Parliamo dei due temi che dominano il dibattito politico a Parma e che saranno certamente variabili determinanti alle elezioni: l’inceneritore e i conti pubblici.
Parto dal primo.
Lungi da me voler analizzare punto per punto pro e contro di una tecnologia che conosco e capisco solo parzialmente (come chiunque non abbia studiato nello specifico queste materie). Siamo in uno di quei casi in cui gli studi si contraddicono, gli esperti hanno opinioni divergenti e i dati non sono univoci: la situazione mi ricorda moltissimo il dibattito sulla TAV e, in parte, anche le discussioni “da economisti” su cause e rimedi della crisi.
Ho voluto comunque leggere un po’ di cose e posso dire che il materiale più interessante proviene da, non scandalizzatevi, Wikipedia: la voce “Inceneritore”, oltre ad essere semiprotetta (cioè controllata e modificabile solo da utenti registrati), racchiude informazioni sui diversi aspetti dell’incenerimento dei rifiuti (tecnologia, effetti ambientali, scorie, legislazione, ecc.) e, soprattutto, fornisce una miriade di fonti autorevoli in materia. Oltre a dettagliate spiegazioni tecniche sul funzionamento di tutte le fasi d’incenerimento, vengono illustrate le diverse opinioni degli studiosi riguardo all’impatto ambientale, sia per lo smaltimento delle scorie residue che per le emissioni di polveri.
Un’altra lettura obbligata è il sito del Comitato “Gestione Corretta Rifiuti”, se non altro per l’impatto mediatico che comunicati e azioni di protesta hanno avuto per oltre due anni sull’informazione locale.
Dunque, non voglio fare l’ignavo e chiarisco quindi subito che non sono particolarmente colpito dal materiale del CGCR, che non ha assolutamente le caratteristiche di scientificità che invece professa: le uniche fonti che vengono riportate sono quelle in linea con la tesi del comitato, snocciolando una serie di studi che confermerebbero i danni dell’inceneritore senza nemmeno accennare al fatto che ce ne sono altrettanti che affermano l’opposto. I testi spesso sfiorano il tono scandalistico e/o apocalittico, portando a credere che con l’inceneritore il livello di inquinamento schizzerebbe a tali vette che ci ritroveremmo i fiumi pieni di pesci a tre occhi di simpsoniana memoria (mentre chiunque studi questioni ambientali sa bene che le cause che contribuiscono in percentuale all’inquinamento sono ben altre).
Inoltre, anche a livello puramente logico-intuitivo, io trovo diverse insensatezze nelle posizioni del CGCR, sopra tutti il concetto di Rifiuti Zero che è, in soldoni, impossibile: ben venga la raccolta differenziata al 70, o all’80%, così da ridurre il residuo. Ma anche se fosse il 100%, resterebbe un piccolo particolare che non viene mai menzionato, e cioè che non si può riciclare all’infinito. Invito chiunque a smentirmi: mettiamo che io abbia una bottiglia di plastica, la utilizzi e poi la getti diligentemente nel contenitore apposito. Questa bottiglia verrà presa, trattata (immagino fusa) e poi verrà riutilizzata, riciclata. Tutto bello, se non fosse per due cose: ne viene riciclata una parte, perché nella lavorazione non si può riottenerne lo stesso quantitativo. Non so quale sia questa percentuale, ma mi sento di dire che non sia il 99%, e neanche il 90%, ma molto meno. Inoltre, il materiale riciclato non lo si può riutilizzare per la stessa cosa: la plastica, il vetro e la carta riciclata sono di cattiva qualità, e infatti vengono riutilizzate per altri scopi, ad esempio nell’industria intermedia. Se pensate che le bottiglie da cui bevete siano fatte da altre bottiglie riciclate all’infinito mi spiace ma siete fuori strada. Il concetto di fondo è che il riciclo non è un ciclo infinito, ma ha un’efficienza limite, un “ritorno sul riciclo” che indica quanto il processo sia in grado di recuperare, che ovviamente non è il 100%.
