Piccole bugie tra amici (Francia 2010) Titolo originale: Let petits mouchoirs Regia: Guillaume Canet Cast: François Cluzet, Benoît Magimel, Marion Cotillard, Gilles Lellouche, Laurent Lafitte, Jean Dujardin, Pascale Arbillot, Valérie Bonneton, Anne Marivin Genere: 30 something Se ti piace guarda anche: L’ultimo bacio, Le premiere jour du reste de ta vie, Non dirlo a nessuno, Compagni di scuola, Il grande freddo
Da come gira una scena in un locale notturno, si può capire molto riguardo al talento di un regista. Guillaume Canet decide di aprire le sue Piccole bugie tra amici in una discoteca dove sta suonando Are you gonna be my, prima ma anche unica hit degli australiani Jet, one-hit-wonder-band che ha da poco ufficializzato il suo scioglimento. Non credo nessuno sentirà molto la loro mancanza, però quel singolo spaccava e spacca ancora usato qui colonna sonora ottima per una intro di film devastante. Protagonista della scena: Jean Dujardin. Grande, cazzo. Premio Oscar per The Artist nelle vesti del mitico George Valentin che qui è in primo piano giusto in un paio di sequenze, ma entrambe sono memorabili. Una grande apertura che si va ad aggiungere ad altre memorabili scene ambientate in un locale, di quelle che fanno capire il talento di un regista di cui dicevo prima: la fulminata disco de Il cigno nero realizzata dal pazzesco Darren Aronofsky, il viaggio allucinato nella notte di Tokyo di Enter the Void di Gaspar Noé, i Wachowski di Matrix, l’unica scena interessante dell’altrimenti mediocre Biutiful con cui Alejandro González Iñárritu conferma pur nel suo film peggiore il suo talento visivo, e poi quella gran ficata di sequenza dentro il nightclub in Collateral di Michael Mann.
"Ma che ci faccio io che sono quasi vecchio in mezzo a questi quasi giovani?"
La storia del film non è tutta questa storiona originale o mai vista. La pellicola gira più che altro intorno a un gruppo di amici, tutti trentenni o più, tranne l’infiltrato François Cluzet, il “quasi amico” un po’ più vecchiotto che funge per gli altri da “quasi padre”. Uno di loro, chissà chi, finisce all’ospedale, però gli altri decidono in maniera un attimino egostica di partire comunque per le già pianificate vacanze estive. Che devono ‘sta a fa’? Devono guardare il malato in ospedale? Eh no, dai, meglio attendere che si riprenda mentre loro si godono sole & mare durante una bella vacanzina. È qui però dove, alla faccia del periodo di relax, scoppiano le tensioni e le crisi irrisolte del gruppo di amici. Uno confessa all’altro di provare qualcosa per lui, uno (l’uomo più inzerbinito mai visto!) non fa altro che parlare della ex che si sta per sposare con un altro, un paio sono sposati (più o meno infelicemente) con figli, un paio d’altri non riescono a mantenere una relazione stabile, tutti sembrano presi dalle proprie vite e dalle proprie bugie e fissazioni. Eppure l’amicizia li unisce sempre. O no?Guillaume Canet, anche attore e anche e soprattutto marito di Marion Cotillard, c’ha preso gusto con la regia dopo il da noi inedito Mon idole e il thriller Non dirlo a nessuno e qui compie un ulteriore passo in avanti nel suo percorso cinematografico. Se ieri parlando del film precedente dicevo che non aveva ancora trovato un sentiero tutto suo, con questo sembra averlo già imbroccato, sebbene rimanga ancora un po’ confuso su quale direzione precisa prendere. Il che non è per forza un male. Il suo è un cinema vivo, contaminato, alla costante ricerca di stimoli e idee. Un cinema in evoluzione. Laddovè con Non dirlo a nessuno remixava il thriller con il melò, qui ci troviamo in una giusta combinazione di commedia e dramma. Una storiona d’amicizia e di crisi esistenziali tra 30/40anni non particolarmente simpatici della medio-alta borghesia parigina, che ricorda una variante francese de L’ultimo bacio. Giusto con meno corse e urla tipicamente mucciniane. Ad esempio, il personaggio di François Cluzet (attore che continua a convincermi sempre più) è nervosissimo, quasi più di Stefano Accorsi. Non raggiunge i suoi livelli di parlata epilettica, però non è messo molto bene pure lui e tocca il suo apice di follia in un momento alla Shining! Anche se, per i suoi toni dolceamari, il film ha finito per ricordarmi più che altro Compagni di scuola di Carletto Verdone e naturalmente il modello originale, Il grande freddo.
"Merd! Qui non c'è la connessione!
Come facciamo a sapere cosa ne pensa Cannibal di noi?"
Un film fiume, straripante, molto ma molto radical-chic, con una galleria di personaggi più da odiare che da amare, eccessivo nella sua lunghezza (oltre 2h e 30min) ma che dall’inizio alla fine riesce a essere sempre coinvolgente e a non annoiare. Non è una piccola bugia tra amici cannibali. È una grande verita. (voto 7,5/10)