di Iannozzi Giuseppe
Al bar, dopo le due di notte.
“Allora, te la sei fatta, sì o no?”“Fossi matto. Quella l’ha smollata a tutti.”
“E con questo?”
“E’ una puttana.”
“Ma tu cercavi una puttana o no?”
“Sì, ma non come Alice.”
“Perché, Alice che c’ha che non va?”
“Tu lo sai che è stata con un negro? Sì, con un africano del cazzo.”
“Continuo a non capire… sei diventato finocchio tutto d’un colpo o cosa?”
“Dico solo che quella è sfondata di brutto.”
“Non ti sei mai fatto di questi problemi…”
“E invece adesso me li faccio. Se solo sapessi che m’ha raccontato mi daresti ragione”.
“Dài, racconta…”
“Dunque stava con questo africano, uno che c’ha un ciddone di non so bene quanti centimetri, ma Alice m’ha giurato su Cristo che non ce l’aveva lungo non meno di trentacinque centimetri… una volta m’ha detto che s’è cagata addosso dalla paura… lui gliel’aveva ficcato in culo e aveva cominciato a pestare… lei non riusciva a scrollarselo più di dosso… più ficcava e più andava a fondo… Per fartela breve per puro miracolo non le ha trapanato l’ano…”
“Una chiacchiera. Null’altro. La sapevo già. A me risulta invece che Alice non fosse mai soddisfatta… è una ninfomane, è la sua natura. E soprattutto è infelice. Mica la puoi condannare per questo!”
“Non condanno nessuno, ma io con Alice non ce la faccio.”
“Per me ti stai rincoglionendo. Alice sarà pure una puttana sfondata ma una così non la trovi a ogni angolo di strada.”
“Stammi a sentire, bella è bella, ma non sono più un pischello da tempo, merito di meglio, una che non l’abbia data via a destra, a sinistra, al Terzo Mondo tutto…”
“Ma ti sei visto? C’hai cinquanta anni del cazzo sul groppone e ti permetti di fare lo schizzinoso. Aggiungici poi che sei un mezzo morto di fame che vive in un monolocale quando non su una panchina ubriaco morto, e pretenderesti di scegliere pure chi farti e chi invece no. Senti, quando la butti giù così mi fai saltare i nervi e basta.”
“Bell’amico che c’ho.”
“Tornate a casa e dormici sù, sei ubriaco marcio… uno di questi giorni la colecisti ti farà un brutto scherzo, dà retta a me.”
“Sei uno stronzo. Io campo quanto diavolo dico io.”
“Certo, come no! Non ti reggi manco in piedi… è già tanto se arrivi a domani…”
“Vaffanculo.”
“‘Fanculo a te, amico…”
Due giorni dopo, solito bar, solita ora.
“Ti girano forse? Hai buttato giù un solo bicchiere e detto sì e no due parole…”
“E’ che non mi va.”
“A te va sempre d’inciuccarti. Sputa il rospo!”
“Non me la sento.”
“Ahia!”
“E’ che ho fatto degli esami…”
“Perché?”
“L’altro giorno… mi sono svegliato in ospedale, al Pronto Soccorso… dicono che sono finito lungo disteso per terra… io non mi ricordo un cazzo di niente… so solo che stavo andando a posare le chiappe sul pullman… poi il vuoto…”
“Sei svenuto.”
“Così parrebbe. Comunque mi hanno preso il sangue per le analisi…”
“C’hai la cirrosi epatica… io te l’avevo detto che non potevi reggere a bere come una spugna…”
“Magari fosse il fegato… ci berrei sopra senza pensarci sù nemmeno una volta.”
“Insomma, sputa ‘sto rospo e falla finita, cazzone…”
“Il fatto è che quelli hanno detto che c’ho l’Aids…”
“Porca puttana…”
“E?”
“Non mi rimane molto, questione di mesi… mi sa che c’avevi ragione tu l’altra sera, Alice è un bocconcino non disprezzabile…”
“Non è più disponibile.”
“Che significa? Non dire stronzate…”
“Dico soltanto che adesso Alice sta con me…”
“E con questo? Me la passi, come sempre, abbiamo sempre diviso tutto noi due, puttane incluse.”
“Non questa volta. Alice è una brava ragazza, ha tanto sofferto e sta con me. Tu non la avvicini, siamo intesi?”
“Gran pezzo di merda che sei, tu non comandi un cazzo a nessuno. Io me la sbatto quando come e dove voglio.”
“Forse non hai capito… se ti avvicini a lei ti ammazzo.”
“Accomodati!”
“Non mi far incazzare.”
“Non mi far incazzare tu, maniaco depravato che non sei altro.”
“Te la stai proprio cercando… non dire poi che non ti avevo avvertito…”
“Tu Alice non la tocchi. Stai per finire all’inferno e vorresti portarla con te, è questo che vuoi…”
“E’ una puttana, nient’altro che una puttana.”
“No, è la mia donna adesso.”
“Okay, allora diciamo che la tua donna è una puttana.”
I due uomini si alzano in piedi, lasciando cadere le sedie a terra. Si fronteggiano, volano parole forti e pugni grossi. Il barista se ne sbatte, non è la prima volta che vede due vecchi ubriaconi suonarsele di santa ragione né sarà l’ultima. La lama d’un coltello scintilla nella fioca luce giallognola del bar. Uno cade sulle ginocchia tamponandosi il cuore con una mano. Il coltello gl’è entrato nel costato, un colpo da manuale. E’ sorpreso lui stesso d’essere ancora vivo. Tenta d’aprire bocca, ma vomita subito sangue. Muore.
L’uomo col coltello ancora in mano osserva il morto. Era stato suo amico prima di quella chiacchierata. Adesso non lo era più. Non aveva mai ucciso anima viva. Non avrebbe voluto. Con una punta d’amarezza lasciò schioccare la lingua contro il palato, aveva perso la verginità: poco ma sicuro che lo avrebbero detto assassino.