Questo non vuol dire che non sia giusto riciclare o, ancora meglio, limitare i rifiuti, ma far sembrare il processo di riciclo come qualcosa che si autosostiene è senza senso: i rifiuti ci saranno sempre, almeno finché la nostra civiltà non regredirà allo stadio pre-industriale, e in qualche modo vanno smaltiti. Poi si può discutere dei metodi migliori, ma senza pontificare su presunti eden in cui non esistono scarti di produzione.
Ripeto, non sono un addetto ai lavori, ma queste mi sembrano considerazioni di pura logica che possono essere fatte da chiunque abbia qualche base dei principi della termodinamica. Invito chi è più esperto ad integrare/confutare nei commenti. Come dicevo non voglio entrare nello specifico delle singole questioni, la questione qui sopra era solo per fare un esempio delle cose che non mi tornano di alcune posizioni del CGCR.
Ma non vorrei che si leggesse solo polemica nelle mie parole: sono convinto che ci sia totale buona fede nel lavoro del Comitato, e devo dire che le soluzioni alternative all’inceneritore proposte mi sembrano ragionevoli (oltre all’accusa riguardo al conflitto di interesse di Iren fra la promozione della raccolta differenziata e la necessità di avere molti rifiuti per rendere profittevole l’inceneritore, che è realistica). Resto scettico sull’analisi dei costi, secondo il quale il trattamento a freddo sarebbe così semplice, economico e conveniente: sarei curioso di leggere dati più precisi, ma in ogni caso che queste possibilità non siano state considerate adeguatamente al tempo di costruire l’inceneritore è una grossa mancanza. Purtroppo è francamente difficile pensare che oggi, allo stato attuale dei lavori, l’inceneritore venga smantellato e si passi ad un sistema di smaltimento completamente diverso.
E aggiungo che la Roberti e Pizzarotti, in caso di non elezione, sarebbero comunque molto utili in Consiglio Comunale per fare pressione sulla gestione trasparente e informata dell’inceneritore, nonché dei monitoraggi ambientali e clinici sui suoi effetti (visto l’interesse dimostrato dai cittadini sul tema).
Quello che io critico è il pressapochismo di basare un’intera tornata elettorale su una questione ambientale, che ammesso che esista può essere al massimo una variabile su 15-20 di quelle rilevanti nella scelta di un sindaco e nella gestione di un comune.
Probabilmente sono un cinico economista, ma se anche credessi che l’inceneritore possa essere una tragedia ambientale per Parma (e non lo penso), avrei non pochi problemi a votare un candidato che proponesse di non rimborsare i debiti del Comune in quanto “irricevibili” (in base ad una non meglio precisata distinzione fra quello che è un debito “giusto” e uno “sbagliato”): i conti in disordine si evitano eleggendo persone oneste che facciano gli amministratori senza megalomanie, non rifiutandosi di pagare i creditori del Comune. Creditori che sono poi, in ultima analisi, aziende che non hanno colpe se non quella di aver lavorato “a gratis” per un’amministrazione che, se va bene, le paga dopo un paio d’anni, e se va male le manda sul lastrico.
Ma visto che abbiamo virato sull’economico, aggiungo la mia sulla questione dei debiti, facendo un’affermazione che forse lascerà perplessi. Mi riferisco alla spiegazione che il candidato Buzzi ha dato alla serata d’incontro riguardo alla situazione patrimoniale del Comune: in sostanza, l’ex vicesindaco ha illustrato (chiaramente sulla difensiva, vista la posizione non proprio comoda in cui si trova) un principio abbastanza basilare dell’economia, cioè il rapporto esistente fra debiti e investimenti. Un debito non è un problema finché è sostenibile: in altre parole, se io prendo a prestito 100mila € per comprare una casa (ipotizziamo per semplicità che il mutuo sia al 100%, quindi che la casa costi 100mila €), in 20 anni di mutuo ne sborso, diciamo 150mila a causa degli interessi, divento proprietario della casa e dopo altri vent’anni la vendo a 200mila, l’affare è stato buono. Si dovrebbe considerare anche l’inflazione, e il valore d’uso della casa nei 40 anni in cui la abito (e in cui non pago l’affitto), ma è giusto per spiegare il concetto. Ecco, il punto è che ha perfettamente senso quello che dice Buzzi: è ragionevole fare un debito se si riesce a sostenerlo e poi se ne trae un guadagno.
