Formazione a tre, ma gli esecutori materiali dei brani sono in realtà solo due. Una storia di amicizia di vecchia data che solo di recente si trasforma in voglia di fare qualcosa insieme, suono volutamente caustico e urticante, radici ben salde nei Novanta e amore palese per il noise-rock, cui vengono sottratte le vocals per restituirlo in forma strumentale, quasi si trattasse di un distillato. Insomma, di motivi di interesse e di spunti per una lunga chiacchierata ce n’erano molti. Ecco cosa ci hanno raccontato.
I Picea Conica nascono nel 2012, ma voi tre vi conoscete da parecchio e condividete una passione musicale pluri-decennale. Raccontateci come vi siete incontrati e come siete cresciuti musicalmente: quali le esperienze e gli ascolti che più vi hanno formato come fruitori e musicisti?
Paolo Faro: Sì, noi tre ci conosciamo dalle scuole medie, e non ci siamo mai persi di vista fino a oggi, che abbiamo quarant’anni compiuti da un po’. Abbiamo iniziato ad ascoltare rock, e poi metal, verso i sedici anni e da lì nessuno si è mai fermato, andando avanti e approfondendo sempre tutto. Rock, heavy metal, punk, hardcore, thrash, death, grind, black, doom, noise, crossover, stoner, l’enorme ondata grunge e nu-metal, il funk metal, poi, piano piano, ci siamo inoltrati dentro alle cose più underground, sempre di più, sempre di più, fino a sprofondarci dentro. Avevamo tanta curiosità, ma non era solo quella.
Puntavamo, oltre alle band madri e le loro etichette major, anche alle etichette “di secondo piano”: Amphetamine Reptile (Helmet/Melvins/Unsane/Cows/Surgery/Today Is The Day e tutto quello che faceva del rumore-noise), Alternative Tentacles (Zeni Geva/Amebix e altro), Touch And Go (Big Black/Shellac/Butthole Surfers), SST (Black Flag/Soundgarden/Dinosaur Jr./Sonic Youth), A&M (Soundgarden/Therapy?), Sub Pop (Tad & compagnia grunge), Boner/Tupelo (Melvins), Peaceville (Paradise Lost/Autopsy/Darkthrone/My Dying Bride), Century Media (Tiamat/Katatonia/Strapping Young Lad/Samael), Metal Blade (Crisis/Cannibal Corpse e tanta roba), Combat (Death), Nuclear Blast (Meshuggah/Hypocrisy e tanta altra roba), Osmose (Immortal/Mayhem), Earache (Entombed/Godflesh & tanta, ma tanta roba), Noise (Celtic Frost/Kreator/Mordred), Roadrunner (Deicide/Life Of Agony/Buzzoven/Fear Factory/Type O Negative/Sepultura & tanta roba), Relapse (Coffins e troppa roba). Ne avrei ancora tante da citare, ma poi va a finire che ci annoiamo a leggere. Queste sono quelle che mi sono venute di getto, ma sono solo una piccolissima parte.
La cosa più bella, oltre ad avere comprato, ascoltato e assimilato tanti album, è che siamo riusciti a viverli in parecchie occasioni in sede live. Tante cose ci si sono attaccate alla pelle come tatuaggi, e tanti ricordi ancora oggi affiorano nelle nostre menti. In alcuni live, personalmente ci sono rimasto, vedi Neurosis nel tour di Through Silver In Blood oppure gli Helmet nel tour di Betty, oppure ancora i Napalm Death periodo Utopia Banished – Fear Emptiness Despair – Diatribes, per non parlare dei Godflesh, già ai tempi visionari e apocalittici.
Ricordo che compravamo riviste in edicola: Rumore, Hard, Metal Shock, Dynamo, Tuttifrutti, Psycho, Thunder, Rockerilla e altre… leggevamo le recensioni, poi incuriositi, e con un po’ di fiducia e un po’ di intuito, andavamo a comprare (se lo trovavamo) ciò che ci convinceva in lettura. Tutto, ovviamente, a scatola chiusa. Ho preso anche dei bidoni, ma sono più le volte che sono caduto in ascolti complessi e difficili, che altro (un grazie va anche al mitico Claudio Sorge e alla sua rivista). Alcuni album li comprai, e li misi addirittura da una parte, per poi tirarli fuori più avanti, perché non ero pronto ad assimilarli. Musicalmente parlando.
Album come “Souls At Zero/Enemy Of The Sun/Through Silver In Blood, insieme a quelli degli Helmet (con John Stanier alla batteria), Prong, Danzig (i primi quattro) Melvins, Soundgarden (i primi fino a Badmotorfinger, compreso) Alice In Chains (Facelift e Dirt su tutto) e altri, mi hanno cambiato la vita musicale, e non solo. Anche artisti come Bathory, Burzum e Darkthrone mi hanno dato tanto.
