Piano piano cerco nel web e nei libri metodi nuovi e antichi o che si fondono tra loro per ottimizzare tempo , capacità e risultati .... Piano piano scopro piante che sono PERENNI ...quindi le semini o pianti una sola volta e per anni anzi a volte per decenni anzi a volte diventano infestanti ........ Qui ne citerò solo alcune , pronta per sentire i vostri consigli e per migliorarmi , le foto che metterò come il 90% sono le foto del mio orto .
Cardo mariano ,,,ho seminato semi di mia suocera l'anno scorso hanno avuto un attecchimento del 100% Lascio la parola ad altri siti ben più saggi di me : http://giardinaggioweb.net/posts/8006-il-cardo-mariano-fra-coltivazione-e-curiosita
cardo mariano (Silybum marianum) è un’erbacea biennale della famiglia delle Asteracee, con un fusto eretto, robustoe vigoroso, alto fino a 1,5 m, abbastanza ramificato. Le foglie grandi, lobate e dai margini spinosi, hanno lamina verde lucida reticolata e chiazzata di bianco. Le infiorescenze a capolino (diametro 3 cm), in maggio-giugno del secondo anno di vita, sono di un rosa fucsia o porpora, vistose. Ne deriva un’infruttescenza di acheni muniti di pappo (la parte eterea) che a maturazione volano via con il vento.
LA COLTIVAZIONE
Non esistono sementi in vendita, mentre le piantine si possono talvolta reperire presso vivaisti specializzati in piante aromatiche. Il consiglio è quello di riprodurlo mediante i semi, da raccogliere nei campi in luglio-agosto, prelevando i capolini ben maturi, cioè di colore bruno, ma ancora dotati dei frutti (cioè dei pappi). Nel Centro-Sud potete procedere subito alla semina, mentre nel Nord è bene aspettare marzo. Le piantine vanno poi trapiantate in piena terra o in vaso (diametro minimo per una pianta 24 cm) in maggio, su qualunque tipo di substrato purché non acido e sempre molto ben drenato. Le annaffiature sono necessarie in vaso, le concimazioni non sono indispensabili. Teme temperature inferiori a 5 °C. Essendo biennale, i semi vanno sempre raccolti per avere nuove piante.
COME SI RACCOGLIE
È spontaneo in tutta Italia dalla Toscana in giù, dalle coste fino ai 1.100 m d’altitudine, prediligendo zone incolte, margini di campi abbandonati e bordi di strade campestri, ma anche aree di scarico di rifiuti, scarpate stradali, massicciate ferroviarie ecc.. Scartate naturalmente le piante cresciute in zone inquinate, o anche solo “sospette”. Si utilizzano le foglie e i semi, le prime raccolte in maggio-giugno e i secondi in luglio-agosto, recidendo i gambi con le cesoie (usate i guanti: tutta la pianta punge!). Si seccano all’ombra e all’aria e si conservano in sacchetti di carta o barattoli di vetroal buio e al fresco. Gli erboristi professionisti raccolgono anche le radici, dalle proprietà più spiccate. In erboristeria sono facilmente reperibili la tintura madre e le capsule di estratto secco, comode e pratiche.
AL POSTO DEI CARCIOFI
In passato, dal Lazio in giù il cardo mariano (e gli altri cardi selvatici) veniva raccolto come ortaggio: le radici bollite, infatti, ricordano nel sapore la barba di becco, i capolini ancora chiusi sono un ottimo sostituto dei carciofi, i fusti e le foglie, dall'aroma di spinaci, venivano cotti e utilizzati come questi ultimi o consumati in insalata, naturalmente dopo esser stati accuratamente liberati dalle spine. Con le radici si preparano tuttora liquori e infusi alcolici dalle proprietà digestive e “depurative” (nonostante l’alcol!).
RABARBARO
Barattato i semi direttamente da un'azienda agricola romana https://www.facebook.com/roberta.rossini.14?fref=ts
Fonte . http://www.giardini.biz/piante/piante-spontanee/cardo-mariano/
Il cardo mariano, Silybum marianum, famiglia delle Asteraceae, si è diffuso ben oltre il suo areale d’origine e oggi si trova anche negli Stati Uniti e in molti paesi d’Europa laddove esistano condizioni adatte alla sua crescita. La pianta si diffonde facilmente per seme. Si tratta di pianta biennale dal fusto eretto e vigoroso con foglie dal disegno marmorizzato non certo comune in natura. Le grandi venature bianche spiccano su un verde chiaro, ma non sbiadito. Tutta la superficie della foglia è lucida, quasi metallizzata, così che riflette i raggi del sole e da lontano non risulta in tutta la sua istoriata bellezza. E’ di consistenza coriacea, ma flessibile, difficile a rompersi o piegarsi. L’acqua scivola via o forma grosse gocce per via del rivestimento ceroso. Nel primo anno si sviluppa la rosetta basale e qui le foglie sono grandi (fino a 40 cm) e profondamente lobate, mentre le foglie che si sviluppano sul fusto sono sessili, più piccole e meno incise, ma riportano lo stesso disegno delle prime. Le foglie sono avvolgenti, grandi e profondamente ondulate, con margini sinuosi. Le spine, che si potrebbero sottovalutare, sono più resistenti di quelle degli altri cardi così che la pianta non è facile da maneggiare, ma richiede sempre l’uso di guanti di pelle come protezione. Le spine sono giallastre e sono portate al termine di ogni lobo fogliare di forma triangolare. Nel secondo anno le piante, dal mese di maggio, iniziano a sviluppare il fusto glabro e poco ramificato che porterà i fiori raggiungendo un’altezza fra i 50 ed i 150 cm. Si tratta di capolini color porpora, profumati, simili a quelli del carciofo, con un diametro di circa 5 cm, incorniciati da una raggiera di brattee spinose. Fioriscono in modo scalare all’interno della stessa pianta da inizio giugno a fine luglio. Sono portati in posizione terminale, sorretti da lunghi peduncoli. I frutti sono acheni di colore scuro o marezzati di giallo con pappo chiaro formato da peli ruvidi. La radice è robusta e fittonante.
