La ‘povna trascorre i giorni spiccioli (quelli tra natale e capodanno) nella piccola città, dedicandosi alla quotidianità con calma. Fa le lavatrici, riordina, mangia gli avanzi (che per fortuna sono di per sé pochissimi), va a nuotare e legge per conto suo (ma cose che le serviranno anche per i Merry Men, a brevissimo). E poi se ne va al cinema. A vedere (per esempio) Philomena di Stephen Frears.
Commedia dolce-amara dal sapore British (anche se a far da sfondo resta, in maniera consapevolmente militante, la cattolicissima Irlanda), Philomena è una storia dalla sceneggiatura due volte non originale (perché di vicenda vera, e poi ri-raccontata si tratta) che vale la pena di guardare. Il regista, del resto, è di razza (Le relazioni pericolose, Alta fedeltà, The Queen – giusto per citarne i più importanti); la storia di denuncia (quella del mercato nero di bambini fatto dalle suore irlandesi cattoliche, a spese delle ragazze madri, “svergognate e puttane”, negli anni Cinquanta e Sessanta), di quelle che vanno conosciute, toste; splendide le due prove attoriali; che consentono agli spettatori di lasciare la sala convenientemente soddisfatti; e indignati. Perché il destino delle giovani single mothers – costrette prima a seppellirsi vive nei conventi (perché la loro presenza costituiva pericolo per la moralità della famiglia), poi a lavorare dalle monache fino ai limiti dello schiavismo, quindi fatte partorire con un dolore ricercato “che purifica” (e se si muore, è fatta la volontà di dio, così sia, e tanto meglio), infine obbligate a vedere il proprio bambino venduto ai ricchi americani (con la condanna implicita a mai più nulla saperne) – merita di essere conosciuto, se possibile. E il ruolo giocato da santa madre chiesa non è né laico, né cristiano, in questa vicenda. E’ solo e tanto stronzo, se vogliamo dirla tutta. E proprio per questo è un bene che giornalisti come Sixsmith (prima) e registi come Frears (con questo film calibrato e perfetto) arrivino a riscattare al mondo, raccontandole, le storie di tutte le ‘Filomene’.
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