Un gazebo con una superficie di 200 metri quadrati, un deposito per attrezzi e derrate, una tenda con una superficie di 55 metri quadrati, la realizzazione di un chiosco per la vendita di cibi e bevande. Ciò che accomuna queste piccole costruzioni tra loro è la necessità di ottenere un permesso di costruire.
A sancirlo sono state una serie di sentenze che, in tempi recenti, hanno definito quali interventi particolari richiedono il permesso di costruire.
Gazebo
Iniziamo con l’installazione del gazebo da 200 mq da adibire a punto vendita per arredi da giardino.
Con sentenza n. 1569 del 15 marzo 2013, il Consiglio di Stato ha sancito che “deve ritenersi pacifico, in primo luogo, che la collocazione dei manufatti di cui trattasi debba definirsi nuova costruzione, ai sensi e per gli effetti dell’art. 3, comma 1, lettera e) del testo unico per l’edilizia“.
I giudici di Palazzo Spada scrivono, infatti, che la norma specifica dettagliatamente le caratteristiche dell’intervento, qualificabile nei termini sopra indicati, anche con riferimento – al punto e.5) – alla “installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati e di strutture di qualsiasi genere, quali roulotte, camper, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee”.
Appare evidente pertanto come il gazebo sia da qualificare come nuova costruzione, indipendentemente dalle caratteristiche di amovibilità e di visibilità dello stesso, in quanto comunque destinato ad uso stabile, connesso all’attività commerciale svolta sull’area.
Per questo motivo, il gazebo in questione deve essere edificato previa concessione del permesso di costruire.
Deposito attrezzi e tenda
La realizzazione di un deposito per attrezzi e derrate dotato di pareti perimetrali in muratura allo stato grezzo e di copertura in lamiera e l’installazione di una tenda per 55 mq. con copertura laterale ed anteriore e sistema di ancoraggio al suolo attraverso sette pali cementati al calpestio e sei travi metalliche bullonate alla parete, utilizzata per la somministrazione di bevande ed alimenti sono entrambi manufatti da realizzarsi tramite rilascio del permesso di costruire.
A sancirlo sono due sentenze del Tribunale amministrativo della Regione Campania. Nello specifico il TAR Campania, sez. I Salerno, sentenza n. 612 dell’8 marzo 2013 e il TAR Campania, sez. IV Napoli, sentenza n. 1519 del 19 marzo 2013.
Chiosco in legno
Anche la realizzazione di un casotto in legno da destinare ad attività di vendita di bevande e cibi confezionati richiede il rilascio del permesso di costruire.
La decisione è stata presa dal TAR Campania con la sentenza n. 1626 del 25 marzo 2013.
Nell’occasione i giudici hanno affermato che ai sensi dell’art. 6 del testo unico edilizia “sono eseguiti senza alcun titolo abilitativo: … b) le opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee e ad essere immediatamente rimosse al cessare della necessità e, comunque, entro un termine non superiore a novanta giorni”.
La giurisprudenza ha avuto modo di affermare al riguardo che, ai fini dell’esenzione del permesso di costruire, l’opera deve essere destinata “ad un uso realmente precario e temporaneo, per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, con conseguente e sollecita eliminazione, non essendo sufficiente che si tratti eventualmente di un manufatto smontabile e/o non infisso al suolo” (Cass. penale, sez. III, 21 giugno 2011, n. 34763).
“In primo luogo, non rileva dunque il carattere stagionale del manufatto realizzato, atteso che esso non implica la precarietà dell’opera, potendo essere la stessa destinata a soddisfare bisogni non provvisori attraverso la perpetuità della sua funzione; né rileva a tale riguardo la circostanza che l’impiego del bene sia circoscritto ad una sola parte dell’anno, ben potendo la stessa essere destinata a soddisfare un bisogno non provvisorio ma regolarmente ripetibile e dunque ciclico e continuativo (TAR Puglia Bari, sez. II, 31 agosto 2009, n. 2031; TAR Emilia Romagna Bologna, sez. II, 14 gennaio 2009, n. 19; TAR Lombardia Brescia, sez. I, 22 settembre 2010, n. 3555).
In questa direzione non implica precarietà dell’opera e richiede, pertanto, il permesso di costruire, il carattere stagionale ossia l’utilizzo annualmente ricorrente della struttura stessa, potendo quest’ultima essere destinata a soddisfare bisogni non provvisori attraverso la permanenza nel tempo della sua funzione (Cass. penale, sez. III, 21 giugno 2011, n. 34763; Cons. Stato, sez. IV, 22 dicembre 2007, n. 6615).
La stagionalità, dunque, qualora sia al servizio di un’attività perdurante nel tempo va qualificata costruzione ai sensi del testo unico sull’edilizia (TAR Liguria, sez. I, 27 gennaio 2009, n. 119).
In secondo luogo, il carattere di precarietà di una costruzione non va desunto dalla possibile facile e rapida amovibilità dell’opera, ovvero dal tipo più o meno fisso del suo ancoraggio al suolo, ma dal fatto che la costruzione appaia destinata a soddisfare una necessità contingente ad essere poi prontamente rimossa (TAR Puglia Bari, sez. II, 31 agosto 2009, n. 2031)”.