile sofferenza, forza e motivazione che trovo nella volontà assoluta ed indomabile di queste persone speciali di non”stare a guardare” e di non voler subire atti, leggi, norme e prassi che fanno scempio di diritti, affetti, vite in nome degli interessi di un gruppo organizzato coeso e politicamente trasversale. Gruppo di potere al quale non importa nulla dell’equità sociale, della sostenibilità nel tempo di un modello assistenziale costoso ed inefficiente, gruppo di potere il cui operato condanna i nostri cari e noi stessi all’incuria e all’abbandono il cui unico obbiettivo è schiacciare e far scempio del welfare famigliare. Siamo disposti ad accettare tutto questo?

http://www.disabiliabili.net

 



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