Stephen Frears porta sul grande schermo un incredibile carattere, quello di Philomena Lee (Judy Dench), privata da giovane della sua dignità di madre avendo concepito un figlio fuori dagli schemi istituzionali e moralistici di una cupa Irlanda, quella di sessant’anni fa. Non è un film anticattolico, anzi Philomena è una testimone della fede che sa perdonare le sedicenti “madri” che le strapparono un bambino in tenera età per venderlo ad una famiglia di facoltosi americani.
Alla ricerca di Anthony contribuisce, sempre più appassionato, un giornalista espulso nel 2002 dall’inner circle blairiano, Martin Sixsmith (Steve Coogan). Le entrature politiche di Martin negli Stati Uniti permettono a Philomena di rintracciare il figlio, consigliere giuridico del Comitato Nazionale Repubblicano negli anni ’80. Ma è tardi.
Gay non dichiarato per ragioni di opportunità, Anthony/Michael Hess si ammala di AIDS e nel 1993 si reca in Irlanda per avere notizie della madre biologica. Le suore della missione cattolica di Roscrea, reticenti, non l’aiutano, ma accolgono la sua richiesta di sepoltura nel loro monastero. Muore nel 1995.
L’agognato incontro con Peter Olson, ex compagno di Michael che più volte si è negato a Sixsmith, rivela a Philomena e Martin la destinazione finale del loro viaggio. Il cerchio può finalmente chiudersi.
Il film corre per quattro statuette dell’Academy: miglior film, attrice, sceneggiatura non originale, colonna sonora. Scommetto sul riconoscimento alla riduzione del romanzo di Sixsmith, The Lost Child of Philomena Lee. Voto 7-.
Magazine Cultura
Philomena, corre per quattro statuette, ne vincerà una
Creato il 20 gennaio 2014 da Antonio De Rose @antonio_derosePossono interessarti anche questi articoli :
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