In natura
Pianta tipica del sud dell’Italia, vive in luoghi assolati e asciutti, con suoli ben drenati, riparata dai venti. In ambienti ideali è capace di formare dense colonie tanto da divenire infestante, compare nei prati incolti, lungo le strade dove si accumula materiale di risulta, fra le macerie. Dal piano sale fine a 1.000 metri di quota, dal mare fino all’area submontana.Dove e come coltivarlo
La coltivazione è quanto di più semplice esista. Si raccolgono i semi per scuotimento dei capolini e si pongono direttamente nel terreno. Preparare un semenzaio con terriccio leggero ben drenato, mescolando un terzo di terriccio da fiori, un terzo di torba ed un terzo di sabbia. Seminare a spaglio ricoprire con uno strato sottile, circa mezzo centimetro, e bagnate quel tanto che basta a mantenere il terriccio umido. Le giovani piantine possono essere diradate, se già seminate nel luogo di coltivazione, o trapiantate. La coltivazione si può effettuare a macchie irregolari o a file mantenendo una distanza fra le fila di 60-70 cm ed una densità di 8, massimo, 10, piante per metro quadrato. La semina può anche essere rimandata a primavera (marzo-aprile). Le piante già radicate con pane di terra, anche quelle prelevate in natura, si adattano con successo a qualsivoglia tipo di terreno, purché privo di ristagni o troppo freddo. Il migliore è leggero, sciolto, ben drenato, abbastanza profondo, caldo. L’esposizione in pieno sole, ottima quella a ridosso di un muro a secco rivolto a sud, è garanzia di un’ottima riuscita della pianta. Per evitare la disseminazione si recidono i capolini prima che sfioriscano e diffondano i semi. Pianta tipica di luoghi seccagni non ha bisogno di essere irrigata se non a fronte di prolungata siccità.ASPARAGO
fonte: http://giardinaggioweb.net/posts/398-come-coltivare-gli-asparagi Un'amica mi ha regalo le radici e......eccoli Rimandiamo al dettagliato free report"Asparagi: la coltivazione, le varietà e numerose curiosità" per scoprire quali sono le molte varietà di asparagi e il loro utilizzo, oltre che le tecniche di conservazione e coltivazione nei minimi particolari. Ora vediamo invece gli accorgimenti basilari per la coltivazione.. La coltivazione dell'asparago (Asparagus officinalis) richiede un'area appositamente dedicata del nostro orto disponibile per alcuni anni, esclusa quindi dal normale regime di alternanza delle coltivazioni.
Il terreno
L'asparago, che si adatta bene ai climi temperati in pianura o in zone collinari, va disposto su terreno ben drenante, tendenzialmente sabbioso e in una zona soleggiata.
È consigliabile non impiantare una asparagiaia dove in precedenza sono state coltivate patate, barbietole, carote, erba medica e fagioli perché potrebbero trasmettere una malattia detta rizoctoniosi. Per rendere il terreno ben drenato e permeabile, a una profondità di 70-80 cm, è bene stendere prima dell’impianto uno strato di argilla espansa. L'impianto dell'asparagiaia si può effettuare con “zampe” in dormienza (prodotte per semina o acquistate in vivaio) o con piantine allevate in cubetto di torba.
La semina
La semina avviene in semenzaio all’inizio della primavera in file distanti 30 cm e alla profondità di 1 cm. Dopo 30 giorni circa dalla nascita si effettua un diradamento, mantenendo sulla fila una piantina ogni 10-12 cm. Per facilitare il germogliamento dei semi (4-7 g/mq), si può lasciarli immersi in acqua per una notte. L’anno successivo alla semina, tra metà febbraio e aprile, si otterranno le zampe dalle quali impiantare l’asparagiaia.
Impianto e manutenzione
L'impianto si effettua in autunno o all'inizio della primavera a partire dalle zampe che sono costituite da rizoma, radice e gemme e si interrano ben coperte a circa 20 - 30 cm. Le zampe di buona qualità devono avere sviluppo omogeneo e grosse radici color bianco crema, turgide e sane. L'impiego di protezioni nel periodo gennaio-febbraio consente una maggiore precocità, l'ottenimento di turioni di migliore qualità e un anticipo delle lavorazioni e delle raccolte. Negli anni successivi all'impianto, nel periodo autunnale bisogna ricoprire le zampe con uno strato di terra di 8-10 cm prelevato dagli arginelli a fianco delle file, per consentire il progressivo livellamento del terreno che andrà completato al termine del terzo anno, e il rinnovamento dell'apparato radicale che tende a salire in superficie. Negli impianti per asparago bianco, a partire dall'inverno del terzo anno si rincalzano le zampe preparando cumuli, per consentire lo sviluppo di turioni completamente bianchi di almeno 20-25 cm di lunghezza. La pacciamatura nera, fissata al suolo con terra, incrementa la precocità di produzione, facilita il controllo delle infestanti e consente il mantenimento di temperatura e umidità ideali.
