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Perdere la testa per amore d'un libro

Creato il 20 ottobre 2010 da Sulromanzo
Perdere la testa per amore d'un libroDi Silvia Mango
Elizabeth, amore mio
Ognuno ha la sua storia d’amore, una storia fatta di carta e intinta di inchiostro. Conosco una donna, non più giovane e sempre indomita, che tutte le mattine, cascasse il mondo, non manca il suo appuntamento con una pagina o due de À la recherche du temps perdu. Deve farlo, punto. Anche se non si ricorda nemmeno più quando ha iniziato e perché. Quelle sono storie pregne di fedeltà, lunghe una vita, storie totalitarie e senza riserve. E poi, molto più prosaicamente, ci sono i colpi di fulmine, e questi sono i miei, tanto folgoranti quanto repentini. Passioni roventi che mi portano a scoprire tutto ma proprio tutto dell’oggetto del mio desiderio e mi costringono a setacciare gli scaffali delle librerie alla ricerca del romanzo che manca, un po’ come quando bambina diventavo matta per l’ultima introvabile figurina di Lady Oscar o Candy Candy. Per poi, soltanto dopo aver letto tutto il leggibile di quell’autore, placarmi per passare ad altro. È stato così per Hermann Hesse, in assoluto, la mia prima sbandata adolescenziale. Così come, pochi anni più avanti, persi completamente la testa per Amos Oz per poi tradirlo e abbandonarlo su due piedi dopo aver passato un’indecente nottata in compagnia di Zuckerman lo scatenato. Perché non mi vergogno a dirlo, sono visceralmente infedele e non ho neppure un tipo di riferimento, come quelli che dicono: “Ah, i sudamericani mi fanno sognare”. No, scatta la scintilla e sono cotta, capita senza che capisca come. O perlomeno mi è sempre capitato, perché se vogliamo essere sinceri, non sono nemmeno il tipo cui piace rimanere sola, anche se comunque negli ultimi tempi è successo sempre più spesso. Sono stati anni in cui terminare la lettura di Caos Calmo rappresentava un’impresa a dir poco eroica. Nulla mi entusiasmava di più, troppe volte ho mollato prima ancora di cominciare. Poi, è proprio vero, il grande amore arriva quando ormai non ci speri più, ho conosciuto lei, Elizabeth, o meglio la Signora Elizabeth Strout. È successo circa un anno fa, era estate ed ero al mare, senza nessun libro accanto a me sulla battigia. Ma questa volta non è stato colpo di fulmine. Ogni giorno ci passavo davanti, alla libreria dove lei stazionava in prima fila, con Olive Kitteridge, colori tinta pastello, una donna china su un libro, i capelli raccolti in una semplice crocchia, un grembiule verde, austero, presumibilmente una governante; diciamolo pure, una copertina non proprio accattivante. Eppure quel libro un po’ mi incuriosisce e alla fine ci entro, nella libreria e quel libro, un po’ titubante, alla fine lo compro, e quando alla fine ho iniziato a leggerlo… beh, non so come dire, sarà capitato anche a voi di incontrare una persona e trovarla da subito scialba e insulsa ma non appena apre bocca rimanerne completamente rapiti tanto non riuscire a capacitarvi di come avevate potuto non accorgervene prima. Ecco, è esattamente quello che è successo a me. Olive Kitteridge è un libro in racconti, tutto prende forma attorno a Olive Kitteridge appunto, un’insegnante in pensione che con sguardo accorto osserva in profondità le varie sfaccettature degli abitanti della piccola comunità in cui vive. Nulla le sfugge e quella provinciale cittadina del Maine diviene lo specchio di un mondo più grande, un mondo in cui Elizabeth Strout mi ha permesso di entrare poco per volta, tenendomi per mano, procedendo nella lettura, un mondo che è diventato anche il mio mondo. Olive non esprime sentenze né critiche, come in un puzzle ogni personaggio si forma a poco a poco, ogni gesto ha una sua spiegazione, ognuno ha un suo dispiacere, un’inquietudine profonda, dei ricordi difficili da sopportare, come me, come tutti. È stata una lettura come poche altre, nella quale calarsi, al quale affezionarsi, da assaporare con calma, con cura, un libro che si vuole non finisca mai. Ed io, da trita carta quale ero, mi sono trovata a leggere la stessa pagina più volte, tanto sono belle le sue pagine, una più bella dell’altra, senza la smania di terminare il libro in tempo record, senza l’arroganza di dire, io, i libri, li leggo in due notti. E neppure c’è stata la frenesia di divorarne subito un altro. Almeno fino a oggi… scusate, scappo in libreria, è uscito il suo ultimo libro.

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