E oggi, siete ancora ascoltatori curiosi e alla ricerca di nuovi suoni? Riuscite ancora a trovare nuove band capaci di emozionarvi come succedeva ai tempi con Neurosis, Unsane, Helmet, e compagnia cantante? Lo chiedo per capire se nel corso degli anni il vostro approccio alla musica come ascoltatori è cambiato e che rapporto avete con l’attuale panorama musicale.
Al momento, poca roba riesce ad avvicinarsi alle forti emozioni che ci possono aver dato, ai tempi, album come Meantime (Helmet), la trilogia Neurosis, Vae Solis (Scorn) Streetcleaner & Pure (Godflesh), When The Kite String Pops (Acid Bath), Ozma & Houdini (Melvins) e gli album degli Iceburn. Sicuramente lascio indietro della roba, eh!
Ho seguito, e seguo ancora, in maniera meno assidua, il post-metal, su tutto (mi spiace per gli Isis, quelli di Celestial e degli ep) i Minsk (psychedelic post metal, con ombre neurosisiane), che mi hanno regalato dei bei momenti anche in sede live. Anche l’introspettivo e ultimo Neurosis non ha saputo darmi forti emozioni, però, capisco che dopo la devastante trasposizione del suono dell’apocalisse di Enemy Of The Sun e Through Silver In Blood ci sia poco o altro da dire, anzi, da suonare. Seguo altre etichette, la Profound Lore (cose interessanti) e l’Aurora Borealis.
Attualmente, secondo il mio punto di vista, c’è tanta roba in giro, troppa, e ci si può facilmente trovare in mezzo alla spazzatura musicale. Per non parlare della musica artificiale, fatta con dei copia/incolla davanti a un pc, e delle estreme e “pacchiane” attenzioni per artwork e packaging. Alcune band storiche insegnano che ciò che conta nella musica è l’album (cd o vinile che sia), il frutto di ciò che si è fatto con gli strumenti musicali, non il confezionamento. Vedi Souls At Zero, che ha una copertina abbastanza semplice (oserei dire brutta… ma sottovoce), che assomiglia ad una foto uscita dal set di Mad Max. Eppure lì dentro c’è un disco della madonna. Un’istituzione.
Se non erro, il nome Picea Conica ha un suo significato preciso e non è stato scelto a caso, ma per alcune caratteristiche della pianta. Vi va di parlarcene?
Sì, la picea glauca conica è una pianta della famiglia degli abeti. Si differenzia dalle altre per la sua particolarità di resistere a temperature molto rigide (anche a -22°). Questa cosa ci è sembrata subito nostra; pure noi, abbiamo resistito, e cerchiamo di resistere, a temperature molto rigide. Ovviamente questo riguarda la vita, che, come tutti ben vediamo, non è sempre rose e fiori.
Di certo la vostra non è una formula scontata, visto che siete un trio, ma diventate un duo in fase di esecuzione. Come sono le dinamiche interne e cosa vi ha portato a questo assetto particolare?
La nostra formula è atipica: è musica pensata in tre, ma suonata in due. Fritz mette giù i suoi riff, Theo memorizza e poi inizia la sua marcia, mentre io seguo tutti i passaggi e cerco di capire eventuali zoppicature, tagli o cose che non legano, infine metto il sigillo al pezzo. Ognuno di noi mette le idee che ha dentro, qualsiasi esse siano (per questo suoniamo come e cosa ci pare), indipendentemente dallo strumento, e non, che si ha fra le mani. Siamo tre ingranaggi che girano insieme. Se uno non va, pure gli altri stridono, quindi per noi è fondamentale in sala prove avere idee chiare su cosa vogliamo suonare, e parlare la stessa lingua musicale. Fino a che tutto ciò gira ed è ben oliato, andremo avanti, quando questo cesserà di funzionare, pure noi lo faremo.
Il vostro lavoro ha volutamente un suono crudo, privo di rifiniture o laccature, in qualche modo brutale nel suo essere quanto più reale possibile. Cos’ha determinato questa scelta e che tipo di reazioni ha suscitato un sound così distante dalle attuali tendenze?
Sì, in effetti, il nostro debutto è grezzo, stridente e diretto. Ma è la fotocopia musicale di ciò che suoniamo senza tanti giochetti o cose circensi. Volevamo un album che suonasse diretto e crudo, come un improvviso conato di vomito che non riesci a fermare e che finisce in una gettata di schifo sul pavimento. La scelta è stata voluta (anche dal budget), facendo sempre un passo indietro e guardando chi ha lasciato un segno, musicalmente parlando. Ricordo che l’Amphetamine Reptile non vantava grosse produzioni o registrazioni eccelse, eppure ha tirato fuori belle cose, puntando sulla particolarità di alzare i volumi degli ampli e delle testate. Se ci pensiamo bene, molto arriva da lì.
