Non male: perché dopo le Eroine Invisibili di Bari, mi sono ritrovata anche con le dame di Boldini e con i ritratti dell'Ottocento italiano. E tutto nell'arco di pochi giorni.
Per non tacere delle amiche di sempre, questa volta declinate alla padana, da Torino (Ves) a Padova (casalinga e whos), passando per Modena (Calipso) (con i simpatici "infiltrati" romagnoli cui vorrei aver potuto dedicare più tempo).
Dalle solitudini delle donne, protagoniste invisibili, si passa ai più consueti volti della bella società parigina ritratta da Boldini, le illusorie effimere bellezze, il danaro e il fasto, nella sintesi di una pennellata veloce come una sferzata, mai accarezzante, mai sensuale, mai descrittiva, eppure evocativa quante altre mai.
Giovanni Boldini, Ritratto di Mademoiselle Lanthèlme
Un groviglio di neri, bianchi e uno spruzzo di rosa (chissà, un cane o una pelliccia, ed un fiore?) e la gran dama esce dallo sfondo, mosso ed astratto del quadro, col gesto sfrontato ed impudente della mano sul fianco (un gesto "da lavandaia" lo avrebbe bollato ancora, un mezzo secolo dopo, mia zia) afferma il proprio essere, non lo status sociale che abito e cappello (e ritratto stesso) le attribuivano, ma il suo presentarsi, il suo determinarsi, il suo nominarsi nel momento stesso dell'apparire.
Giovanni Boldini, L'attrice Jane Renouardt
E quanto può la magia del gesto, nel definire, per sempre, l'immagine di una persona, lo dimostra quest'altro ritratto: gli stessi colori, la stessa sintesi, le pennellate potenti che fanno emergere dal nulla una donna quasi sirena, senza gambe e senza corpo. Eppure tutta in un gesto, in quell'incrocio delle mani, in basso, nell'avvolgersi a spirale delle braccia, sta la pretesa di una donna del demi-monde, un'attrice, di apparirci pura, ingenua, una fanciulla.
Quanto avrebbe dovuto essere pagato, il grande Boldini, per essere riuscito a trasmetterci questa idea, forte, prepotente, sottolineata dalla ciocca bionda che sfugge dall'acconciatura raccolta, un'idea di freschezza e spontaneità?
Una nobildonna sfrontata ed un'attrice ingenua. Per sempre così depositati nel nostro immaginario.
E poi talvolta capita di sapere, di poter conoscere la vita di un ritratto.
In questo caso un ritratto di gruppo, magnifico, quello che per me "faceva la mostra" di Padova, La Famiglia Moschini di Vittorio Corcos.
Vittorio Corcos, La Famiglia Moschini
Corcos va ammirato dal vivo, nessuna riproduzione riesce a rendere i suoi distesi spazi limpidi e immoti, la luce tersa, di mare, che li pervade, il biancore assoluto, la nitidezza delle sue forme.
Questo dipinto, per esempio, è enorme, le figure si stagliano davanti a noi a grandezza naturale, ci sovrastano, con i loro sgardi corrucciati e intensi. La madre ape-regina, la bimba a sinistra (che mi ha fatto esclamare: "Che consapevolezza di sé: non la vorrei mai come figlia!"), il fratellino accanto che la guarda con una smorfia, quasi di disgusto (come succede spesso fra fratelli, bizze e dispetti). E la piccolina con la collana verde e le calzette di filo.....ti guardi in giro e ti accorgi che la "piccolina" è ancora viva, ed è una deliziosa ed energica signora di 106 anni!
Ma sarebbe "viva" comunque. E per sempre rimarrà così, eternata nei suoi riccioletti castani, nell'abbraccio protettivo del padre, sempre così, la "piccola" Marcella: il grande potere di cristallizzazione e simbolizzazione del grande ritratto.