Dietro le quinte di un laboratorio di scrittura creativa per la seconda elementare.
Aveva il sapore di una scommessa. Quando mia moglie mi disse che c’era la concreta possibilità di sviluppare un progetto di laboratorio di scrittura creativa, indirizzato alle seconde della scuola primaria, e che avrei potuto curarlo io, sulle prime ho nicchiato. Naaa! Ero piuttosto perplesso. Ho gestito diversi laboratori di scrittura creativa con adulti, ma qui si trattava realmente di scendere su un altro pianeta!
Da qualche tempo mi sto interessando alla narrativa rivolta ai bimbi in età scolare. Il mio coinvolgimento è duplice: sono, prima di tutto, il genitore di due bricconi di 7 e 5 anni e, due, ho da sempre il pallino di raccontare storie. In questi due aspetti, sic et simpliciter, è riassunto il mio approccio a questo compito.
Nella mia quotidiana esperienza di padre ho sempre a che fare con le storie. I bimbi invocano storie, le generano, le intrecciano e le sciolgono. I loro giochi sono sviluppi di un canovaccio che diviene fabula, con dei finali sempre inaspettati e singolari. Il mondo infantile è un bosco incantato, un florilegio inarrestabile di narrazioni.
Ho letto diverse pubblicazioni per bimbi di ogni età (da buon Peter Pan sono ancora un grande appassionato di fumetti e film di animazione!), ma per costruire questo laboratorio mi hanno fornito alcuni spunti decisivi i lavori di Georg Maag e di Matteo Favaretto. Alcuni lavori sull’alfabetizzazione emergente sono basati sulla nozione che il bambino acquisisca determinate competenze necessarie ad indurre il processo di alfabetizzazione «non solo come il risultato di istruzioni dirette, ma anche come il prodotto di un ambiente stimolante e responsivo, nel quale il libro è presente tra le normali attività del bambino». Questo va decisamente bene in età prescolare, prima che intervenga quella alfabetizzazione formale che viene sostenuta dalle maestre, ma va mantenuto e supportato nel tempo dai genitori. Un libro non deve mai mancare in casa, in aggiunta al materiale didattico istituzionale, e ho deciso fin da subito che avrei portato a scuola un bel po’ di libri per stimolare i miei piccoli allievi, il cui apprendimento formale della scrittura è un fatto relativamente recente e squisitamente in fieri, passibile di accogliere le sollecitazioni più diverse.
Avevo a disposizione quattro incontri di due ore per questo progetto pilota; era necessario strutturare a puntino gli interventi, per evitare di perdere tempo prezioso. Avrei cercato di mantenere sempre occupati i bimbi e sostenuto il ritmo nel corso delle attività, con l’utilizzo di un registro variegato di proposte.
L’obiettivo dichiarato del corso era quello di condurre i bambini ad elaborare in autonomia una storia composta da disegni e parole, seguendo la prassi utilizzata nei workshop di scrittura creativa. Il lavoro in classe è stato così articolato:
- Ideazione di un soggetto (ho proposto alcuni elementi utili per lo sviluppo di una narrazione).
- La costruzione/descrizione dei personaggi: le interviste.
- Come iniziare: ipotesi di incipit.
- Lo svolgimento.
- Lo scioglimento della storia: ipotesi di finale.
Avendo a disposizione una classe di 20 alunni mi sono perciò ingegnato di lavorare come fossimo la redazione di un giornale o il team di lavoro di un prodotto seriale; che so, gli sceneggiatori/produttori di una serie televisiva o a fumetti. Lo schema proposto è stato il seguente:
- 5 opinionisti;
- 5 giurati;
- 5 grafici;
- 5 scrittori.
Ad ogni incontro i gruppi venivano ridistribuiti per consentire ai partecipanti di ricoprire tutti i ruoli e le relative competenze previste.
I materiali utilizzati sono stati a costo minimo: uno scatolone per la “scatola delle idee”; i libri li prendevo in prestito settimanalmente dalla biblioteca; e poi fogli, pennarelli, matite, nastro adesivo, cartoncini, riviste, mollette da bucato, eccetera.
La prossima settimana entreremo più nel vivo dell’organizzazione di un incontro tipo.
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