di P.A.
Le ultime due mosse del ministro dell’istruzione, Francesco Profumo, ci lasciano perplessi: l’invito al prossimo governo di ridurre di un anno la scuola superiore, da 5 a 4 anni, e il varo del sistema nazionale di valutazione. A che gli giova attirarsi altre critiche, visto che a giorni lascerà il Ministero?
E in più: perché prendersi le ingiurie dei sindacati (solo la Cisl si è detta d’accordo) e quelle prossime dei docenti quando, davanti ai formulari per l’autovalutazione e alle risultanze dell’Invalsi, dovranno lavorare ancora e di più, ma senza il becco di un quattrino? E inoltre: perché prendersi le “maledizioni”, sia dei precari, con ulteriori meno posti a disposizione, e sia dei docenti di ruolo, col rischio di finire sopranumerari, suggerendo la riduzione di un anno alle superiori?
Cosa l’ha spinto a scelte tanto poco condivise e oggettivamente affatto impopolari, sia con l’”Atto di indirizzo concernente l’individuazione delle priorità politiche per il 2013”, e sia con l’autovalutazione della scuole, varato dal consiglio dei ministri?
Molti osservatori parlano di “colpo di mano degno dei peggiori governi Berlusconi”, una sorta di “golpe” a donno dei docenti e della scuola, mentre vengono revocati i tagli di Gelmini, pari a oltre 8mld di euro, e il risparmio che il taglio di un anno alle superiori comporterebbe, pari cioè a un altro 1mld e mezzo di euro, considerando ancora che la scuola agonizza e da tutto il mondo ci dicono di cambiare rotta se non vogliamo affondare anche sul laghetto salato della istruzione.
Ma è anche importante ricordare che sull’altare del risparmio si sono pure immolati agli accorpamenti delle scuole in plessi con non meno di 1000 alunni, il taglio medio del 10% del monte ore complessivo della scuola italiana, l’aumento di 1 punto percentuale nel rapporto alunni docente, tutti sacrifici che se per un verso gridano vendetta dall’altro si addebitano, talvolta pure impropriamente, alla sua ultima gestione.
E allora: perché Profumo continua, al limitare estremo del suo mandato, a segnalare ulteriori tagli e ulteriori incombenze per il sistema scolastico italiano? Chi glielo fa fare? si potrebbe dire, rievocando l’espressione più abusata nella nostra straordinaria penisola. Non è infatti costumanza dei nostri politici di lasciare le cariche con un buon ricordo di cui vantarsi al momento opportuno?
Tranne che il suo mandato “tecnico” lo spinga a segnalare “tecnicamente” le svolte “tecniche” per migliorare, da un punto di vista “tecnico”, la nostra istruzione.
Ma anche questa è una spiegazione troppo tecnica che tecnicamente non convince.