Se qualcuno capitasse per caso nei cantieri di piazza Garibaldi e nella zona rinnovata aperta al pubblico e agli utenti delle Ferrovie, della Circumvesuviana e della Metropolitana, noterebbe sin da subito che l’intero slargo è privo sia di panchine, sia di cestini per la raccolta dei rifiuti.
lavori in corso in Piazza Garibaldi
Non è stata nemmeno inaugurata che piazza Garibaldi già riconferma ciò che voleva mutare. Essa sembrerebbe rimanere condannata ad essere una zona di passaggio, priva delle strutture minime che le consentirebbero di svilupparsi come un affollato luogo di ritrovo, di scambi sociali e di creatività cittadina. Per non parlare del disagio per anziani e disabili, i quali quotidianamente si scoprono a percorrere una enorme colata di cemento, senza poter usufruire di zone di sosta a riparo dal sole cocente che arroventa il manto stradale.
Mancano, inoltre, i servizi di raccolta rifiuti, al momento sostituiti da ceste colorate e lavoro vivo messi a disposizione dalle attività commerciali. Le assenze più considerevoli sono poi le fontane pubbliche (che stanno sparendo su tutto il suolo comunale), i vespasiani, i quali dovrebbero essere totalmente gratuiti e accessibili a tutti; ma, soprattutto, una progettazione efficiente di canaline di scolo e dislivelli del suolo calpestato, soluzioni banali che consentirebbero, nelle giornate di maltempo, di non trasformare i marciapiedi in una “Venezia dell’acqua alta”, e all’acqua piovana di defluire, invece di trasformarsi in un più serio pericolo per il quartiere.
Cosa farà l’amministrazione comunale? Agirà per tempo o attenderà la fine dei lavori, quando gli interventi costeranno il doppio alla cittadinanza?
Tremiamo a vedere presto profilarsi per piazza Garibaldi il destino riservato, ad esempio, per il Centro Direzionale, il quale dall’orario di chiusura dei negozi si trasforma in una landa desolata, pericolosa al passaggio e luogo ideale per la promozione delle attività illegali e criminali.
Maggiore sicurezza e più alta qualità della vita vanno ricercate nella pianificazione intelligente della cosa pubblica, dunque, a partire dalla creatività del nostro popolo e non dai circoli di videosorveglianza e dalle camionette militari agli angoli delle strade.