I telegiornali dei nostri giorni sono, diciamoci la verità, inguardabili. Spettacoli che si sfidano a colpi di share, di auditel, e a chi la spara più grossa. A conti fatti mettono semplicemente in scena quella smunta parodia che l’inciuchito spettatore desidera vedere. Una coazione che asseconda ad un nihil di contenuti talvolta maldestro, spesso semplicemente ossessionante nella propria vacua reiterazione.Si potrebbe addirittura asserire che la numerosa offerta che i palinsesti televisivi mettono oggi a disposizione sia inversamente proporzionale all’originalità dei suoi contenuti e spesso, sia detto innocentemente di passata, pure alla professionalità dei latori d’informazione.
La colpa, per taluni il merito del successo della cosiddetta tv generalista, o commerciale, così come la apostrofano i suoi detrattori (peraltro quanto mai integrati a quel “voyeurismo” che vorrebbero sconfessare), paradossalmente non è della tv. Avranno qualcosa da ridire gli psicanalisti ed i professionisti di ogni risma che spesso la affollano, ma l’influenza televisiva sulla quale si punta il dito per spiegare ogni pigrizia cerebrale, ogni degrado culturale e morale, in definitiva qualunque colpa e difetto di civiltà, non manifesta altro che il bisogno di schermarsi dalle proprie responsabilità, illudendosi così che tutto, a prescindere da sé, fatalmente accada.
La solita millenaria voglia di determinazione, che dal cristianesimo al razionalismo, è servita per alleggerire l’uomo dalla responsabilità di vivere integralmente. Retrocesso a ingranaggio inserito meccanicamente in un “disegno” imperscrutabile, che lo trascende, si fa scoglio in balia della fortuna, del fato, degli dei, del destino, dei complotti e delle massonerie... A ben vedere, tale rimpicciolirsi dell’uomo a protesi, impotente comparsa nelle mani di un regista che ne preordina il copione, ha il medesimo compito del capro espiatorio, o del pharmakos, direbbero i greci (i pharmakoi sono infatti gl’individui sui quali si caricavano simbolicamente tutte le angherie collettive per liberarne la polis): indicando un bersaglio a cui destinare le proprie attenzioni, così poco propense a rivolgersi a ritroso verso sé stessi, crea quindi un perfetto alibi per la propria debolezza ed inconsistenza volitiva. E' lo strumento di catarsi contemporanea preferito dall'umanità post-moderna, liquida, galleggiante.
Così come il capro espiatorio giustifica le debolezze, le meschinerie e le colpe della “polis” greco antica, in una sorta di posticcia legge del contrappasso, anche l’informazione televisiva giustifica infatti la bassezza dell’uomo moderno, del puro e candido giglio, ché ha bisogno di delegare all’informatore digitale il compito di sollevare un’esistenza che si trascina fiaccamente in cerca di un qualcosa che ne scagioni la cattiva coscienza.
Ma la colpa della malattia non è quasi mai del “farmaco”. E’ il pubblico democratico che reclama infatti dall’informazione spiegazioni chiare, che funzionino nell’ontologia del bar, d’immediata e a-problematica fruizione, che tolgano tempo al pensiero autonomo per restituirlo, dopo le fatiche lavorative, al distratto divertissement La pseudo-informazione televisiva, in tal senso, non è quindi altro che lo specchio rifratto di una clientela che abbisogna di notizie in grado di sublimarne la poltroneria. Vittima correa di un pubblico che vuole essere distratto dalla pesante indolenza della vita e da sé stesso, la tv non chiede altro se non di riuscire a soddisfarne le richieste: creare mostri su cui biasimare il proprio sdegno ipocrita, per potersi sollevare lo spirito e sentirsi infine uomini migliori; riportare tutti i dettagli di ogni accidentale tragedia, come antidoto per placare la scaramanzia e sublimarne così la paura; intrufolarsi nelle vite private delle star solo per scoprirle più vicine a sé, della serie: –anche i miti della televisione vanno al cesso e soffrono di ritenzione idrica, anche Papa Francesco è come noi -; preconfezionare fiabe ed incubi a cui poter rivolgere le proprie inaridite speranze, i propri sogni ormai svaniti, in decomposizione. Se l’informazione serve quindi, come la lapidazione del capro espiatorio era lo strumento principale per la sublimazione di colpe e di paure che dovevano rimanere nascoste, ad allontanare dall’uomo l’horror vacui per distrarlo totalmente dalla propria miseria, si ha la concreta sensazione che, almeno sulla tv in generale, il Mullah Omar non avesse completamente torto.