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La risposta la trovate nel libro di Paolo Cognetti uscito qualche tempo fa.
Dico subito che il libro in questione è molto bello, ma per qualche ragione non mi ha soddisfatto appieno, anzi nel leggerlo mi sono arrabbiato e, quando l’ho finito ho pensato che Paolo Cognetti avesse perso l’occasione di tirare fuori dal suo cilindro di scrittore ormai maturo, il “romanzo perfetto”. Aveva a disposizione un personaggio femminile straordinario ma, a mio modesto parere, non l’ha saputo sfruttare come meritava. Perché poi abbia scelto la formula del capitolo-racconto e non del romanzo a tutto tondo è un altro mistero per me incomprensibile.
Sofia veste sempre di nero, infatti, è una raccolta di dieci racconti autonomi, ma che autonomi in realtà non sono, nel senso che per apprezzarli a dovere non vanno letti a caso ma nella sequenza scelta dall’autore. Il suo limite è di non essere né carne né pesce. Non si tratta di una vera raccolta di racconti e non è nemmeno un vero romanzo perché del romanzo non ha la struttura, l’ampiezza, la complessità e le finalità.
Sofia Muratore, la protagonista, non è quasi mai il centro dei singoli racconti, ma è sempre presente come filo conduttore di altre vicende che girano attorno alla madre, al padre e ad alcuni suoi amici. Tramite questi racconti veniamo a conoscenza – quasi di straforo – della vita sregolata di questa strana ragazza, solitaria, introversa, problematica. È vero che alla fine ci si affeziona a Sofia ma, proprio per questo, di lei avremmo voluto sapere di più, avremmo voluto entrare di più nella sua testa e capire il perché di certe sue scelte bizzarre. Questo, purtroppo, ci viene negato. Dobbiamo soltanto prendere atto delle stranezze comportamentali di Sofia (ma anche della sua affascinante e variegata personalità) e ci rimaniamo male, cioè io ci sono rimasto male e per queste mancanze di approfondimento su questo affascinante personaggio il libro di Cognetti mi ha lasciato insoddisfatto.
Detto questo, però, devo fare i miei più vivi complimenti a Cognetti: la sua scrittura è di alto livello, complessa ma non difficile da capire, mai banale, spesso emozionante. Niente male per uno scrittore abbastanza giovane (è nato nel 1978) che ha alle spalle altri due libri (Manuale per ragazze di successo, 2004 e Una cosa piccola che sta per esplodere, 2007) ed è anche autore di alcuni documentari.
La sua è il tipo di scrittura che piace a me e che io fatico a esprimere nei miei scritti. Il suo periodare nasconde una solidità sintattica e culturale notevole che non scade mai nell’esemplificazione facile e banale di altri scrittori italiani molto più famosi di lui, ma assai meno preparati di lui. Penso a Fabio Volo o Federico Moccia, tanto per fare due esempi noti.
I dieci racconti sono interessanti tutti ma quello che mi è piaciuto di più è l’ultimo: Brooklyn Sailor Blues. I due personaggi maschili (voce narrante e Juri) in qualche modo mi sono familiari. Lasciando perdere la notevole differenza d’età fra me e loro, entrambi mi assomigliano. Fatte le debite proporzioni, anch’io studio per diventare uno scrittore e qualche volta mi cimento come regista di film amatoriali (vedi il post Fancazzista laborioso). La voce narrante è un ragazzo che si è recato all’estero per trovare l’ispirazione e l’ambiente giusti per creare i suoi primi racconti o, persino, il suo primo romanzo. Sarà Sofia, incontrata a New York, che gli darà quella spinta che lui cercava da tempo. Juri, invece, è andato a New York a studiare regia cinematografica e, come prova d’esame, girerà un film dove Sofia è la protagonista. Sofia, però, è un’attrice che segue il suo istinto interpretativo e non quello che il regista le dice di fare. Tanto per dirne una, si rifiuterà di morire come la sua parte prevedeva. La sua personalità è così forte da stravolgere ciò che Juri aveva in mente e, durante le riprese, lo condizionerà a un punto tale da rendere il film quasi impossibile da montare in sequenze logiche. Il film – nonostante gli infiniti e patetici sforzi di Juri durante il montaggio alla moviola – risulterà un insieme di bellissime scene (tutte illuminate dalle notevoli performances di Sofia) ma che non riesce a esprimere una trama di senso compiuto. Juri uscirà più forte e più consapevole di sé da questa esperienza sbagliata, pronto ad affrontare le sue successive prove di regia. I due ragazzi – la voce narrante e il regista – entrambi innamorati persi di Sofia, devono a questa strana, solitaria e sfuggevole ragazza la loro crescita intellettuale e professionale. Con questo personaggio femminile Cognetti è riuscito a colpire anche il mio cuore e la mia mente e – se fossi stato giovane e l’avessi incontrata lungo la mia strada – anch’io mi sarei innamorato di Sofia…
La mia insoddisfazione – spero sia chiaro – nasce dal fatto che Sofia meritava un romanzo tutto suo e non aleggiare, vittima e carnefice, all’interno di una serie, anche se notevole, di racconti.
Molto bello anche il titolo del libro. Da leggere e consigliare agli amici.
Nicola Losito
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