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Peso Specifico dei Giovani in una Parola? Flexicurity!

Da Percentuale @Per100tuale

Quando tutto va male nel mercato del lavoro ecco che riemerge la parolina magica: flexicurity. Ma cos’è?

La flexicurity è un modello di organizzazione del mercato del lavoro nato all’inizio degli anni 90 in Danimarca. E’ una combinazione di agevolazioni per la flessibilità contrattuale a favore del datore di lavoro e di politiche del lavoro attive che servono come rete di sicurezza per il lavoratore in caso di licenziamento o durante le transizioni occupazionali. Flessibilità e sicurezza combinate, possibile?

All’inizio degli anni 2000, la flexicurity era diventato un  concettp “piglia tutto”.  Guardando ai risultati positivi dei paesi nordici nel ridurre la disoccupazione, le Istituzioni Europee, avevano individuato il modello della flexicurity come direzione per orientare le riforme del mercato del lavoro. Così anche paesi come Francia e Italia introdussero nel loro discorso politico questa parolina. Anzi, per far valere l’onore italico da noi si parlava di flessicurezza. Peccato però che un modello del genere non possa essere preso e trapiantato.

Le istituzioni che riflettono la cultura di un paese frenano un semplice “copia e incolla “Come illustrato più nel dettaglio dai diversi studi dell’OCSE e del FMI, l’ondata di riforme del 2000 in Italia spinse unicamente sul fronte flessibilità. Una stortura che diede vita ad una marea di nuove forme contrattuali con meno tutele  volte a rendere più dinamico e ricettivo il dormiente mercato del lavoro italiano. Tuttavia, come al solito in Italia, l’eccezione è diventata la regola. E le politiche attive? I sussidi di disoccupazione da creare? Non c’erano i soldi ci dicevano, le politiche attive costano e l’Italia non se le può permettere. Una chimera insomma. O meglio una chimera per coloro che entravano nel mondo del lavoro. Certo, perché i c.d. insider erano già bene tutelati, più della media europea, e non era possibile allargare la tutela ai più (le classiche categorie svantaggiate spesso destinatarie di questi contratti: giovani , donne e immigrati) riducendole a coloro che già ne godevano. Ci sarebbero state rivolte. E rivolte furono. Nessuno intendeva andare contro il più grande bacino elettorale: i sindacati e i futuri pensionati e schierarsi a favore di coloro che, i politicanti attenti alla mera rielezioni, consideravano privi di peso politico: i giovani.

L’Italia, la Spagna , la Grecia, il Portogallo e anche la Francia sono oggi indietro perché non sono state in grado di trovare il giusto equilibrio nel mercato del lavoro. In questi paesi quest’assenza di lungimiranza si è tradotta in un’ evidente segmentazione del lavoro e in un mercato del lavoro duale: metà dei lavoratori ha contratti eccessivamente protetti e l’altra metà è disoccupata. Non vogliamo farne unicamente una questione generazionale ma forse il problema è che nessuno ha interesse a portare avanti le istanze di un soggetto politico non ancora identificato e il cui peso specifico rimane ignoto ai più.


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