Qualche sera fa mi sono ritrovato a sfogliare il mio archivio con l'intento di mettervi un pò d'ordine e senso logico, quando sono incappato in questa istantanea stradale scattata a Parma.In realtà, questa fotografia mi era già passata davanti agli occhi più e più volte, ma sempre di corsa, senza suscitare il mio reale interesse.Questo perchè, fondamentalmente, non è una grande fotografia e non presenta neanche un grande contenuto illustrativo.Eppure, quando l'ho rivista dopo diversi mesi dallo scatto, ha saputo colpirmi e attirare la mia attenzione.Mi sono chiesto sinceramente il perchè; perchè una foto da me stesso considerata banale e inflazionata, è diventata oggetto di considerazione anzichè parte del pattume?Si, possiamo dire sia stata ben eseguita, ma non che sia interessante.Perchè allora?Mi sono messo a ragionare, e riflettendo ho capito dovevo rispondere ad una diversa ma più significativa domanda: perchè l'hai scattata?Ed ho capito il perchè. E' lo stesso perchè che me l'ha fatta prendere in considerazione dopo mesi dall'averla eseguita: l'istinto.Ricordo, infatti, di aver scattato questa foto al volo, senza pensarci ne rifletterci troppo.Ho visto, ho messo a fuoco, ho scattato...punto.Subito dopo, quell'immagine ha perso totalmente d'interesse ed è finita in mezzo al mio casino tra tanti altri Raw e Jpeg.E poi, dopo mesi, finisce sul mio blog.Ora, scattare d'istinto non significa scattare alla "carlona".Scattare d'istinto significa entrare in una dimensione di maggiore sensibilità e pulizia mentale dove si fa più affidamento sull'emozione provata che sulla razionalità esecutiva in se per se.Mi tornano alla mente le parole del grandissimo Franco Fontana: “Io vado a caccia, il mio fucile è la macchina fotografica e vado a caccia delle mie immagini. Per rimanere sulla mia identità, pulita senza condizionamenti di memoria, devo vedere d’istinto e immediatamente scattare, come un falco che quando va a caccia non pensa, vede la preda e la colpisce.” A volte ne escono dei capolavori immensi, come quelli del maestro Fontana, altre delle ciofeche pazzesce, altre ancora delle vie di mezzo di cui non si capisce bene la natura.Ma tutte queste immagini sono accomunate da una cosa: parlano del fotografo, sempre.In maniera più o meno chiara a seconda di quello che si riesce ad ottenere, parlano e raccontano di noi stessi.Non parlano ne bene, ne male, parlano e basta.Raccontano della nostra percezione, del nostro vissuto, della nostra cultura, delle nostre emozioni e dei nostri valori.Ma allora, come mai ho iniziato con il definire banale l'immagine proposta in questo intervento? Semplicemente perchè lo é davvero, almeno é questo il mio pensiero critico.Quello che però non è banale è l'istinto e la consapevolezza di esso, di ciò che è.Guardo questa foto e mi studio.Scopro e osservo le mie percezioni, intuisco come sono cambiato nel corso del tempo e come entro in rapporto con ciò che osservo.Penso a quello che potevo provare in quel momento: stanchezza, malinconia, o forse era il desiderio di un attimo di calma in un centro movimentato.E' forse una storia che è stata raccontata più volte ed è divenuta vecchia? allora è ora di rinnovarsi.C'è un pò di tristezza, forse ero pensieroso, affannato, e osservare nel mirino quell'anziano signore fermo, con lo sfondo sfocato, mi trasmetteva una sensazione più a misura d'uomo.Ho forse bisogno anch'io di fermarmi un attimo, di staccare dalla frenesia, di riprendermi i miei spazi?O non c'entra proprio nulla? E' solo una fotografia di un anziano signore fermo sul ciglio di una strada?Quante domande, e quante me ne vengono in mente mentre continuo a scrivere.Ci sono tantissimi elementi che compongono un'immagine, e tutti concorrono al risultato finale.Se facessi questo esercizio per ogni singola fotografia che ho scattato chissà quante cose scoprirei di me stesso.Conoscermi attraverso una mia fotografia. Bellissimo.