Nell’autunno successivo si tagliano le infiorescenze nate dalle zampe; si scalza un po’ la terra che, miscelata con letame maturo, si ripone sulla fila creando dei piccoli dossi. Ciò serve per apportare sostanze fertilizzanti e per imbianchire i turioni quando, nella successiva primavera, cominceranno a spuntare. Solo alla fine del terzo anno si può avere una discreta raccolta: 4-5 turioni al mese per zampa. È importante fare ogni anno una concimazione organica e stare attenti all'apporto idrico; in estate infatti il consumo di acqua è notevole e si deve bagnare il terreno ogni volta che è asciutto. Nel resto dell'anno è consigliabile irrigare nelle stagioni più secche 2 o 3 volte la settimana, la sera o la mattina, mentre è da evitare durante la raccolta, che può andare da metà marzo a metà giugno. Per i trapianti, che si eseguono tra novembre e marzo, si preferiscono zampe di uno-due anni, più longeve, di pronta ripresa vegetativa e in grado di garantire un migliore attecchimento. Le piantine di 50-60 giorni si pongono a dimora in maggio-giugno. Si scavano solchi larghi 40-60 cm e profondi 20-30 cm, separati da argini di larghezza variabile fra 100 e 200 cm, a seconda che si utilizzino varietà verdi o bianche. I trapianti più superficiali consentono una maggiore precocità, ma determinano turioni di minor spessore, e si consigliano in terreni sciolti o sabbiosi. Le profondità maggiori vanno evitate su suoli pesanti, freddi o mal drenati.
Le zampe vengono poste nei solchi a una distanza di 30-50 cm l'una dall'altra e ricoperte con uno strato di 10 cm di terra, con densità variabile fra 2-3 piante/mq negli impianti a fila semplice e 1-1,5 piante/mq negli impianti di coltivazione dell'asparago bianco. Densità maggiori si riservano agli impianti a file accoppiate e a quelli realizzati con piantine da trapianto.
Raccolta
Quando la temperatura del suolo a livello del rizoma raggiunge i 10 - 12°C la pianta inizia a emettere i turioni, germogli carnosi di colore bianco o verde violaceo. I turioni si raccolgono quando sporgono 8 - 10 cm dal terreno, senza strappare, con un apposito coltellino. È bene moderare la raccolta a un paio di asparagi per pianta nei primi 2 anni per permettere alle zampe di ampliare l’apparato radicale. Si recidono i turioni il più vicino possibile alla base per non creare monconi che, marcendo, potrebbero portare al deperimento di tutta la pianta. Si infila nel terreno il coltello con la lama in obliquo, avvicinandosi al turione alla profondità alla quale si presume sia generato, eventualmente muovendo delicatamente il terreno sotto le piante. Il taglio va fatto prima che la punta perda la caratteristica forma appuntita con le squame ancora aderenti l'una all'altra.
Il ciclo della piante si divide in tre fasi: • Allevamento; nei primi due anni il raccolto è limitato e si ha un forte sviluppo vegetativo • Fase produttiva; dal terzo anno la produttività cresce fino ad assestarsi attorno al quarto anno per rimanere costante fino al decimo circa • Fase decrescente; dal decimo anno in poi i raccolti iniziano a decrescere.
ORIGANO
fonte : http://www.giardinaggio.org/origano.asp ’origano appartiene alla famiglia delle Labiate, al genere Origanum ed alla specie vulgare. È una pianta erbacea perenne, alta 50-60 cm, con un portamento eretto, fusti legnosi alla base, ramificati superiormente, a sezione quadrangolare, pelosi e di un colore verde tendente al rosso; le radici sono dei rizomi di consistenza fibrosa. Le foglie sono opposte, piccole, di una forma ovale allungata, brevemente picciolate, di colore verde tendente al grigio, con i bordi pelosi e lievemente seghettati. I fiori sono ermafroditi, piccoli, di colore bianco-rosato, con delle brattee rosse e riuniti in infiorescenze a pannocchia localizzate all’apice dei fusti. La fioritura si verifica da luglio fino ad inizio autunno, l’impollinazione è entomofila, operata prevalentemente da api e farfalle; i fiori, inoltre, costituiscono una fonte di cibo per gli uccelli. Il frutto è un achenio contenente i piccoli semi che maturano nei mesi di settembre ed ottobre. Le foglie e le infiorescenze emanano il profumo intenso caratteristico dell’origano e costituiscono le parti di pianta utilizzate.
Clima e terreno
L’origano preferisce i climi temperati caldi, però si adatta anche a quelli temperati freddi in quanto resiste bene agli inverni rigidi, sopportando temperature di alcuni gradi sotto lo zero. Le esposizioni migliori sono gli ambienti completamente soleggiati e ben areati, nelle aree ombreggiate diminuisce la produzione e la qualità dell’olio essenziale, quest’ultima è esaltata in prossimità dei litorali. L’origano predilige i terreni sciolti, di medio impasto, fertili, asciutti, calcarei, ben drenati e con una buona dotazione di sostanza organica, vegeta bene anche sui suoli aridi e sassosi, mentre rifugge quelli compatti in quanto risultano sensibili ai ristagni idrici. È una specie originaria del bacino del Mediterraneo, ove cresce allo stato spontaneo dalla pianura fino ad un’altitudine di 1200 m, nel nostro Paese è diffuso più o meno in tutto il territorio.
Propagazione
L’origano si moltiplica per seme e per via vegetativa per divisione dei cespi e per talea. La semina può avvenire direttamente in campo nel mese di aprile, però i tempi della germinazione sono piuttosto lunghi, ed in semenzaio a febbraio-marzo. Nel secondo caso i semi si mettono in contenitori con un substrato leggero e fertile che deve essere inumidito, in seguito vanno mantenuti al buio per favorire la germinazione, mentre all’emergenza delle piantine, si aumenta la luminosità; verso l’inizio di maggio le piantine sono pronte ad essere trapiantate. Le talee vengono prelevate ad inizio estate sui germogli dell’anno non fioriferi alla base della pianta, si pongono in un substrato costituito da sabbia e torba in parti uguali. Una volta avvenuta la radicazione le piantine sono pronte ad essere trapiantate, anche in autunno. La divisione dei cespi si effettua sfruttando la buona capacità di radicazione dei fusti in prossimità dei nodi quando sono a contatto col terreno.
Tecniche di coltivazione
L’origano viene coltivato negli orti e nei giardini famigliari, in pieno campo ed in vaso all’aperto.
Le distanze d’impianto tra le file sono di 60-70 cm e sulla fila di 20-30 cm, con un investimento di 5-8 piante/mq. Nel caso in cui si effettua la semina diretta in piena terra una volta che le piantine sono alte 5 cm va eseguito il diradamento. Il ciclo di coltivazione dell’origano si protrae da 4 a 8 anni. Il controllo delle erbe infestanti negli orti e nei giardini famigliari si esegue effettuando delle scerbature manuali, mentre su coltivazioni in pieno campo si ricorre a delle sarchiature tra le file, utili anche a rompere la crosta superficiale in modo da arieggiare il terreno. La concimazione consiste nell’apportare del letame maturo durante la preparazione del letto di semina, negli anni successivi si somministrano l’azoto alla ripresa vegetativa, mentre fosforo e potassio vengono distribuiti a fine inverno. L’irrigazione si effettua una volta avvenuto l’impianto e dopo ogni sfalcio durante l’estate. L’origano è una pianta è poco soggetta ad attacchi di parassiti, però se coltivata su terreni soggetti ai ristagni idrici può essere colpita dai marciumi radicali; tra gli insetti si ricordano le cicaline e l’afide nero.
Raccolta
Nel caso di una coltivazione in pieno campo viene raccolta la pianta intera eseguendo degli sfalci poco al di sopra del colletto, l’operazione si svolge due volte all’anno: a luglio e a settembre-ottobre, poco prima della schiusura dei fiori. L’olio essenziale viene estratto per lo 0,2-0,3 % mediante la distillazione in corrente di vapore. L’essiccazione dell’intera pianta avviene in ambiente riparato dalla luce, asciutto e con una buona circolazione d’aria.
MENTA
fonte: http://www.giardinaggio.it/giardino/aromatiche/coltivazione-menta.asp
Si tratta di una pianta perenne la cui altezza varia dai 40 ai 60 cm, con fusto legnoso e colore variabile dal verde al violaceo. I fiori sono quasi sempre sterili, con colore bianco oppure violetto e foglie dall'odore intenso e molto gradevole.
Esistono numerose varietà di menta, tra le quali la più comune e conosciuta risulta essere la menta piperita, un ibrido tra la Menta acquatica e la Menta viridis.
Oltre alla menta piperita troviamo la cosiddetta menta nera, una varietà ricca di oli essenziali e con un penetrante aroma, sebbene il contenuto di mentolo sia inferiore rispetto alla Mentha piperita pallescens (varietà bianca).
La menta è stata impiegata per secoli a partire da civiltà antiche come egizi e romani. Questa comunissima pianta viene spesso impiegata non solo nell'industria dolciaria e culinaria come correttivo dei sapori, ma anche nell'industria farmaceutica e nella cosmesi. Diffusissimo anche l'impiego in campo medico grazie alle proprietà digestive, diuretiche, rinfrescantti, antisettiche, antispasmodiche e coleretiche.
Recenti ricerche dimostrano l'utilità di tisane e decotti di menta nel migliorare disturbi femminili, soprattutto di natura ormonale. La menta sembra capace di abbassare il livello di ormoni maschili nel sangue, oltre a ridurre la'eccesso di peli sul corpo della donna.
Il mentolo in essa contenuto possiede inoltre un'azione analgesica nonchè proprietà sedative utili per contrastare il mal d'auto e il mal di mare. Insonnia, debolezza, problemi digestivi e diarrea possono essere altresì contrastati assumento decotti o tisane preparate con foglie di menta.
