Magazine Ecologia e Ambiente

Pesci morti, pesci in barile

Creato il 24 luglio 2013 da Albertocapece

20130723_ppAnna Lombroso per il Simplicissimus

Pare che proprio ieri mentre transitava sul Ponte de l’Ovo diretto all’ex pasticceria Inguanotto, antico ritrovo di antifascisti ora retrocesso a vetrina estemporanea di bonbon industriali e globalizzati, il signor Busetto, pensionato, abbia schivato per miracolo la traiettoria impetuosa di un grosso oggetto inanimato. Il proiettile,  inconsueto e sorprendente, era un  gabbiano. Morto. Come sono morte le centinaia di pesci che galleggiano imputriditi sulle acque di rii e canali compreso il leggendario Canal Grande dal quale salgono  nauseabondi miasmi.

 Il signor Busetto non è mica  von Aschenbach, non subisce la fascinazione lugubre del declino pestilenziale, ne ha viste di tutti i colori ma  questi segnali di morte sono inediti e sconcertanti per lui come per i “foresti”,  turisti giapponesi protetti dalle mascherine, ma non quelle di Carnevale,  visitatori soddisfatti dell’avverarsi delle profezie rovino logiche,  indigeni che stanno chiusi in casa per sottrarsi all’orrenda puzza di marcio e alla vista del sinistro cimitero marino.

E non si convince delle rassicurazioni delle autorità, che ripetono il mantra  tranquillizzante: la moria di pesci che si è verificata in questi giorni nella laguna di Venezia sarebbe “ verosimilmente dovuta allo sviluppo anomalo di alghe dei generi Ulva, Gracilaria e Agardhiella”. A dirlo è l’Arpa del Veneto, secondo cui «a causa del particolare andamento meteorologico della scorsa primavera ed inizio estate, con abbondanti precipitazioni prima e caldo anomalo poi, la produzione di biomassa è stata particolarmente abbondante.   Superata la fase di fioritura,  lo sviluppo del materiale vegetale si è interrotto ed è iniziata la decomposizione». Il fenomeno ha avuto conseguenze negative«lo sviluppo del materiale vegetale si è interrotto ed è iniziata la decomposizione».

Insomma,  si tratterebbe di un fenomeno assolutamente naturale.

C’è da capire intanto cosa ci sia di naturale nelle anomalie climatiche che imperversano su tutto il pianeta, frutto della distopia di uno sviluppo irragionevole e illimitato, e che producono fenomeni estremi, trombe d’aria, chicchi di grandine smisurati come il profitto tanto cercato, inondazioni e frane prevedibili ma non preventivati, e che ci consegnano a scenari coloniali, delta del Mekong e afa indocinese.

C’è da capire cosa ci sia di naturale nella proliferazione putrescente di alghe, un tempo diagnosticata come effetto collaterale e accertato dalla presenza di sostanze malefiche dei detersivi che lavano più bianche, tanto da obbligare a composizioni più ecocompatibili, che si rivelerebbero insufficienti, forse per una smania di candore di casalinghe disperate o per le obbligatorie regole della concorrenza. Quelle alghe per contrastare le quali vennero mobilitate flottiglie di imbarcazioni spazzine di ammiragli molto ammanicati, oggi renitenti a impegnarsi in servizi di carattere semi volontaristico.

C’è da capire cosa ci sia di naturale in veleni che intossicano come per antiche piaghe, arcaiche pestilenze, che immaginavamo trascorse e dimenticate grazie alle magnifiche sorti e progressive della modernità. E c’è anche da capire perché scienza e tecnologia sembrano essere indirizzate a produrre guasti irreversibili, più che a contrastarne il prodursi e addirittura a diagnosticarli, se l’Agenzia per la protezione ambientale si lancia in ipotesi nazional popolari, smentite prontamente da gondolieri, pescatori e bagnini,  grazie a esperienza tramandata e collaudata., che attribuiscono invece la inquietante, attuale  morte a Venezia agli scarichi delle navi monstre che percorrono la laguna, alle emissioni dei loro fumi disinvolti e sfrontati.

 C’è da capire cosa ci sia di naturale in autorità tecniche e politiche tenacemente inclini   alla sottovalutazione, istintivamente determinati all’edulcorante menzogna, ostinatamente intenti a modificare la realtà, per favorire interessi opachi, alleanze e patti più o meno scopertamente scellerati. Tanto che per conoscere la verità privati cittadini hanno deciso di incaricare laboratori di analisi, più indipendenti degli organismi che dovrebbero garantire  autonomia e certezza del responso.

La natura sarà stata sempre matrigna, ma pazza e suicida l’abbiamo fatta diventare noi.

 


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :