Piacere! Io sono un water(quindicesimo capitolo)

Da Gattolona1964

Cupido
che non sei altro!

(Devo averti stancato parecchio con i miei ormoni sempre all’attacco, ma tu hai avuto buon senso e pazienza..e non son rimasta zitella.) Mi son convinta che abbia un carattere per sua natura romantico e dolce, un po’ sognatore, un po’ finto sornione, con quell’aria da eterno bambino e questo l’ho potuto provare sulla mia pelle. I miei occhi innamorati lo vedono somigliante ad un putto disegnato dal Bartolozzi* o dal Guercino*,per via delle sue forme rotondeggianti e contenitive. Quei dolcissimi puttini che posseggono pance ripiene, gote rosee e ridenti, piedini come un panino al salame, ci fanno pensare ad un bebè che cresce bene! Il water, per lo meno il mio, non è freddo e scostante come si potrebbe presumere, ma ha un’anima, un cuore che piange o ride a seconda dei risultati che ottiene. Mi ha aiutata nei momenti dei primi adescamenti adolescenziali e dei primi innamoramenti, quelli feroci. Quelli che non dimentichi mai per tutta la vita e oltre. Essendo io molto precoce, diventata donna in tenera età, avevo già verso i dodici anni la mia prima cotta furente per un compagno di classe, che onestamente pensava solo a giocare a bigliardino e a giocare a pallone. Molto saggio il ragazzino! Mica mi potevo confidare con i genitori, mi avrebbero fatta rinchiudere in un convento con le suore; o con le amiche, gelose ed invidiose di me per il mio aspetto fisico. Quindi non mi rimaneva altro che sfogarmi e parlare ore ed ore con il mio amico del cuore. Seduta vicinissima e abbracciata a lui, mentre piangevo lacrime d’amore giovanile, gli chiedevo perché il ragazzo non mi guardava minimamente, dove avevo sbagliato e cosa dovevo fare per farlo di me innamorare. Le risposte che mi arrivavano all’orecchio erano mute e severe; giustamente era arrabbiato, lo potevo capire dalla tortura della goccia cinese che continuava a scendere imperterrita al suo interno e che oramai mi perforava l’orecchio nell’ascoltare attenta le sue risposte mai dette. Segnale che con il giovine non c’era nulla da fare. Ero disperata, il primo amore non ricambiato non si dimentica più, ti toglie l’appetito ed il sonno, ti fa piangere laghi di lacrime salate e singhiozzare come un’anatra. La colpa della goccia cinese era mia; a furia di lacrimare dentro al water, gli avevo procurato una crepa su di un lato, corrodendolo per il troppo cloruro di sodio contenuto nei miei pianti, cosicché perdeva acqua goccia dopo goccia. Piangeva, esattamente come me, soffriva insieme a me, ma non c’era nulla da fare nemmeno per lui: papà si dimenticava sempre di chiamare l’idraulico per aggiustarlo. In seguito, quando fui più grandicella, mi infatuai di un altro giovanotto che abitava in città e non in campagna come me.Il water, come un vero investigatore privato, mi ha aiutata a smascherare se il giovine aveva una tresca sia con me, sia con altre donzelle. Ma in quale modo un water può diventare investigatore o Cupido all’occorrenza? Nelle afose sere d’estate, terminata la scuola, mi era consentito incontrare il pretendente dalle ore venti alle ore venti e venti, perciò correvo su in bagno visto che era al secondo piano, mi sedevo su di lui e fingendo di leggere un fotoromanzo, lo aspettavo. Sbirciavo fuori dalla finestra in continuazione per vedere se arrivava con la vecchia Dyane blu o in autobus. Tanto dalla piazza mica si capiva che ero su un water, potevo benissimo essere seduta su di una poltrona! Quando lo vedevo sbucare, osservavo con attenzione i suoi movimenti: se si dava un’aggiustatina ai capelli era felice di venire da me, se invece si riannodava la cravatta era un triste presagio. Questi gesti però li compresi molto più avanti negli anni, con l’ausilio di fior di waterate in pieno viso! Riuscii anche a smascherarlo quella volta che scese furtivamente dal motorino nascondendolo dietro ad un cipresso e poi si diresse, bavero rialzato per non essere riconosciuto, dalla mia migliore amica e qui ci giurerei, per pomiciare di brutto. Feci anche in tempo a vederlo mentre di corsa si spruzzava in bocca un Alka Seltzer per mascherare i postumi delle tigelle con aglio e cipolle del mio orto, che regolarmente mangiava la sera prima, di venir da me. I motivi potevano essere diversi: o era ghiotto di queste delizie estive o era mia madre