Coltivare qualche pianta di menta può risultare indubbiamente utile, soprattuttograzie alle proprietà benefiche della stessa. La coltivazione non richiede particolari conoscenze e può avvenire tranquillamente anche in vaso, utilizzandola sia per golose ricette che per la preparazione di infusi e tisane curative.
COME COLTIVARE UNA PIANTA DI MENTA
La menta piperita è una pianta perenne che si adatta a qualsiasi clima, tanto che è possibile trovarla addirittura in Kenya e in Alaska. Non necessita nemmeno di una costante esposizione al sole, sebbene i luoghi luminosi favoriscano una maggiore concentrazione di oli essenziali.
Pur non avendo particolari necessità, è sconsigliato coltivarla in terreni argillosi o troppo umidi, soprattutto perchè l'umidità ed il ristagno idrico favoriscono la comparsa di malattie fungine. Sono da preferirsi terreni fertili e freschi, avendo cura di svolgere una rotazione delle piante di menta, in modo che non si trovino sullo stesso terreno prima di 6-7 anni. Il pH del terreno dovrebbe essere neutro o leggermente acido, possibilmente ricco di humus. La menta predilige infatti terreni ricchi di sostanze organiche, è quindi consigliabile rinnovare il terriccio almeno una volta ogni 2 anni. Si tratta di una pianta longeva con crescita continua ed abbondante. La moltiplicazione avviene a partire dal mese di Giugno, mentre l'impianto andrebbe eseguito in autunno, oppure in primavera. Per eseguire l'impianto occorrerà prelevare degli stoloni, ovvero alcuni rami laterali delle piante di menta, i quali andranno interrati in solchi profondi nel terreno. La menta è una pianta particolare i cui semi hanno una germinabilità piuttosto bassa, tale da richiedere una moltiplicazione vegetativa, da effettuarsi mediante la riproduzione di parti della pianta. Oltre al sopracitato impianto per stoloni sarà possibile procedere con la moltiplicazione per talea di apici. In questo caso si tratta di prelevare alcuni apici della pianta dalla lunghezza di almeno 20-25 cm tagliandoli con una lametta affilata e disinfettata, in modo da non infettare i tessuti della pianta. Una volta tagliati, gli apici andranno immersi in una polvere rizogena in modo da consentirne la radicazione. Successivamente prenderemo un vaso contenente torba e sabbia e, dopo aver fatto tanti buchi quante sono le talee potremo procedere alla loro sistemazione, avendo cura di ricompattare con delicatezza il terriccio una volta terminato l'impianto. Potremo quindi mettere un foglio di plastica o un sacchetto sul vaso in modo da proteggere le piante, attendendo lo spuntare dei primi germogli.Una volta ottenute piante sufficientemente grandi potremo trapiantarle a terra oppure in un vaso. Come fertilizzante si potrà utilizzare del letame. La menta piperita è infatti una pianta che esige terreni ricchi di sostanze organiche, soprattutto azoto e potassio. E' proprio grazie a queste sostanze che la pianta è capace di accrescere la produzione di foglie e di oli essenziali. Perchè la pianta si mantenga in ottime condizioni tutto l'anno, ricordiamo di mantenere il terreno sufficientemente umido e di procedere alla concimazione in primavera, almeno una volta ogni 2-3 anni.
Goji
fonte : http://www.realizzazionegiardini.org/i-consigli-del-giardiniere-dettaglio.php?consiglioId=4
Da un po’ di tempo non si sente parlare d’altro. Le bacche di Goji sono più che sulla, nella bocca di tutti. Tormentone delle nuove tendenze al prendersi cura di sé in modo naturale o meno, la pianta di Goji genera bacche dalle ormai note proprietà benefiche per la salute. Vengono dall’estremo oriente e crescono spontaneamente in Cina, Tibet, Mongolia e sul monte Hymalaia.
Proprio per il grande interesse generato, anche in Europa si è iniziato a coltivarla. Il Goji è una pianta da frutto delicata, ma non impossibile da piantare e far crescere anche con i nostri climi. Le bacche si presentano di un bel colore rosso vivo o arancione intenso, un ottimo modo per dare un po’ di colore al giardino. Il loro prezzo, poi, è un incentivo invitante per intraprenderne la coltivazione. Si parla di 85,00 € circa il Chilogrammo, che con un po’ di pazienza e attenzione potrebbero essere risparmiati.
Proprietà delle bacche di Goji.
Conosciuta anche come albero della giovinezza, o diamante rosso, le sue proprietà sono state dimostrate anche da studi scientifici. Esse spaziano da un benefico rallentamento degli effetti dei radicali liberi, per l’elevato contenuto di antiossidanti naturali, nonché come aiuto nel caso di tumori della pelle. Contengono una quantità di Vitamina C di ben 500 volte superiore alle arance, sono ricche di calcio, ferro e proteine.Stimolano il metabolismo, il sistema immunitario e la produzione di energia, aiutano il sonno e la memoria. Grazie alla presenza di betacarotene, di luteina e di zeaxantina, si rivelano assai utili per la vista. Sono ricche di vitamine del gruppo B, di sali minerali e anche di acidi grassi essenziali. Parrebbe che abbiano anche proprietà anti-infiammatorie e che donino un effetto afrodisiaco. Insomma, molti benefici tutti in un’unica piccola e preziosa bacca.
