Un piano sul lavoro da proporre a gennaio. Questa l’idea della politica italiana per combattere le bestie nere dei cittadini: precarietà, disoccupazione e difficoltà di inserimento.
Sia il segretario del PD Matteo Renzi che il premier Enrico Letta hanno detto la loro sui provvedimenti da attuare per lanciare una corda al Paese in bilico su un punto di non ritorno. E anche Alfano non è da meno.
Le proposte di Renzi.
Il neosegretario del Partito Democratico ha le idee chiare, chiarissime. Il suo staff ha subito mosso i pezzi sulla scacchiera, andando all’attacco innanzitutto della precarietà e della disoccupazione.
Sul primo nemico da “mangiare”, Renzi propone no di abolire la flessibilità, ma di eliminare gli abusi dei contratti flessibili e interinali. Obiettivo: garantire a tutti il contratto a tempo indeterminato.
Cade anche la visione dell’articolo 18 come legge sacra: “Il punto non è articolo 18 sì o articolo 18 no. Se si riparte da quello allora non si farà mai un passo avanti”.
Tra le “mosse” di Renzi anche il sussidio di disoccupazione, sul modello tedesco alla Hartz, quello che nel 2005 aveva fatto ripartire la Germania. Al centro dell’idea, flessibilità in entrata e in uscita e un sussidio statale uguale per tutti per due anni, affiancato da corsi di formazione obbligatori per poter trovare lavoro.
Ciò al posto della cassa integrazione, che non aiuterebbe invece il reinserimento nel mercato del lavoro.
Un nuovo ruolo anche per le agenzie interinali, che oggi hanno un’incidenza minima rispetto agli altri Paesi: appena il 5% contro il 20% inglese.
Ammortizzazione sociale e reinserimento nel lavoro. Scacco matto. Ne sapremo di più a gennaio.
Le proposte di Alfano
“Ogni euro di taglio alla spesa pubblica improduttiva deve essere destinato a diminuire le tasse sul lavoro”.
In un’intervista rilasciata al Corriere, Angelino Alfano ha riposto alle proposte renziane lanciando una “proposta shock”.
Burocrazia zero per chi vuole aprire un’impresa o un attività artigianale. Per tre anni.
“Il problema delle famiglie è il lavoro” ha sottolineato “non lo ius soli o le unioni civili”.
“Non si può pensare di cancellare la cassa integrazione per finanziare il sussidio di disoccupazione. Ogni sussidio deve essere trasformato in incentivo per chi assume”.
Quindi chi viene assunto deve ricevere uno stipendio netto, a zero tasse, perché “ogni taglio sulla produttività di questo Paese deve aiutare ad abbassare le tasse sul lavoro”.
E per quanto riguarda i sussidi di disoccupazione, Alfano parla di una “dote” da dare ai disoccupati, riscattabile dall’azienda che lo assume, e un voucher (un buono lavoro) da spendere in corsi di formazione e incessabile solo se il non occupato troverà lavoro.
Sulle tema immigrazione Alfano si dice pronto a mettersi in gioco, ma senza dare “il messaggio sbagliato”, ovvero quello del “venite in Italia, c’è posto e lavoro per tutti”.
Sulle proposte di Renzi il leader del Nuovo centrodestra si dichiara “fiducioso” di una capacità di “favorire l’azione di governo.
“Se il governo rispetterà il’contratto’, allora partiremo con il turbo”.
La proposta di Enrico Letta
“Il 2013 ci ha lasciato una svolta generazionale, la ritrovata stabilità dei conti pubblici, la fine del calo della crescita. Questa è un’opportunità”.
Un’opportunita che il premier Enrico Letta non sembra volersi far scappare.
Senza farsi troppo notare, il capo dell’esecutivo ha in mente un piano alternativo a quello di Renzi, che cerca di salvaguardare l’unità del Governo e che risolva (o inizi a risolvere) i problemi sul mercato del lavoro italiano.
“Per creare lavoro – dice – ci devono essere le condizioni minime perché ci sia fiducia per fare investimenti. Condizioni come la stabilità, la serietà del paese, una giustizia efficiente, relazioni sindacali che funzionano”.
In altre parole: prima bisogna trovare i soldi ed essere tutti, a grandi linee, d’accordo.
Letta non parla di “contratto unico” ma di “sussidi allargati alla disoccupazione”. Non preme per una partenza lampo, ma per discutere con i sindacati e le associazioni dei lavoratori.
Tanto più che, secondo la ex ministro Fornero, il piano di Renzi costerebbe circa 30 miliardi di euro.
Il premier spinge per le riforme istituzionali, senza rinunciare a un possibile referendum: “Il referendum è essenziale perché una grande riforma ha bisogno del consenso dei cittadini e quel sigillo è essenziale per chiudere la transizione”.
Un modo per sottolineare quanto sia importante, per lui, avere l’ok dal popolo italiano. Al panettone ci siamo arrivati, sembra voler dire, ora andiamo oltre.
A gennaio trapeleranno altre informazioni e il dibattito sul tema del lavoro sarà sotto gli occhi di tutti.