Perché ti ho amata? © Nicola Nicodemo
Quando mi ha sorriso ho perso la speranza. Non subito. Ma quasi. Riconoscevo quegli occhi, li avevo già visti troppe volte addosso a facce identiche alla sua. Persino le sue labbra piegate all’insù mi erano familiari. E il tono della voce, quasi incrinato dalla spasmodica ricerca di una personalità che, alla resa dei conti, poteva dirsi originale come l’annuncio di un’offerta speciale ripetuto dagli altoparlanti del supermercato. Ecco, proprio quella era l’unica cosa che le mancava. Un’etichetta con il codice a barre stampata sulla fronte: in alto il prezzo e, subito sotto, le istruzioni per l’uso del corpo. Un corpo talmente abituato a piegare le sue emozioni alla convenienza del momento da conservare ben poco di umano. Si avvicinò a me e posò una mano sul mio fianco. Il suo sorriso ipocrita mi provocava un senso di nausea. Ma ad infastidirmi non era il suo sguardo compiacente, né le sue labbra,arricciate in un’espressione ingannevole, quanto la consapevolezza di essermi lasciato corrompere dall’atteggiamento artificioso e mendace col quale si era presentata quel giorno e si era impossessata di me e della mia dignità. Quando mi resi conto di cosa era successo non ebbi modo di rimediare. Tutto era così, inevitabilmente, segnato dalla sua presenza, dalle sue bavose tracce e da quello che mi aveva reso, un idiota. - Proprio brava la tua ragazza. - mi disse il tizio. Mi poggiò il braccio su una spalla e succhiò dalla bottiglia di birra.Gli altri seduti al bancone del bar si misero a ridere.Io mi scansai e gli chiesi cosa intendesse. - A scopare. - rispose, e batté il cinque a quello che gli aveva teso la mano. Mi guardò con aria di sfida e ghignò qualcosa di incomprensibile. Venni a sapere solo dopo, dal mio amico Paolo, che la mia ragazza aveva scopato con almeno metà degli uomini che erano seduti al bar. - Amore, mi sei mancato. - disse, quando tornai a casa quella sera. Indossava uno slip nero e una sottile camicia da notte che lasciava trasparire le curve sensuali del suo corpo e i turgidi seni. Mi posò una mano sul fianco. Immaginai quegli ebeti che la toccavano e si posavano su di leiInghiottii un conato di vomito. Il fiotto caldo mi salì alla gola con un urlo che repressi dentro di me. Le strinsi il polso con violenza. Cercavo un tremito, ma non lo trovavo. Mi sorpresi della sua pelle calda. Sentii l’istinto di abbracciarla e di stringerla. Non l’avrei più lasciata andare, non le avrei permesso di incontrareloro. Avrebbe continuato ad essere mia, solo mia. Fissai ancora il suo corpo vicino e caldo e mi resi conto che non l’amavo, come lei non amava me. Amavo le sue gambe, il suo seno e quell’eccitazione che procurava in me la sua vicinanza. Nulla di più. Le chiesi perché l’avesse fatto, perché non mi amasse. Ma rivolgevo a me stesso la domanda e non sapevo rispondere. Lei si accostò a me e mi baciò. Un intenso bacio, ma freddo. Non provai alcuna emozione, se non una risposta ad uno stimolo puramente fisico. - Basta. - le dissi. Lei mi guardava incredula, con occhi vitrei, vuoti. - Non mi hai mai amato? Cercò ancora il mio collo con le sue mani. - Dimmelo. - Sì. - Non è vero. Non replicò, continuava a cercare le mie gambe con le sue, certa di poter corrompere ancora i miei sensi - Perché lo fai, se non mi ami? Ma non rispondeva. Mi accarezzò la vita e mi strappò un altro bacio, insignificante, ma irresistibile. La strinsi un’ultima volta, cercando quella fiamma che mesi prima mi aveva reso folle. Ma era inutile. Era solo un corpo, privo di anima, un corpo da stringere, da possedere, come l’avevano posseduto quegli uomini, e da abbandonare. Io non volevo. Io ero sicuro di averla amata. - Perché te la sei fatta con quegli idioti? Paolo mi ha detto tutto. - Ti ha detto anche se gli è piaciuto? Mi mancò il fiato. Fu come se quella scintilla che prima mi aveva acceso d’amore, ora mi stesse rodendo il cuore, strappando via quello che era stato di noi. Ma forse eravamo sempre stati niente. Mi chiesi un’ultima volta perché l’avessi amata. Poi l’avrei lasciata andare. Magari le avrei lasciato fare quello che voleva, l’avrei abbracciata ancora, come un cuscino caldo al quale stringersi nelle notti fredde, come il dazio da pagare per quello che mi aveva fatto. Le mie mani livide cercarono il suo viso. Una sensazione tiepida mi strisciò sulla pelle. La accarezzai con rimpianto. Una volta l’amavo. Ma avevo paura che avrei potuto amarla ancora.
* Perché ti ho amata? è stato pubblicato nell'antologia All'improvviso, in un giorno qualunque