Un peccato non mangiarle o non utilizzarle per tisane, frullati, marmellate e via dicendo. La razione consigliata sarebbe di 15 grammi al giorno. Per questo ora vediamo in dettaglio come poterne godere in casa nostra.
Come piantare e coltivare le bacche di Goji.
La pianta di Goji, essendo un albero da frutto, cresce in forma arbustiva. Per questo dobbiamo tenere presente che avrà bisogno di spazio per sviluppare le radici. Può crescere fino a 2 o 3 metri in altezza, quindi, se viene piantata in vaso, questo deve essere abbastanza grande da poterle garantire vita e stabilità.Per ottenere delle bacche di qualità, è preferibile scegliere le varietà biologiche.
Le foglie, strette e lunghe, cambiano di intensità di verde a seconda delle stagioni: più cariche d’inverno ma più chiare d’estate.
La pianta di Goji, per crescere al meglio, predilige un terreno sabbioso e ben drentato. Argilla e torba sono perfette, poiché assicurano il mantenimento dell’umidità nel terreno e la leggerezza necessaria alle radici. La luce aiuta la crescita, per cui è bene posizionarla dove ci sia esposizione solare. L’albero della giovinezza può essere piantato sia in giardino, dove possiamo sfruttarlo per creare anche delle belle e diversificate siepi, sia in vaso, in casa o sul balcone. Resiste anche alle temperature rigide, anche se è sempre meglio durante l’inverno coprirla con del nylon o portarla in casa.
Semina delle bacche di Goji
Che si decida di collocarle in giardino o piantarle in vaso, per la semina del Lycium Barbarum o chinese, questi nomi delle piante che li generano, si possono trovare facilmente i semi nei vivai. Un’altra soluzione è quella di prendere direttamente qualche bacca, di aprirla con cautela (sono molto piccole, quindi attenzione) e seminare i piccoli semi in una terra povera, senza concime. Il periodo consigliato per la semina delle bacche di Goji è la primavera, ma possiamo approfittare del calore casalingo per seminare le bacche miracolose anche durante i mesi meno caldi.Se invece si sceglie di comprare direttamente la pianta, subito dopo l’acquisto è consigliato travasarla o in un vaso più grande, o in giardino, purché possa avere spazio per crescere. Per fare questa operazione, è necessario verificare innanzitutto se la pianta ha sete. Se le radici fossero secche, è sufficiente immergerle per poco in un secchio contenente acqua tiepida. Dopo aver reimpiantato il Goji, procediamo ad innaffiare, per assicurarci che il terreno sia ben umido, ma niente ristagni nel sottovaso, se scegliamo questa soluzione.
Prima della fioritura, lasceremo asciugare il terreno tra un’innaffiatura e l’altra e, per aiutare lo sviluppo vegetativo, possiamo somministrare del concime organico, magari liquido, ogni 15 giorni. Il Goji fiorisce nei mesi estivi, tra maggio e luglio. In questo periodo è consigliato annaffiare la pianta di frequente, senza abbondare eccessivamente di volta in volta. Consigliamo di eseguire una potatura verso fine maggio, per garantire frutti di più grandi dimensioni.
Se le piante sono coltivate indoor, è bene spostarle all’aperto, per favorire la fioritura.
I frutti completano la maturazione a fine estate, periodo ideale per la raccolta. La pianta delle bacche di Goji raggiunge la piena maturità dopo 4 o 5 anni. Poiché ha le spine, per non rischiare di graffiarsi o pungersi durante la raccolta dei frutti, consigliamo di indossare i guanti, anche per non scolorire i frutti.
Che vengano consumate fresche o fatte essiccare, le bacche di Goji conservano integri i propri benefici. Nel secondo caso, possono durare anche un anno, cioè fino al successivo raccolto.
MELISSA
fonte: http://www.giardinaggio.it/giardino/aromatiche/melissa/melissa.asp
pianta erbacea perenne, che raggiunge un'altezza di 60-70 cm, originaria dell'Europa e dei paesi che si affacciano sul mediterraneo. Costituisce densi cespi tappezzanti di fusti sottili, a sezione quadrata, che portano numerose foglie di colore verde chiaro, opposte, appuntite, a forma di cuore, con margine finemente dentellato, rugose. L'intera pianta è ricoperta da una leggera peluria; in estate all'ascella fogliare sbocciano numerosi fiorellini tubolari di colore bianco rosato. Le foglie e i fiori hanno un intenso profumo di limone, le foglie vengono molto utilizzate in insalata oppure nelle minestre, ma in quantità non eccessiva, per non coprire gli altri profumi dei piatti. Con la melissa si preparano anche ottimi liquori e le foglie essiccate vengono utilizzate nei pot-pourri per profumare l'ambiente.
Esposizione
questa pianta è molto resistente e rustica e si sviluppa senza problemi in qualsiasi posizione, preferendo le posizioni semiombreggiate, ma che godono dei raggi diretti del sole per alcune ore al giorno. Non teme il freddo.
