Dal 25 al 27 ottobre 2013 si è tenuta a Roma la settima Scuola Politica dell’UDI. Durante la sessione di sabato pomeriggio intitolata “A partire da me” ho tenuto una relazione dal titolo “Perchè sono femminista”. Ecco la terza e ultima parte della relazione (Qui la prima parte e qui la seconda parte).
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[Le donne vivono] una situazione di semi-parità: la possibilità di una parità professionale e politica esiste in teoria, ma solo come ideale che non si riesce a realizzare nella pratica per tutta una serie di influenze negative, non ultime le pressioni psicologiche”.
(Mary Daly, La chiesa e il secondo sesso)
Capitolo 3 – Crisi del patriarcato e libera scelta
Madeline von Foerster, “Invasive species II”
In questa scuola di politica discutiamo e ci chiediamo se il patriarcato sia finito oppure no. Si è citato il numero di «Sottosopra» del 1995 che annunciava ottimisticamente la fine del patriarcato. Ma lungi dall’essere finito, io credo che il patriarcato non sia nemmeno in crisi. Lui sta benissimo, semmai la crisi è nostra, di donne e uomini, cittadine e cittadini che vivono all’interno del sistema e ne pagano le conseguenze in termini sociali, relazionali e anche simbolici- Sono le persone che mettono consapevolmente o inconsapevolmente in atto il sistema ad essere “in crisi”. È una separazione schizofrenica, nel senso etimologico del termine, tra una libertà che si dovrebbe declinare come allargamento delle soggettività che fruiscono della libertà stessa e la resistenza delle strutture culturali e simboliche che proprio in quanto tali tendono a mantenere lo status quo. Penso al problema del femminicidio e in generale alla violenza contro le donne: tale violenza, lungi dall’essere il colpo di coda di un sistema in crisi, è il sintomo della crisi degli uomini che si dibattono tra un concetto – acriticamente assunto e perpetrato dal patriarcato – di “donna” come propria parte complementare al proprio servizio e il confronto con le donne reali che, grazie alla presa di coscienza e di parola femminista – rifiutano il ruolo subordinato a cui il patriarcato le costringe e rinunciano a il modello stereotipato.
Abbiamo dunque bisogno di mantenere un’orizzonte ampio per comprendere la complessità e il frustrante successo di questo sistema, che si perfeziona nella nostra società post-moderna in cui siamo giunti a scegliere liberamente una condizione umana “patriarcale” convinte e convinti dalla retorica vuota e acritica della libera scelta. La nostra libertà allora viene impiegata per scegliere proprio quello che il sistema prevede per noi. Siamo oppresse e siamo noi che lo scegliamo.
Credo sarebbe necessario ragionare sui temi della libera scelta, e della retorica martellante con la quale viene impiegata. Complice il culto dell’individuo e la legittimità di qualsiasi scelta e comportamento che sia “liberamente” intrapresa, ecco che è possibile che riteniamo come assolutamente liberatori, femministi, trasgressivi dell’ordine preesistente, cose che sono invece il diretto effetto
Madeline von Foerster, “The Red Threat”
del sistema patriarcale che cerchiamo di combattere. Su questa insidia logica di cui molte e molti attiviste ed attivisti sono più o meno consapevoli si basano gran parte delle rivendicazioni cosiddette “pro-sex”. E indipendentemente dai singoli contenuti e specifiche rivendicazioni, questo è un fatto non trascurabile.
Ciascuno di noi, grazie al femminismo, è riuscito a costruire spazi e relazioni in cui il sistema è meno asfissiante. Ma cerco di tenere sempre presente questo: la costruzione di spazi decontaminati in cui vivono relazioni autentiche rappresentano un’eccezione, resa possibile dalla presa di coscienza femminista. Ma per molte e molti, penso soprattutto alle giovani e ai giovani, quest’opzione non risulta altrettanto possibile o praticabile e talvolta non è nemmeno immaginabile. Dopo aver preso coscienza di sé è necessario prendere coscienza delle altre donne diverse da noi, magari per età, per provenienza, per classe sociale, per esperienze di vita e di pensiero.
Il disinteresse per le altre e gli altri più o meno vicini a noi che è funzionale al sistema e al suo prosperare e impedisce quella che a Paestum è stata chiamata la rivoluzione necessaria permanente.
Anche per questo è indispensabile essere femminista oggi, per mantenere viva quella tensione al cambiamento che si rende possibile solo con la relazione con le altre, con il confronto, con la condivisione di pratiche, di saperi, di esperienze e di vita.