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Perché si scrive acqua ma si legge democrazia

Creato il 20 maggio 2010 da Progettiambiente

Perché si scrive acqua ma si legge democraziaL’acqua non deve essere una merce.
L’acqua non deve essere privata.
L’acqua non deve dare profitto.

Basterebbero questi slogan per riassumere i contenuti dei tre quesiti referendari promossi dal Forum Italiano Movimenti per l’Acqua e moltissime altre realtà della società civile e per i quali si raccoglieranno firme in tutto il Paese fino al prossimo 4 luglio. Tuttavia si sta parlando di una risorsa essenziale alla vita, un bene comune (e non semplicemente pubblico), collettivo, scarso. Forse qualche parola in più è giusto spenderla.

Gli obiettivi del comitato promotore sono sostanzialmente due:

  1. Abrogare specifiche norme che consentono e rendono obbligatoria la gestione privata dell’acqua.
  2. Facilitare il percorso verso la discussione di una legge d’iniziativa popolare sulla tutela e la gestione pubblica dell’acqua, depositata in Parlamento fin dal 2007, ma chiusa in un cassetto.

L’urgenza del referendum deriva dal fatto che una norma del d.lgs. “Ronchi” 135/2009 ha accelerato inesorabilmente e senza criteri un processo innescato fin dal 1994 con la Legge “Galli”: la privatizzazione dell’acqua. Badate bene, almeno sulla carta la privatizzazione non riguarda l’acqua in sé, che sarà sempre proprietà dello Stato come bene demaniale; si privatizza piuttosto il servizio idrico integrato, cioè i processi industriali di gestione della potabilizzazione, delle reti fognarie, degli acquedotti e della depurazione. Ma, appunto, si tratta di una distinzione solo formale: l’acqua per arrivare al nostro rubinetto percorre centinaia di metri, a volte anche decine di chilometri, di tubazioni che, se in mano a soggetti privati, capite che è come dire che l’acqua è stata venduta.

Il discorso intorno alla privatizzazione è difficile da sintetizzare in poche righe. Per chi volesse approfondire l’argomento posso consigliare la lettura di L’acqua è una merce del giornalista di Altreconomia Luca Martinelli, oppure la visione della puntata di Presa Diretta - “L’acqua rubata” di Riccardo Iacona.

Alcune considerazioni più generali sono però d’obbligo. Innanzitutto, la gestione dell’acqua non è una novità in molte parti d’Italia (Toscana, Umbria, Lazio) dove troviamo multinazionali (Suez), banche (Monte dei Paschi), imprenditori (Caltagirone); i casi di Arezzo e Aprilia – giusto per fare due esempi – hanno già dimostrato come l’operatore privato ricerchi unicamente e per sua natura la massimizzazione del profitto che però non coincide con un miglioramento del servizio e un abbassamento dei prezzi.

Infatti è un mito da sfatare quello secondo il quale i privati sono gli unici soggetti in grado di portare capitali, investimenti, migliorie del servizio. La realtà è totalmente diversa: ogni investimento effettuato dall’ente gestore – quasi mai di tasca propria, molto spesso rivolgendosi alle banche – è compreso per legge nella tariffa, ce lo ritroviamo nella bolletta. Come se ciò non bastasse, quella medesima tariffa garantisce anche una notevole remunerazione fissa del capitale dell’ente gestore, pari al 7%.

Vale a dire che qualsiasi operatore privato non sborsa niente; sono i cittadini, anzi, i “clienti” a pagare tutto quanto. Ricordiamoci anche che stiamo considerando un mercato sostanzialmente monopolistico, nel quale non si potrà mai parlare di liberalizzazione e non ci sarà mai concorrenza.

Se poi pensiamo che l’acqua potabile è una risorsa naturale scarsa, come si comporterà l’operatore privato per garantirsi guadagni certi? Sarà combattuto tra l’incentivarne il consumo o aumentare le tariffe a chi ne consuma di meno. Non ci sono altre possibilità.

La campagna sull’acqua pubblica sta riscuotendo un successo inaspettato e incredibile: dopo un solo mese di raccolta firme si è superata la quota minima di 500 mila firme. Segno che la democrazia diretta torna a funzionare? Speriamo davvero, soprattutto in vista del vero banco di prova della campagna referendaria fino alla prossima primavera. Naturalmente, chi non avesse ancora firmato cerchi subito il banchetto o l’iniziativa più vicina a casa su acquabenecomune.org.

Autore: Eva Gabaglio


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