Annaffiature
la melissa non necessita di grandi quantità d'acqua, anche se raccolti maggiori si possono avere annaffiando regolarmente la pianta con moderate quantità d'acqua, evitare gli eccessi. Volendo si può concimare con del concime specifico per piante verdi, nel periodo che va da marzo a settembre.
Terreno
ama i terreni sciolti, profondi, ricchi e ben drenati, anche se cresce in qualsiasi terreno.Generalmente le piantine di melissa si pongono a dimora all'inizio dell'autunno o in primavera; si possono coltivare in contenitore ma vista l'attitudine a tappezzare il terreno si preferisce solitamente coltivarle in piena terra.
Moltiplicazione
avviene per seme o per divisione delle radici rizomatose; le porzioni così prodotte vanno direttamente poste a dimora.Ulteriori informazioni su: Melissa - Melissa officinalis - Aromatiche http://www.giardinaggio.it/giardino/aromatiche/melissa/melissa.asp#ixzz2xFHoo5K2
TIMO
TIMO fonte : http://giardinaggioweb.net/posts/7812-la-coltivazione-del-timo-cure-e-particolarita
Famiglia: Lamiacee o Labiate Com’è fatto: esistono numerosissime specie (un centinaio spontanee solo in Italia, tra cui il serpillo, a cui vanno aggiunte numerosissime varietà con profumi diversi) difficilmente distinguibili tra di loro, anche per gli esperti botanici, ma dalle medesime proprietà. È un arbusto nano perenne, molto aromatico e riccamente ramificato. Gli steli, ascendenti e lignificati alla base, hanno sezione quadrata. Le foglie, sempreverdi, sono opposte e piccolissime (4-8 mm di lunghezza), a forma lineare-ellittica; sono pelose sulla pagina inferiore e biancastre alla base. I piccoli fiori sono riuniti in spighe di colore bianco, rosa o lilla. Le diverse specie differiscono tra loro per aspetto e forma delle foglie. Dove si coltiva: in tutta Italia indifferentemente in vaso o in piena terra, soprattutto in roccaglia o su muretti a secco; non teme né il gelo né il caldo torrido. Come si coltiva: in vaso di plastica nel Nord Italia e di terracotta nel Centro-Sud, di diametro minimo 20 cm (la crescita è molto lenta, ma tende ad allargarsi in orizzontale). Il terreno deve essere sabbioso e povero, sempre molto ben drenato; può andar bene anche il terriccio per piante grasse. Necessita del pieno sole o una leggera mezz’ombra. Va annaffiato solo dopo l’impianto in piena terra e con regolarità e moderazione ogni estate se vive in vaso. Gradisce (ma non è indispensabile) una concimazione con letame maturo o stallatico secco in autunno. Si moltiplica per seme. Sull’arco alpino durante l’inverno se la posizione non è riparata e soleggiata, è bene pacciamare la base con foglie secche. Come si usa in cucina: sia fresco sia secco (usatene meno perché è molto più intenso), intero o sminuzzato. Qualche fogliolina fresca insaporisce insalate e formaggi, mentre i fiori vivacizzano le tartine con formaggio cremoso, e le insalate estive di riso o di verdure. Essiccato, si unisce a brodi, minestre, zuppe, tortelli e risotti, alle marinate di pesce e di carne, ai ripieni di cacciagione, alle uova, a pane e pizze, e alle verdure, funghi compresi. È preferibile l'aggiunta a fine cottura, per conservarne l'aroma. Secco e tritato si miscela al sale; fresco e intero profuma i liquori. Altri usi: rametti freschi appesi nelle stanze o piantine sui davanzali scacciano mosche e zanzare. Curiosità: nel Rinascimento serviva ad allontanare la peste, perché era uno dei componenti (assieme a rosmarino, salvia, lavanda, aglio, ruta e canfora) dell'aceto dei quattro ladroni, una mistura con cui si disinfettavano coloro che depredavano le case degli appestati e gli stessi cadaveri, risultando, grazie a essa, immuni dal contagio.
LAVANDA
fonte: http://www.giardinaggio.it/giardino/aromatiche/coltivazione-lavanda.asp
La lavanda è una pianta erbacea che si sviluppa in forma di arbusto, non raggiunge grandi dimensioni (in genere arriva ad una altezza massima di mezzo metro) ma tende a svilupparsi molto in larghezza, infatti la sua ramificazione la rende una pianta molto folta partendo già dal livello del terreno.
Le sue foglie sono posizionate rispetto allo stelo in maniera opposta le une alle altre e sono di forma acuta; mentre alla base dell'arbusto sono molto fitte diventano più rade e disposte in maniera lineare verso la punta dei rami. Le spighe della lavanda hanno la caratteristica forma peduncolata mentre i frutti si trovano all'interno del calice persistente.
Esistono moltissime varietà di lavanda, circa una quarantina, che differiscono tra loro per caratteristiche estetiche, per dimensioni, intensità del profumo e colorazione, ma mantengono la loro resistenza e la loro capacità di fiorire e svilupparsi anche in situazioni di clima arido e in assenza quasi totale di acqua.
Anche per quanto riguarda le caratteristiche medicinali della lavanda rimangono inalterate anche al variare della specie.
Ambiente lavanda
L'habitat adatto alla lavanda è molto vario proprio a causa della sua resistenza anche in condizioni climatiche avverse, si tratta di una pianta rustica e cresce spontaneamente in particolare in collina, dove i terreni sono aridi e sassosi.