che lo obbligava a mangiarne in grande quantità, per far si che avesse un alito talmente osceno, da venir da me rifiutato. Questi, tosto e caparbio e forse anche invaghito della sottoscritta, continuava con l’Alka Seltzer, pensando di mascherare la rete fognaria. Motivo per cui decisi, dopo varie sedute a colloquio con il mio fidato amico water, di prendere una decisione:lo lasciai ai primi giorni d’autunno, quando le foglie cominciavano a cadere ed il mio umore pure. Ero diventata quasi dipendente da lui nel prendere le decisioni,prima di iniziare un flirt innocente con un ragazzo, chiedevo consiglio al mio water se valeva la pena di iniziare, come si fa con le cartomanti, quando guardano dentro la sfera di cristallo e ti predicono il futuro. Io guardavo dentro di lui, inginocchiata con la lente d’ingrandimento, sperando di cogliere dei segnali; invece vedevo solo acqua e qualche residuo di calcare che prontamente toglievo, lucidando in modo forsennato il mio psicoanalista di fiducia. Lui da vero gentil Cupido qual’era, aveva due risposte che avevamo concordate insieme: se il ragazzo era ok, mentre tiravo la catenella mi spruzzava con schizzi di acqua limpida e profumata al bergamotto. Se il giovane non gli andava a genio erano guai, straripava come un mare in piena e dovevo regolarmente chiamare l’Espurgo. Mi faceva così comprendere che sarei finita in un mare di m.. difficoltà! Quando invece era lui che si infatuava per primo e vedeva una turca o una padella antiaderente, ben curata e lucidata, senza gonna, cioè senza coperchio, non resisteva e faceva di tutto per rompersi: si dimenava sul pavimento, schizzava acqua da tutte le parti e trovava il modo per spaccarsi in due.In questo modo diveniva veramente inutilizzabile e a seconda del danno lo si portava dal marmista o direttamente in discarica. Ovviamente lì poteva conoscere e fare amicizia con le altre ragazze, visto che ce n’erano parecchie! Una volta riuscì a fidanzarsi con una di loro e lo trovarono avvinghiato ad una turca che nemmeno i trapani pneumatici riuscirono a dividere. Come la ballerina ed il soldatino di piombo nella famosa favola di Hans Christian Andersen.*Uniti per sempre, finché un pitale non ci separi” fu la frase che alcuni ragazzini molesti con una penna rossa scrivettero sopra ai due corpi fusi. Furbetto il nostro amico! Devo a lui se non sbagliai la scelta del mio secondo marito. Con vera astuzia e maestria, mi insegnò uno stratagemma alquanto bizzarro. Mi suggerì di indossare una sottoveste di seta color carne, un reggiseno imbottito con cotone idrofilo, calze autoreggenti, ciabattine in piume rosa di struzzo, quelle che di solito mia mamma teneva nel baule per il “bisogno”. Cioè non un bisogno intimo, non un capriccio sessuale ma un bisogno di andar di corsa in ospedale. Iniziai così a danzare in piedi sopra di lui, con il suo benestare, muovendomi a ritmo moderato. Con movenze sensuali, l’avevo visto fare in televisione da una ragazza bionda che ballava il “Tuca Tuca”*, mi sfilai le calze lentamente e le buttai dentro di lui, che naturalmente sbuffò subito, precisandomi che quelli non erano gli accordi. Rivoltai indietro la testa, muovendo nell’aria la mia folta e bionda massa di capelli in ordine sparso, inscenando così un balletto per aspiranti attricette. Ballai diversi giorni, senza mai fermarmi, senza mangiare né bere, finalmente riuscii ad attirare gli sguardi del mio futuro marito,(benzinaio) che per poco, non fece fare il bagno nella benzina al cliente di turno, visto che la pompa aveva già riempito il serbatoio dell’auto del malcapitato. Il sant’uomo, divenuto martire ma non beato dopo le nozze con me, adorava le donne alte e sinuose, io vista da lontano ballare dall’alto del mio water, sembravo veramente una gazzella longilinea e tutta curve. Ma come diceva sempre mia mamma “Sembrare e non essere è come filare e non tessere”, ahimè quando mi vide da vicino non fu esattamente la stessa cosa. Oramai aveva perso il posto di benzinaio per aver incendiato il distributore, a furia di rovesciare benzina per guardarmi. Dovette così rassegnarsi a chiedermi in sposa, dato che il mio papà era un possidente.

Quella volta grazie al mio Cupido, la feci veramente grossa; forse fu l’ultima volta in vita mia che ebbi il privilegio di farla così.



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