Magazine Fotografia
Qualche sera fa mi sono ritrovato a sfogliare il mio archivio con l'intento di mettervi un pò d'ordine e senso logico, quando sono incappato in questa istantanea stradale scattata a Parma.In realtà, questa fotografia mi era già passata davanti agli occhi più e più volte, ma sempre di corsa, senza suscitare il mio reale interesse.Questo perchè, fondamentalmente, non è una grande fotografia e non presenta neanche un grande contenuto illustrativo.Eppure, quando l'ho rivista dopo diversi mesi dallo scatto, ha saputo colpirmi e attirare la mia attenzione.Mi sono chiesto sinceramente il perchè; perchè una foto da me stesso considerata banale e inflazionata, è diventata oggetto di considerazione anzichè parte del pattume?Si, possiamo dire sia stata ben eseguita, ma non che sia interessante.Perchè allora?Mi sono messo a ragionare, e riflettendo ho capito dovevo rispondere ad una diversa ma più significativa domanda: perchè l'hai scattata?Ed ho capito il perchè. E' lo stesso perchè che me l'ha fatta prendere in considerazione dopo mesi dall'averla eseguita: l'istinto.Ricordo, infatti, di aver scattato questa foto al volo, senza pensarci ne rifletterci troppo.Ho visto, ho messo a fuoco, ho scattato...punto.Subito dopo, quell'immagine ha perso totalmente d'interesse ed è finita in mezzo al mio casino tra tanti altri Raw e Jpeg.E poi, dopo mesi, finisce sul mio blog.Ora, scattare d'istinto non significa scattare alla "carlona".Scattare d'istinto significa entrare in una dimensione di maggiore sensibilità e pulizia mentale dove si fa più affidamento sull'emozione provata che sulla razionalità esecutiva in se per se.Mi tornano alla mente le parole del grandissimo Franco Fontana: “Io vado a caccia, il mio fucile è la macchina fotografica e vado a caccia delle mie immagini. Per rimanere sulla mia identità, pulita senza condizionamenti di memoria, devo vedere d’istinto e immediatamente scattare, come un falco che quando va a caccia non pensa, vede la preda e la colpisce.” A volte ne escono dei capolavori immensi, come quelli del maestro Fontana, altre delle ciofeche pazzesce, altre ancora delle vie di mezzo di cui non si capisce bene la natura.Ma tutte queste immagini sono accomunate da una cosa: parlano del fotografo, sempre.In maniera più o meno chiara a seconda di quello che si riesce ad ottenere, parlano e raccontano di noi stessi.Non parlano ne bene, ne male, parlano e basta.Raccontano della nostra percezione, del nostro vissuto, della nostra cultura, delle nostre emozioni e dei nostri valori.Ma allora, come mai ho iniziato con il definire banale l'immagine proposta in questo intervento? Semplicemente perchè lo é davvero, almeno é questo il mio pensiero critico.Quello che però non è banale è l'istinto e la consapevolezza di esso, di ciò che è.Guardo questa foto e mi studio.Scopro e osservo le mie percezioni, intuisco come sono cambiato nel corso del tempo e come entro in rapporto con ciò che osservo.Penso a quello che potevo provare in quel momento: stanchezza, malinconia, o forse era il desiderio di un attimo di calma in un centro movimentato.E' forse una storia che è stata raccontata più volte ed è divenuta vecchia? allora è ora di rinnovarsi.C'è un pò di tristezza, forse ero pensieroso, affannato, e osservare nel mirino quell'anziano signore fermo, con lo sfondo sfocato, mi trasmetteva una sensazione più a misura d'uomo.Ho forse bisogno anch'io di fermarmi un attimo, di staccare dalla frenesia, di riprendermi i miei spazi?O non c'entra proprio nulla? E' solo una fotografia di un anziano signore fermo sul ciglio di una strada?Quante domande, e quante me ne vengono in mente mentre continuo a scrivere.Ci sono tantissimi elementi che compongono un'immagine, e tutti concorrono al risultato finale.Se facessi questo esercizio per ogni singola fotografia che ho scattato chissà quante cose scoprirei di me stesso.Conoscermi attraverso una mia fotografia. Bellissimo.
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