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Cominciamo con Kuala Lumpur.
Il primo è un indiano, torso nudo, pantaloni svolazzanti in tela leggera, piedi scalzi. Ha i capelli lunghi e un po' arruffati, la pelle scura - impronta di cromosomi del Tamil. Le ossa esposte e i muscoli guizzanti, sottili e tesi. Potrebbe essere un sadhu a cui un ladro o una calamità naturale ha strappato il manto color zafferano. Il viso non è magro come altri visi magri: è un teschio foderato di cuoio scuro e peluria ispida, e poco più. Gli occhi sono due riflettori enormi, brillanti, sgranati, da bestia braccata. Lo incontri dappertutto in centro città, mentre cammina quasi correndo, scappando dal nemico, immaginario soltanto in parte, che lo insegue da anni dovunque lui vada.
Poi c'è il barbuto con la banconota perennemente nella mano destra, con cui la gira e la rigira, facendola volteggiare tra le dita come un prestigiatore da strada mentre la osserva con attenzione, studiandola come se fosse un oggetto misterioso precipitato lì da un altro mondo o un altro tempo. Nel frattempo la sinistra aleggia leggiadra, conducendo un'orchestra di fantasmi che, a prescindere dalla direzione verso cui sta rivolto, è sempre sistemata davanti a lui.
In un'altra strada incontri quello che non smette mai di parlare tra sé e sé, velocemente, farfugliando, a bassa voce, in chissà quale lingua, percorrendo perennemente il marciapiedi per linee trasversali, dal negozio alla strada, dalla strada al portone, dal cancello alla strada...
Un altro tizio coi capelli lunghi e il torso nudo si muove sempre tenendosi il pantaloni con una mano, come se fossero un po' larghi e non indossasse una cintura per reggerli.
Ce n'è pure uno che sta sdraiato sul marciapiedi, con la schiena poggiata al muro dell'edificio e le gambe distese in avanti, a fare lo sgambetto ai passanti benestanti e per bene. La stessa sigaretta, sempre spenta, in una mano, mentre l'altra suona un pianoforte invisibile. Bisbigliando qualcosa con sguardo compiaciuto se ne sta sdraiato non tanto con l'aria di chi non sa dove altro andare ma come se questo fosse il divano più comodo nel salotto più in della città.
Tuttavia la figura di spicco tra i personaggi da strada a KL, il loro archetipo, la loro quintessenza indiscussa, è quello del globo.
Lasciata la capitale malesiana, non appena sbarcati a Bangkok, oltre il finestrino del taxi appare il personaggio più bizzarro di tutti. Un individuo magro, con i capelli a scopa e la barba di stoppa, circola indossando soltanto una maglietta sozza: è totalmente nudo dall'ombelico agli stinchi, la pelle protetta da un sottile strato di oleosa fuliggine. Due sacchetti imbottiti, legati alle caviglie, gli avvolgono i piedi come Moon Boot artigianali. Con altre borse in mano o appese con dello spago a collo e spalle attende il verde sul marciapiedi tra casalinghe e impiegati in cravatta. E' una visione talmente surreale che potrebbe essere un miraggio.
La vecchietta della foto la incontrai a Hoian, in Vietnam. Mi si avvicinò elemosinando, ingobbita: mille rughe le si contorcevano sulla faccia, continuando a ricomporre nuove forme attorno ai quattro oggetti fissi mentre lei mi implorava di darle qualcosa. Tirai fuori una banconota dalla tasca e gliela consegnai, assieme a un sorriso divertito. Lei l'afferrò e lestamente se la infilò in bocca. Non so se in segno di riconoscenza, per metterla al sicuro o come gesto scaramantico. So soltanto che se ne andò, stringendo quel prezioso dono da poco tra le labbra.
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