Si può trovare praticamente in tutta Italia, in particolare sul versante tirrenico, lungo tutta la zona collinare adiacente agli Appennini (dalla Liguria fino alla Sicilia) ad altitudini comprese tra 800 e 1500 mt sul livello del mare. Se coltivata a livello industriale può arrivare a coprire aree piuttosto vaste, anche pianeggianti. La lavanda non teme il caldo e nemmeno il freddo, anche se è d'obbligo utilizzare qualche accortezza nel caso si verifichino delle massicce gelate. La lavanda diventa particolarmente rigogliosa se piantata in zone ben esposte al sole e ampiamente ventilate, non ha bisogno di molta acqua e anzi, la sua presenza massiccia può essere causa di ristagno che nuoce alla sua salute. La lavanda va innaffiata senza esagerare, è opportuno tra una innaffiatura e l’altra verificare che il terreno in cui cresce si sia completamente asciugato e una volta asciutto è meglio lasciar trascorrere qualche giorno senza acqua, in questo modo non si rischia di bagnare le piante troppo in abbondanza o troppo spesso. Per quanto riguarda il terreno, la lavanda non necessita che il terreno venga concimato ma si può a discrezione scegliere di concimare leggermente nel corso del mese di aprile, quando ha inizio la stagione vegetativa.
Raccolta della lavanda
Per chi coltiva la lavanda il momento della raccolta è una fase molto delicata, perché per quanto la lavanda non necessiti di molte cure durante la coltivazione, ha invece un preciso rituale da seguire durante la raccolta. Generalmente si raccolgono tutte le sommità dotate di fiori che di norma vengono utilizzate dopo un procedimento di essicazione, da effettuare in un luogo chiuso, fresco, ombreggiato e molto ventilato per favorire un procedimento rapido che porti risultati ottimali. Se l’essicazione viene eseguita a regola d’arte le spighe floreali avranno la capacità di mantenere molto a lungo il proprio profumo.
I fiori di lavanda vengono quindi utilizzati per confezionare dei sacchetti profumati (piuttosto piccoli) da inserire nella biancheria, possono essere realizzati con sacchetti di carta o tela, oppure si possono realizzare delle composizioni da inserire in piccoli vasi di vetro dove si potrà unire l’elegante profumo della lavanda alla bellezza per il suo colore violetto molto caratteristico. Un’altra lavorazione a cui può essere sottoposta la lavanda è quella della distillazione a vapore per ottenere l’olio essenziale di lavanda utilizzando i fiori appena colti, se ne ottiene un liquido giallo, dal sapore amaro e dalla profumazione particolarmente intensa.
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Se amate la lavanda in particolare per il suo inconfondibile profumo è possibile coltivarla anche in casa e non soltanto in piantagioni, anche se può essere più laborioso rispetto alle coltivazioni in campo.
Dovere avere a disposizione una pianta, un luogo soleggiato per buona parte della giornata, un vaso grande, terriccio, sabbia e concime. Scegliete tra le diverse varietà di lavanda quella che preferite, indicativamente la più adatta ad essere coltivata in casa è la lavanda francese (che si riconosce dalle foglie seghettate) anche se si tratta della varietà meno profumata. Potete acquistare la pianta di lavanda direttamente presso un vivaio o un fiorista. Scegliete un vaso molto grande poiché la lavanda mal sopporta la costrizione, poi miscelate del generico terriccio con una generosa quantità di sabbia, aggiungete infine del concime di tipo calcareo e avrete creato il giusto habitat per la vostra pianta. Inserite la pianta con la sua terra originaria in centro al vaso e annaffiate con cautela. Ripetete l’innaffiatura soltanto quando la terra risulterà del tutto asciutta, la lavanda ama l’acqua ma il ristagno ne compromette seriamente la salute, quindi è meglio non eccedere. Scegliete quindi dove posizionare il vaso, è importante che il luogo prescelto sia molto ventilato per ricreare le condizioni climatiche presenti sulle colline, un balcone esposto verso le montagne potrebbe essere una buona soluzione. Altra condizione fondamentale è che il vaso sia in una zona ben soleggiata per molte ore durante la giornata, potete scegliere un balcone o una terrazza esposta a su oppure scegliere una zona all’interno della casa vicino a una finestra da cui la pianta possa essere ben irraggiata. Se scegliete di posizionare il vaso all’interno dell’abitazione sarà opportuno portarlo all’esterno verso la fine dell’estate scegliendo un luogo soleggiato ma al riparo, la lavanda necessita di un periodo di arieggiatura che ne stimoli la crescita. Inoltre se l’ambiente casalingo è caratterizzato da una scarsa umidità sarà opportuno mettere nel sottovaso della ghiaia da mantenere umida, questo espediente manterrà l’ambiente circostante alla pianta con la giusta umidità senza correre il rischio di danneggiare le radici con eccessive innaffiature che possono diventare letali causando marciume radicale a cui la lavanda è molto soggetta. Pertanto mantenete l’ambiente umido ma le radici della lavanda asciutte, scegliete un luogo esposto al sole e al vento e la vostra pianta crescerà rigogliosa e profumata. TOPINAMBUR
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