Trasferendo questo principio a livello pubblico, ha perfettamente senso per un Comune indebitarsi per creare infrastrutture (il cui costo non riesce ad essere coperto dalla spesa corrente e quindi dalle tasse) quali tangenziali, ponti, restauri di edifici storici, rifacimento di luoghi pubblici, piazze, stazioni, ecc, se queste spese rendono la città più bella, organizzata e vivibile, questo fa aumentare il valore degli immobili, attira persone e aziende in città, queste pagheranno tasse più alte, ecc.
È potenzialmente un circolo virtuoso: quasi niente viene creato o migliorato senza far ricorso al credito, e per certe spese pubbliche che hanno un ROI (ritorno sull’investimento) negativo per decenni può essere sensato che il settore pubblico agisca in tal senso con un’ottica di lungo periodo (quella che di solito si accusa che manchi alla politica). D’altronde, come le vicende nazionali ed europee ci insegnano, il debito bisogna essere capaci di gestirlo, cosa che il settore pubblico non sembra particolarmente bravo a fare.
E infatti, posto che il ragionamento teorico di Buzzi è tecnicamente impeccabile, sono le assunzioni ad avere delle carenze: l’idea che gli investimenti del comune siano/saranno fruttuosi è tutta da dimostrare. Di certo il Comune di Parma non ha dimostrato né di saper gestire in modo efficace ed efficiente appalti e supervisione lavori (con procedure opache e costi lievitati dall’approvazione del progetto alla sua conclusione) né la capacità di far fronte a gestioni finanziarie complesse come possono essere quelle delle partecipate (e tirare in ballo la crisi non funziona, sorry). Sempre senza andare nello specifico, ma il quartiere STU-Pasubio, i lavori a Piazza Ghiaia e il Ponte Nord sono investimenti la cui profittabilità (sociale) è veramente dubbia. Un conto è se si parla di un sistema di tangenziali ben strutturato che renda comodi e rapidi gli spostamenti, un altro se si parla delle “vele” della Ghiaia (al cui cospetto le elucubrazioni da economisti semplicemente si fermano per lasciare il posto a sconsolati scuotimenti di testa..).
Se i liberali vogliono uno Stato poco presente nell’economia non è perché ce l’hanno in antipatia ma per il semplice fatto che lo Stato non è capace di fare l’imprenditore, ed è meglio che si limiti allo stretto necessario e a regolare l’attività economia dei privati (che operano in regime di concorrenza senza poter fare debito con le spalle coperte dalle tasse dei contribuenti). Altrimenti la conclusione tipica di un Comune-imprenditore è un gran spreco di soldi, tangenti a destra e a manca, arricchimento di chi riesce ad approfittare di questi meccanismi, procedure opache e dati contabili parziali, con annesso fallimento finale e grandi scandali.
Quindi mi spiace per la filippica di Buzzi, ma è più o meno come cercare di far sembrare la Enron vittima di un “assalto mediatico pianificato da parte degli avversari”. No, è proprio che l’avete fatta fuori dal vaso.
Jacopo Volta
Twitter: @jacopovolta
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Pubblicato in Dategli brioches | Etichette: amministrative, buzzi, conti pubblici, debito, dibattito, elezioni, gestione corretta rifiuti, ghiaia, inceneritore, inquinamento, investimenti, Iren, parma, partecipate, pizzarotti, polemica, politica, riciclo, rifiuti, rifiuti zero, roberti, ROI, sindaco, soldi, sprechi, STU, termovalorizzatore
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