Magazine Diario personale

Piccoli strappi – The first cut is the deepest

Da Romina @CodicediHodgkin

Piccola mia,

in questa estate sei cambiata così tanto che ho faticato quasi a starti dietro. Sei stata un tornado di novità, di risate, di piccole prese di posizione, di continuo imparare, di indipendenza sempre crescente. Non saprei nemmeno quantificare il numero di volte in cui stando con te ho pensato “che figata, farti da madre”, o lo stupore che mi hai continuamente ispirato. In questi due anni, ho imparato di avere un’attitudine piuttosto montessoriana: sono e resto dell’idea che per te è salutare e giusto fare da sola tutto quello che la tua età ti consente di fare. Non ho mai voluto l’impigrimento da “tanto ci pensa mamma”, anche se sicuramente per me sarebbe stato più facile sotto molti punti di vista fare al posto tuo. Hai sempre dimostrato un’indipendenza fortissima, chiedi aiuto solo dopo aver provato e riprovato, e anche dopo averlo ottenuto continui a provare a fare da te e questo aspetto di te io l’ho sempre apprezzato, incentivato e rispettato. Lo so che impressione ho dato, spesso, lo so che c’è chi ha avuto l’impressione che in un certo senso ti tenessi a distanza ma insegnarti a fare da sola non ha mai avuto niente a che fare con l’essere poco affettuosa. Tu sai perfettamente, e lo hai sempre saputo, che ogni volta che hai imparato, impari e imparerai a fare qualcosa da sola, io ero, sono e sarò sempre lì accanto a te e difficilmente sono lì a dirti “ferma”, “attenta”, “occhio che ti fai male”, “per te è troppo pesante”, “non arrampicarti che è troppo alto”, “non ce la puoi fare”. Io non sono nessuno per dirti che non ce la puoi fare a caricarti una cassa d’acqua. Hai il diritto di provare e capirlo da te. Allo stesso modo, so di aver lavorato tanto perché il nostro stare sempre assieme, ogni momento di ogni giorno, non divenisse il nostro limite. No, non volevo che diventassi mammona. Ho sempre voluto che, nonostante le volte che ti ho lasciata ai nonni si contano davvero sulle dita di una mano, tu stessi bene con tutti. Ho sempre voluto che io e tuo padre potessimo essere intercambiabili il più possibili in tutto, dal bagnetto alla fiaba della buona notte, anche se sai bene che non gli permetterei mai di scegliere i vestiti da metterti (non gli permetto di scegliere in autonomia i suoi, figurati). Ci sono cresciuta in mezzo ai “non fare”, sono cresciuta costretta a diventare mammona per bisogno di un’attenzione che tanto non arrivava, sono cresciuta chiedendo aiuto (o ricevendolo senza averlo chiesto, per altrui praticità) per mancanza di fiducia. Tua nonna è morta che il più piccolo di noi figli aveva 15 anni e la mancanza di educazione all’indipendenza so bene poi che disagi porta. Non voglio questo per te, e sai bene che questo mio modo di agire non ha mai compromesso i nostri momenti di baci, di carezze, di parole sussurrate e di complicità.

Durante questa estate, dicevo, sei cambiata tanto. Hai fatto una miriade di progressi e ti ho vista, ultimamente, quasi smaniare alla ricerca di altro al di là di me. Sei arrivata ad un punto particolare: non c’è nulla che la tua età ti consenta di fare che non sai fare. E non è detto, e non mi interessa, che tu lo sappia fare alla perfezione. Ma lo sai fare al TUO 100%, che è quel che conta…e sono fiera di te perché a questo punto ci siamo arrivate serene, pacifiche, attraverso il gioco. Con qualche mio errore senz’altro, ma sempre con la lucidità di correggere il tiro. Non hai bisogno di imparare a fare altro. Un giorno ti ho guardata e mi sono detta che un ciclo era finito. Tu eri cambiata e il mio modo di pormi doveva cambiare. Ti ho guardata e mi sono accorta che non hai bisogno di imparare a fare altro, anzi, forse è il momento di frenarti un attimo. E’ora di smettere di insegnarti a fare e di cominciare ad insegnarti ad essere. Ora cambia tutto. In un modo che imparerò insieme a te, dovrò aiutarti a scegliere la persona che sarai. Dovrò insegnarti l’educazione vera e propria, quella a 360°: educazione civica, rispetto verso gli altri, verso te stessa, educazione ai sentimenti. Il lavoro tosto, inizia ora. Ed è per questo che io e papà abbiamo deciso che fosse ora di mandarti al nido. Perché hai per le mani una Ferrari e devi imparare a guidarla…e hai capito benissimo che io, ora, non sono in grado di fare l’insegnante di guida. Ora tutto un certo tipo di stimoli lo affido alle maestre perché QUELLA parte del mio compito con te è finita, non saprei più come gestirla. E tu hai bisogno di un tuo spazio al di là di me, e ci mancava poco che me lo mettessi nero su bianco.  E poi parliamoci chiaro. Io mi conosco. I miei limiti e i miei errori li ho ben presenti. Lo so come posso diventare esigente quando sono stanca. E so quanto sia folle essere esigente con una bambina già naturalmente portata all’indipendenza.

Sapevo che il momento sarebbe arrivato. E sapevo che, come cantava il buon Cat Stevens, “the first cut is the deepest”, il primo taglio è il più profondo. Ma quello che per me è uno strappo, per te è solo un battito d’ali più forte.  E me ne sono accorta stamattina quando ti ho lasciato al nido e tu mi hai salutato con un sorriso maliardo da un orecchio all’altro prima ancora che io dicessi “Ciao, Chicci, noi andiamo v…”.  Fa effetto rendersi conto che hai bisogno anche di altro oltre me. E’un po’il richiamo della foresta. Tu genitore lo sai che, anche se lo hai “addomesticato”, un figlio non è mai una tua proprietà. Lo metti al mondo, infatti, lo metti AL MONDO. Sai che presto o tardi il mondo lo chiamerà e lui sarà ben felice di rispondere perché sotto quella scorza di patacche di sugo e sudore che sa di latte c’è un lupetto.

E allora, vai lupetta morbida, muovi questi tuoi primi passi nel tuo mondo…se ti giri, sono sempre un passo appena dietro di te.


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