Magazine Diario personale

Perché scriviamo?

Da Gloutchov
Premessa: In seguito alle numerosissime richieste (3, 4 mail al massimo!) avute in forma privata, eccomi a riproporre su questo blog le mie lezioncine di scrittura, una volta alla settimana, tutti i lunedì. Per chi non le conoscesse, non si tratta di un vero "manuale di scrittura", bensì il frutto delle mie personali esperienze di scrittura... riportate qui sul blog, in modo che altri ne possano (forse) trarre vantaggio. Questo "grande ritorno" non significa che il blog cambi argomentazioni tout court e torni ad affrontare tematiche legate alla narrativa. Tutt'altro. Le stesse lezioncine verranno riproposte in formato "ridotto all'osso"... ma aggiornate al giorno d'oggi. Una sorta di Remake... che spero possa far contenti alcuni dei miei lettori.


Perché Scriviamo? Scriviamo per avere la celebrità? Scriviamo perché crediamo di avere qualcosa da dire? Scriviamo perché siamo bravi? Perché abbiamo in testa il romanzo del nuovo millennio? Perché scriviamo?
Io so perché scrivo. Perché scrivo sin da quando ho preso per la prima volta una penna in mano. Mi piacciono le storie, ho molta fantasia, mi piace raccontarle e... da ciò trovo sufficienti soddisfazioni. Non voglio la celebrità (anzi... ho pure rifiutato l'intervista televisiva propostami dall'editore di 31 Ottobre... qualche tempo fa). Non l'ho mai voluta e per certi versi mi da pure fastidio. Scrivo perché mi piace scrivere. Di principio scrivo per me stesso. E scriverei comunque anche se non mi leggesse nessuno. Eppure gli altri mi leggono e, ho paura che a qualcuno piaccia pure... ciò che scrivo.
Ma chi sono io per fare della filosofia su una domanda così complessa come questa? Ieri ho letto un articolo interessante. E' di Giuseppe Iannozzi. E' un articolo pungente, cattivo, irriverente e... che dice tante, ma tante verità. Il suo titolo è: Riflessioni prostituite alla moderna editoria.
Posso essere d'accordo, posso non essere d'accordo... ma è comunque un articolo che fa riflettere e che vorrei leggeste tutti quanti. Perché nella mia piccola esperienza, ho avuto a che fare anche con alcuni personaggi che vengono descritti in quell'articolo e... mamma mia quante verità nasconde!
Eccovi l'incipit:
Editoria moderna: A che serve pubblicare per un risultato che alla scrittura non porta alcunché? A niente. E’ un po’ come essere uno sceriffo e come tale vestito, ma senza la pistola e il distintivo, senza esser stato eletto sceriffo dalla Legge, forse solo pagliaccio. Si scrive per i posteri, e se non se ne è capaci, tanto vale appendere la penna al chiodo. Io penso che chi scrive dovrebbe scrivere pensando a lasciare di sé qualche traccia indelebile, utile ai posteri; se scrive e si fa accettare solo dal suo tempo storico è un andare incontro alla moda del proprio tempo per rimanerci seppellito. Un lavoro inutile.
Scrivere bene oggi per pubblicare oggi, ma scrivere anche per essere nel domani. Chiunque scriva e abbia un minimo di testa si rende conto se sta scrivendo per essere letto dai soli contemporanei o se il suo lavoro è destinato a lasciare una qualche traccia [...]
Eccovi l'epilogo:
[...] Il problema è che in una Italia di marchettari, che l’editoria soffra gliene frega niente a nessuno, o comunque a pochi: si pubblica non per meritocrazia, ma per il nome e le conoscenze che uno c’ha.

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