Philomena (2013) di Stephen Frears è un commovente e tenero road-movie, talvolta amaro e disincantato, ma soprattutto è un tracciato di rapporti che si vanno definendo e creando. La protagonista (interpretata da un'incantevole Judi Dench) non perde mai i contatti con la realtà, così che tutte le ipotesi che si elaborano sull'identità di suo figlio - partorito tra atroci dolori e il disprezzo delle suore per le passioni della carne - non vanno mai a scontrarsi con le evidenze offerte dalle indagini. Philomena sarà pure una povera vecchia donna irlandese e ignorante, ma mostra un'apertura nei confronti del reale da lasciare di stucco: non c'è niente che la turbi più dell'assenza del figlio al suo fianco e mantiene sempre un singolare equilibrio e una calma signorile al cospetto del suo compagno di viaggio: Martin Sixsmith avrà pure studiato a "Oxbridge", ma è più sanguigno e tende a sovrapporsi alla donna, la quale invece non rinuncia mai al suo aplomb e alla sua straordinaria semplicità.Tratto da una storia vera, e a un libro proprio del giornalista Martin Sixsmith interpretato qui dall'ottimo Steve Coogan (autore a sua volta della sceneggiatura insieme a Jeff Pope), Philomena non va a fondo sul piano del dossier, ovvero sull'uso improprio di vite e di ricchezze da parte dei conventi cattolici irlandesi (già oggetto nel 2002 del ben più feroce Magdalene di Peter Mullan). Piuttosto, con una sincerità fuori del comune, il reporter si presenta con il suo carico di errori alle prese con una "storia di vita vissuta", con le sue intemperanze, con le sue debolezze estranee a Philomena. È, anzi, grazie a lei che l'uomo riesce a superare le semplificazioni giornalistiche alle quali sembra costringerlo il suo contratto e a raccontare una storia nella quale non ci sono buoni e cattivi, ma solo le persone e le loro storie.
Che poi queste persone e queste loro storie siano magari del tutto diverse da quello che ci si sarebbe immaginato - e, a torto o a ragione, augurato - per loro, ciò rende Philomena ancora più intenso e significativo; tanto più che Frears sa sottrarsi all'emotivismo nel quale la vicenda rischia di scivolare e affida alla protagonista quella grazia tutta sua che riscatta le lacrime facili e ci regala così un film intenso e tenerissimo.


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