Diradare
La tecnica colturale di diradamento periodico delle piantine di orticole – in condizione di avvio di sviluppo a germinazione completata, quando sono ancora provviste di un apparato radicale sottile, in particolare gli ortaggi a radice – in un posto stabile ha lo scopo di sfoltirle per asportarne quelle in esubero cresciute a una distanza troppo ravvicinata e/o in gruppi troppo fitti ed entrate in competizione per l’acqua, le sostanze nutritive e la luce. Scalzandole delicatamente dal terreno nei primi tempi di vegetazione per ridurne la densità fino ad arrivare a raggiungere quella ideale significa garantire lo spazio vitale a ogni piantina per buca, una volta ripulito attorno dai resti dell’asportazione, così da favorirne l’accrescimento in piena salute, il massimo della produzione di qualità, il controllo degli insetti e delle malattie. Dopo che sementi di specie particolarmente inclini (barbabietole, bietole) o di dimensioni molto contenute (es. carote, insalata) sono state inavvertitamente sparse in modo non correttamente distanziato durante la semina diretta in pieno campo finendo interrate a distanze inferiori rispetto a quanto indicato sulle confezioni dei pacchetti di sementi a seconda di quanto richiesto da ogni specifica specie di orticola, nascono giovani piante in condizioni di sovraffollamento sviluppandosi in modo minore e a stento, rimanendo inesorabilmente anche più deboli, con radici malformate e distorte. Le piantine che si sono ben delineate senza tuttavia accrescersi molto ed evidentemente rimanendo più deboli ed esili sono quelle da sacrificare nel corso dei necessari diradamenti. In genere queste piccole piante dalle foglioline tenerissime non sono da eliminare e gettare nella compostiera ma, alla prima o alla seconda ondata di diradamento, si possono già utilizzare in aggiunta alle insalate, come nel caso di barbabietole, bietole, cipolle, ravanelli, rucola, spinaci, e di erbe quali aneto, basilico, coriandolo, finocchio, prezzemolo. Occorre avere però l’accortezza di tagliare la piantina con una sforbiciata in basso a livello del suolo – senza tirare lo stelo per sradicarlo, altrimenti vengono disturbate le radici vicine di quelle da mantenere – scegliendo di sacrificare e portare in tavola specialmente di quelle più alte e allampanate, esili e di colore verde più chiaro, a volte quasi giallognolo o striato rispetto alle altre. Le piante di basilico in sovraffollamento sono un esempio di quelle specie che si avvantaggiano dall’essere estratte dal letto di semina quando sono spuntate una o due serie di foglie sulla parte superiore dello stelo in quando la rimozione stimola non soltanto le radici che erano disturbate a sostenere le necessità idriche della pianta, ma anche la ramificazione e la crescita cespugliosa.
Per praticare il diradamento al momento giusto, prima che le piante siano già cresciute e per di più troppo accostate tendendo ad iniziare ad aggrovigliarsi le une con le altre rischiando di danneggiarsi, è necessario aspettare quando si è sviluppata la prima serie di vere foglioline e ne sta iniziando a spuntare la seconda sulla sommità della piantina ancora piuttosto sottile e di dimensione contenuta. L’intervento per diradare deve essere condotto con cura e delicatezza estreme in modo da non rovinare in alcun modo ogni esemplare, in particolare nei fusti delicati che, in caso di rottura, portano a conseguenze fatali. Le piante più robuste e vigorose d’aspetto, sorrette da steli forti, con la serie di foglie poste in cima a giusta distanza, pertanto dotate di radici molto più forti, sono quindi già pronte per essere prelevate nel corso del processo di diradamento per essere subito trapiantate, ossia estratte per essere immediatamente spostate da un luogo all'altro dell’orto per venire ripiantate in un'altra posizione alla distanza ideale di ogni particolare pianta. Questo dato riportato tra i suggerimenti impressi sul retro della bustina