Génesis Robert Fludd
“Philía è l’amor platonico, l’amicizia tra coloro che si dedicano alla ricerca e alla pratica della “virtù” unica e permanente dell’anima che è la saggezza”.
La verità, secondo la tradizione filosofica e metafisica, è realtà di là dalle sue possibili, infinite e indefinite manifestazioni. Se la verità è la realtà “una” o “ultima”, allora il molteplice, espresso dalla manifestazione, non risponde ad essa ma è simile all’opinione (doxa). Le opinioni, si sa, sono quante sono gli uomini: soggettive, verosimili, ma non assolute. In termini assoluti le opinioni appartengono all’apparenza, alle moltitudini di forme che appaiono e scompaiono sul palcoscenico della manifestazione e che della realtà sono come il raggio polarizzato di un prisma.
La verità, dunque, in quest’ottica, è conoscenza della “realtà in sé”, della realtà permanente, quella che rimane sempre simile a sé stessa, che non muta.
Questa conoscenza, si distinguerà profondamente dall’erudizione. Cosicché l’erudizione corrisponderà, per lo più, all’accumulo di nozioni (forme mutevoli). Al contrario la conoscenza (della realtà in sé) sarà più simile a una presa di coscienza-consapevolezza (gnosis-sophia), a una sorta di percorso realizzativo, metafisico, che tende non tanto a immagazzinare nell’essere, quanto a trasformare l’essere. La metafisica realizzativa, ma potremmo chiamarla anche filosofia realizzativa, comporta che l’esperienza che si fa non resti un fatto culturale e libresco, un accumulo di nozioni di cui farne sfoggio. Si pone, invece, come una sorta di esperienza trasmutatoria che, attraverso un vissuto incessante, giorno dopo giorno, tende alla catarsi, alla realizzazione dell’essere, al riconoscimento dell’identità essenziale, che è vera conoscenza.
“Philía”, l’amore per la conoscenza (virtù), può rappresentare la guida attraverso la quale non perdersi dietro l’inganno del mutevole: una sorta di Virgilio che ci accompagni al “centro di gravità permanente”.
Secondo la visione metafisica la verità, come l’essenza, è in ognuno di noi, immanente e trascendente allo stesso tempo, è come una sorta di dio silente che attende il nostro risveglio dal sonno della coscienza. Un po’ come il “bello” racchiuso nel blocco di marmo e che emerge sotto l’impulso di maglietto e scalpello nelle mani del genio di Michelangelo.
La stessa tradizione iniziatica, da oriente a occidente, essendo metafisica è metastorica, avendo carattere non umano, quindi sovrumana, va di là dalle forme particolari con cui si esplica a seconda dei luoghi e del tempo; è soprannaturale e pertanto non ha nulla a che fare con la rivelazione esclusiva di qualcuno.
La metafisica tradizionale, dunque, si occupa della ricerca e della conoscenza di sé o, del Sé. Questa conoscenza iniziatica, filosofica e spirituale per eccellenza, passa, dunque, per la catarsi, e per colui che la assimila e la comprende (in sé), è conoscenza d’identità. L’essere, così, diviene quello che conosce.
Rispondendo al monito socratico “Conosci te stesso”, il tuo Sé, faremo in modo di condurre la nostra ricerca. E’ al risveglio della virtù interiore che indirizziamo questo lavoro.
giuseppe vinci
Pubblicato su: Largo Bellavista, settembre 2011
Con la nuova edizione di Largo Bellavista abbiamo dato inizio a una rubrica tutta dedicata alla conoscenza. Sin da subito abbiamo provato a porre le fondamenta per un percorso di ricerca della conoscenza partendo un po’ dalla meta, dal fine della ricerca stessa: la verità. In aggiunta al lavoro dei redattori, accoglieremo i contributi e gli scritti di quanti vorranno contribuire alla nostra indagine.