Il Piano paesaggistico della Provincia Regionale di Agrigento diventa una interrogazione ai Ministri dei beni e delle attività culturali e del turismo, dello sviluppo economico, delle infrastrutture e dei trasporti e dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare presentata dal senatore Giuseppe Marinello, presidente della Commissione territorio e Ambiente al Senato.
Premesso che, per quanto risulta la Soprintendenza per i beni culturali e ambientali di Agrigento ha elaborato un piano paesaggistico che ha suscitato grave preoccupazione da parte delle comunità interessate; premessa la piena condivisione della necessità di adottare strumenti di pianificazione che sovrintendono alla tutela e alla salvaguardia del territorio, tema che costituisce una priorità dell’agenda del Governo e della politica ambientale del Paese, con particolare riguardo all’uso e al risparmio del suolo, si appalesano lacune gravi che, oltre ad inficiarne la reale efficacia, possono costituire notevoli ostacoli allo sviluppo economico delle comunità interessate;
l’assenza di diversi piani attuativi, vigenti nei diversi Comuni della provincia di Agrigento, ha causato un’elaborazione viziata del piano paesaggistico. I piani assenti rappresentano elementi essenziali per redigere il piano paesaggistico in conformità, ai sensi del comma 2 dell’articolo 133 del decreto legislativo n. 42 del 2004 (codice dei beni culturali e del paesaggio);
sono inoltre presenti errori ed omissioni nella stesura del piano ed elementi incongrui con quanto previsto dall’articolo 143 del codice. Sulla base dell’esperienza dell’iter procedurale di altri piani paesaggistici della Regione Siciliana, ci si sarebbe dovuti concentrare sulle prescrizioni del livello di tutela 2, dirette alla tutela dei paesaggi agricoli, che obbligano gli strumenti comunali a destinare tali aree agli usi previsti per le zone agricole o per i parchi urbani e suburbani. Tale obbligo deve essere assunto da parte dei Comuni in fase di adeguamento dei piani regolatori generali al piano paesaggistico;
il piano paesaggistico non ha valore retroattivo ed obbliga a prevedere la destinazione d’uso per le zone agricole o per i parchi urbani e suburbani, esclusivamente in quelle aree che negli strumenti urbanistici attualmente vigenti sono classificate come “zone E”, escludendo dalla prescrizione di cui al livello 2 quei territori che abbiano mutato destinazione urbanistica per effetto di piani attuativi, quali i piani di lottizzazione, nei casi in cui siano stati definiti gli aspetti relativi alla stipula di convenzioni vigenti ed efficaci;
l’attività di valutazione avrebbe dovuto poi indirizzarsi anche sulle prescrizioni di livello di tutela 3, per le quali è previsto l’impedimento e/o la limitazione di interventi che vanno in contrasto con le esigenze normative in tema di protezione civile, di sviluppo territoriale sostenibile e di piano di assetto idrogeologico;
alla luce di quanto risulta, è auspicabile che il piano paesaggistico provinciale preveda la disciplina della fascia costiera e la previsione d’interventi dì recupero e riqualificazione delle aree compromesse dalla speculazione edilizia legalizzata e non, e di quelle ancora incontaminate;
nel piano paesaggistico di Agrigento vi sono prescrizioni in contrasto con il comma 4 dell’art. 143 del codice, il quale prevede la tutela ambientale e le finalità di sviluppo territoriale sostenibile di aree che non sono, ad oggi, interessate da specifici procedimenti o da provvedimenti già emessi e che invece risultano disciplinate dal piano paesaggistico con norme di attuazione che lasciano ampi spazi all’arbitrarietà interpretativa. Infatti, tali norme, riferendosi ai vari paesaggi locali, rispetto ai quali ogni soggetto attuatore ed esecutore dovrà costantemente misurarsi, daranno seguito a fuorvianti e poco chiare interpretazioni di merito;
si ravvisa inoltre una sensibile sproporzione tra l’impalcatura organizzativa e metodologica di redazione e le proposte progettuali del piano ed una notevole discordanza tra i fondamentali principi da perseguire e le scelte progettuali del piano, che sostanzialmente applicano “a macchia di leopardo” le disposizioni di vincolo dettate dal codice;
all’articolata e ricca individuazione ed elencazione delle “componenti dei paesaggi” corrisponde una povertà di soluzioni progettuali che disperdono gran parte delle conoscenze acquisite, non si vedono le “espressioni d’identità dei paesaggi” e le “peculiarità dei paesaggi”, ma solo ampie generalizzazioni;
i paesaggi locali individuati non sono rappresentativi degli auspicati caratteri tipologici e di rilevante integrità paesaggistica e non sono individuabili gli indirizzi e i criteri di sviluppo urbanistico ed edilizio compatibili con le norme di tutela;
si rilevano, inoltre, ictu oculi, numerosi errori che attestano la superficiale e non corretta redazione delle tavole propedeutiche alla redazione del piano paesaggistico. A titolo di mero esempio si cita la mancata conoscenza delle plurime emergenze architettoniche di rilievo presenti nel territorio, con particolare riguardo alle numerose torri medievali. Si rileva altresì la mancata acquisizione dei piani attuativi di diversi Comuni come, ad esempio, il vigente piano comprensoriale del Comune di Sciacca con la conseguente disinformazione sulle aree destinate alla realizzazione degli impianti termali (zone T1 – T2), ovvero le zone C di contrada San Marco;
nel piano risulta l’indicazione di micropiani di recupero disseminati a macchia di leopardo e senza alcuna soluzione di continuità, forse determinati da zone caratterizzate da intensa attività edilizia rispetto a quelle limitrofe e tuttavia riferite a vecchie cartografie risalenti all’anno 2006, ormai superate;
vi è poi un’evidente povertà di indicazioni progettuali che dovrebbero essere consequenziali all’articolata proposizione di diversi e distinti paesaggi. Ad esempio, tra le aree sottoposte a tutela, in quelle previste per ampi tratti come la pianura del Carboj si contrappongono quelle limitrofe lasciate ad una totale mancanza di prescrizioni di tutela;
si constata pertanto l’ignoranza totale del piano di assetto idrogeologico, con i conseguenti contrasti con le necessarie azioni di tutela e prevenzione dei rischi relativi e l’ingessamento e l’ignorante mortificazione degli usi agricoli per ampie zone del territorio, ove vengono di fatto inibite le possibilità per tutti gli usi necessari all’ordinaria sostenibilità dell’impresa agricola (cambiare gli impianti e trasformare le coltivazioni, per esempio da vigneti e oliveti a impianti di colture per biocarburanti, realizzare strutture strettamente connesse con la condizione dei fondi come stalle e piccoli opifici per la trasformazione delle materie prime, per realizzare serre precarie o tunnel). Al più, il piano paesistico dovrebbe contenere indicazioni prescrittive, ad esempio, sulle dimensioni, tipologia e caratteristiche degli impianti), risultando necessario che vengano esplicitate per la realizzazione di costruzioni e impianti ove previsto, precise linee guida, ad esempio sui tipi edilizi e sui materiali,
si chiede di conoscere se i Ministri indirizzo siano a conoscenza di quanto esposto e quali iniziative intendano prendere per assicurare la corretta pianificazione paesaggistica del territorio della provincia di Agrigento, con particolare riferimento alla fascia costiera, al fine di perseguire le esigenze di tutela paesaggistica ed ambientale senza pregiudicare le esigenze di sviluppo sociale ed economico di quei territori.