di sementi conservata dopo la semina, con il tempo deriva dalla pratica e dall'esperienza di ogni coltivatore in campo rispetto al tipo di suolo e di clima relativi al proprio orto. Nel tardo pomeriggio o in una giornata nuvolosa, dopo avere innaffiato oppure ancor meglio quando la pioggia è cessata e il terreno è morbido e umido, ma non inzuppato (specialmente se argilloso), abbastanza scaldato per non rischiare la riuscita con alcune specie (es. basilico), risulta più agevole diradare, tirare via le piante e trapiantare senza rischiare di comprimere zolle di terra troppo asciutte attorno alle radici, che potrebbero finire facilmente danneggiate. Allargando leggermente per separare delicatamente le piantine cresciute in gruppo nel punto di eccessivo infoltimento, si deve individuare la piantina da spostare. Afferrandola in basso per il ciuffo di fogliame, sollevandola leggermente con l’attenzione di non tirarla per non schiacciarne lo stelo, viene estratta fuori dal terreno facendo leva con delicatezza e mossa decisa per riuscire a tirarla fuori con l’insieme di tutte radici nel pane di terra attorno così da garantire la sopravvivenza alla pianta. Nel caso in cui le radici siano impigliate, occorre premere con attenzione le piccole piante vicine per distaccarle meglio districandole accuratamente per non causare danni all'apparato radicale nel corso di un’operazione di estrazione che, nella maggior parte delle volte, riesce a procedere facilmente senza alcun problema.
Trapiantare
Terminato il diradamento su un’intera fila, si passa direttamente al trapianto delle stesse piante tolte per ripiantarle in un altro luogo nell’orto alla distanza necessaria (es. piante di carota distanti 5-6 cm. in file, a 20 cm tra ogni fila) suggerite innanzitutto dalle dimensioni necessarie alla minore o maggiore crescita delle orticole in pieno sviluppo: 5-10 cm per bietole, cipolle, fagioli, lattuga, piselli, rape, spinaci, ecc., anche 35 cm per broccoli, cavoli, cavolfiori, cetrioli, melanzane, meloni, okra, pomodori, zucca, ecc. Nella nuova collocazione, premuto il terreno umido e scavato delicatamente alla profondità dettata dalla lunghezza delle radici, la porzione radicale comprensiva della zolla viene posizionata e interrata con cura nella piccola buca (contenente in fondo un po’ di compost o di terriccio arricchito mescolato qualora il letto di semina non fosse stato trattato in via preventiva con fertilizzanti), ricoperta con la terra smossa poco prima, quindi pressata con decisione tutto intorno e innaffiata. La maggior parte delle orticole sono da trapiantare lasciando lo stelo a livello del suolo, eccetto specie interrabili fino alla prima serie di foglie inferiori, come broccoli e lattuga, o comprendendo anche una porzione di gambo e di radici, così queste si sviluppano lungo di questo contribuendo a fortificare la pianta di peperoni e di pomodori. Nel nuovo spazio almeno raddoppiato o triplicato, la ripresa vegetativa delle varie piante deve essere curata e agevolata ombreggiando dal sole per qualche giorno dopo il trapianto, assicurando abbastanza acqua e protezione dal vento e dai parassiti. A trapianto concluso, le giovani piante potrebbero apparire un po’ sofferenti e indebolite, ma di solito recuperano in tempi brevi, come succede a quelle di cavolo che sembrano in declino ma, nel giro di uno o due giorni, si rinvigoriscono riprendendo un evidente ritmo di crescita. Dopo il primo sfoltimento avviato per distanziare le piantine a più centimetri, è necessario aspettare che i restanti impianti crescano per un certo periodo di tempo fino a notare che riprendono ad intensificarsi ostacolandosi, richiedendo un altro intervento per compiere un ulteriore diradamento, e così via (per es. tra maggio e luglio diradare le carote in due momenti successivi, dopo tre o quattro settimane dalla semina, per distanziarle a 2-4 cm., poi continuare dopo un identico arco di tempo per allontanare a 8-10 cm).