Piazza delle cento bombe

Creato il 05 aprile 2012 da Frankezze


Due le bombe in Piazza Fontana?
Una messa dai fascisti e una dagli anarchici? Non è una versione dei fatti assurda. È solo riduttiva: di bombe ce ne furono almeno nove. Possiamo spiegarvi quello che successe, grazie a una contro-inchiesta che – con un coraggio che è merce rara nel giornalismo italiano – mette insieme rivelazioni e mezze frasi carpite nei bar di Baggio (non il giocatore, ma il quartiere alla periferia ovest di Milano) da alcuni torturatori della Digos in pensione, documenti importanti come le copertine mai pubblicate dei dischi di Little Tony, la stesura originale de “La prima cosa bella” dall’archivio Nicola di Bari, e alcuni reperti finora sottovalutati come il mignolo netto dell’arcivescovo, con anello pastorale.

Premesso che concordiamo con le 9 milioni di fonti storiche e giornalistiche e testimoniali che ci hanno preceduto nella ricostruzione dei fatti, le quali affermano che la bomba che uccise fu piazzata da neofascisti italiani, in combutta con il Sid e con la benedizione del Patto atlantico. Ma quello che non si sa è che quel giorno altre otto bombe dovevano esplodere in Piazza Fontana, una per ogni partito dell’arco costituzionale. (Si era offerta di metterne una anche la Juventus, per via degli ottimi rapporti di Agnelli con Kissinger. Ma Boniperti fece tardi perché la sua 500 abarth fu pressa a sassate da un picchetto della Breda).

Sulla bomba messa dagli anarchici, è sufficiente l’inchiesta di Pippo Franco, sceneggiata da Pier Francesco Pingitore. Che ha poi ispirato Romanzo di una strage. Parliamo delle altre:

La bomba della Democrazia Cristiana. In una scatola di cioccolatini con l’immagine di Giovanni XXIII, era nascosto un pupazzo a molla di Amintore Fanfani. Chi avesse aperto la scatola si sarebbe visto spuntare il pupazzo, e avrebbe seminato il panico urlando per tutta la Banca dell’Agricoltura. Un tipo di terrorismo molto sofisticato. Ma i milanesi non erano ancora pronti. E poi furono distratti dall’esplosione dell’altra bomba di cui sopra.

La bomba del Partito Comunista. Dentro un’edizione in brossura delle memorie di Napolitano (che nel 1969 aveva già superato le 114 primavere) era nascosto un bozzetto a matita di Guttuso che ritraeva Nilde Jotti in pose antidemocratiche. Chi avesse visto il bozzetto, avrebbe seminato il panico urlando… (vedi “La bomba della Democrazia Cristiana”).

La bomba del Partito Socialista. Non sono giunte notizie sulla fattura e la potenza dell’ordigno preparato dalla segreteria socialista. Si sa solo che doveva portarla un giovane Gianni De Michelis. Ma la sera prima aveva fatto tardi a un concerto dei Camaleonti. Si svegliò nel 1970, in tempo per il golpe Borghese.

La bomba del Psdi, (partito socialdemocratico). Doveva passare come una valigetta piena di soldi, ma in ogni fascetta solo la prima e l’ultima erano vere banconote da cinquantamila, il resto esplosivo nella quantità giusta per fare il “botto” e dimostrare ai socialisti che c’era bisogno anche dei socialdemocratici se si volevano fare le cose per bene. Un’operazione pagata tutta dagli americani, come il Psdi stesso. Ma il quadro incaricato, a quanto pare il segretario del Psdi lombardo, passò tutta la notte a scollare le vere banconote dai congegni pronti a esplodere, se le intascò e con quella somma fondò il Partito Nazionalsocialdemocraticoautoritario. Si propose come un’ennesima scissione dal Partito socialista. In questa chiave riuscì ad ottenere corpose sovvenzioni dagli americani.

La bomba dell’Msi. Vedi la voce “Strage di Piazza Fontana“.

La bomba del Sudtirol Volkspartei. Era Ludwig von Schrörregger, forte bevitore di birra e fornitore di metano di tutta la Carinzia, era un’inesauribile fonte di gas naturale sulla quale avevano messo gli occhi i sovietici che vedevano in lui un’alternativa strategica all’arricchimento dell’uranio. Ludwig doveva visitare la fabbrica della Moretti, poi fare un salto alla banca dell’Agricoltura per fare una puzzetta dimostrativa, che avrebbe avuto un impatto pari a 34 bombe ananas. Ma lo rapirono prima i servizi segreti bulgari. Due settimane dopo, cinque bicchierini di vodka brindavano alla nascita della Gazprom.

La bomba del partito Sardo d’azione. Fortemente sconsigliata da Cossiga, che alle azioni dimostrative preferiva il sangue vero, la bomba del Ps d’Az era una forma di Gavoi con puntellata qua e là da semi di finocchio. Ma il Gavoi non ha semi di finocchio. Infatti erano grani di tritolo. Ma la mattina del 12 dicembre il militante Gavino Malloreddu non trovò il Gavoi che aveva lasciato nella valigia. Aveva preso una stanza nello stesso albergo del giovane Gianni De Michelis.

Un’ultima parola la vogliamo spendere per stigmatizzare la vergognosa campagna diffamatoria a cui è stata sottoposta per 40 anni la povera strategia della tensione. Una campagna condotta impunemente da certa stampa di sinistra. Gente che è tutta rimasta al loro posto, tra l’altro (spesso in giornali di destra, però). Se siamo arrivati fin qui invece lo dobbiamo solo alle stragi e alle bombe di Stato che hanno tenuto sul chi va là un Paese che si stava rilassando troppo. “Se mi rilasso, collasso”, avrebbe cantato un noto gruppo qualche anno più tardi.

Volevate una società fondata sui diritti? Ne avete avuto una fondata sui delitti. Forse con meno democrazia, ma con più scelta nel banco frigo.


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