Usiamo strumentazione minimale: Gibson Diavoletto Marshall JCM 900 e 3/4 pedali, giusto l’essenziale. La batteria è un ibrido con cassa Tama 24″ fusti Mapex, rullante DW! Pezzi racimolati negli anni da Theo, che la batteria non la suona, la distrugge! Theo dei Picea Conica è l’elemento che più ha sperimentato, militando in varie formazioni, prima tra tutte i Kichigai (’98, evidenziata da Claudio Sorge su Rumore), con i quali ha avuto la fortuna di suonare su palchi di ogni genere, dai centri sociali più sconosciuti a locali storici come il Tunnel di Milano, il Cencio’s a Prato, il Vidia Club di Cesena, fino a un’edizione di “Milano Suona” con band come Extrema, Cappanera, Death SS e Lacuna Coil!
Le nostre attitudini, scelte, decisioni, e dinamiche di movimentazioni musicali, non sono di questi tempi, ma credo che appartengano a quelli citati sopra. Le reazioni nei confronti del nostro sound, fino ad ora, sono positive. Sicuramente in pochi, nel 2014, si aspettano un album così, sia da recensire, sia da ascoltare, figuriamoci da comprare. Insomma, noi siamo dei “vecchi”, con il mal di schiena, ma musicalmente siamo rudi e intransigenti.
In fondo appare evidente come la vostra non sia una proposta per attirare facili consensi, eppure avete già ricevuto buone critiche e siete stati intervistati da varie testate. A cosa credete sia dovuto l’interesse che state suscitando? Credete sia in atto un ritorno a un certo tipo di sonorità e approccio?
Sinceramente non ho proprio le idee chiare sul fatto che qualcuno si stia interessando così a noi ed al nostro lavoro, Freesia, ma ho le idee chiare su noi tre. A ottobre 2013 abbiamo dato in pasto agli “squali” una quindicina di copie fisiche e una cinquina di quelle online del nostro debutto, sapendo benissimo di ciò che poteva causare questa cosa nei nostri confronti, nel bene e nel male. Abbiamo rilasciato un Demo-2012 veramente registrato con i piedi. Un minidisk attaccato al mixer e giù pestare. Scelta coraggiosa e inusuale, ma è stata fatta (ringrazio, anche qui, il grandissimo Mattia Alagna per averci dato attenzione in quel Demo-2012. In pochi l’avrebbero fatto).
Uno dei nostri obbiettivi è quello di riuscire a riprodurre in uno “studio di registrazione” ciò che scateniamo dal vivo. Io so solo che siamo un trio che crede sempre in quello che fa, indipendentemente dalle critiche. I Picea Conica sono la nostra valvola di sfogo, che ci gratifica in tutto, ed è una nostra creatura che si volta sempre indietro, portando rispetto alla scena musicale degli anni Ottanta e Novanta. Quella che contava, e che per noi conta tutt’ora. Non credo sia in atto un ritorno a certe sonorità e approccio, piuttosto credo che alcune persone si siano un po’ stancate di alcuni generi, mode, e band tutte uguali, e che abbia capito, o stia iniziando a capire, che di tanta “robaccia” musicale ne sono pieni i fossi.
A proposito di approccio, come vi muovete per promuovere la band e che tipo di rapporto avete con l’industria discografica? Vi ritenete in linea con un’ottica diy o credete ancora ci sia un futuro per le grandi label come eravamo stati abituati a conoscerle nel millennio passato? Anche voi vi siete trovati, seppure parecchio prima di fondare i Picea Conica, a vivere in prima persona il passaggio dal reale al virtuale, con l’avvento della rete e dei vari social network. Cosa credete sia migliorato e cosa invece si è perso di quel periodo pre-internet, in che modo credete che l’essere cresciuti (musicalmente) nei Novanta abbia influenzato le vostre composizioni e il vostro modo di muovervi oggi?
La nostra band viene proposta tramite: il cd fisico (autoprodotto), aggiornamenti live e altro sulla nostra pagina su Facebook, qualche video creato con You Tube, e basta. Non abbiamo l’appoggio di niente e di nessuno, facciamo da soli con i mezzi e le condizioni economiche che abbiamo.
Tutto ciò che riguarda la musica adesso è ben distante e lontano da ciò che era tutto questo negli anni Ottanta/Novanta. Ai tempi compravi a scatola chiusa, senza pre-ascolto di niente, le band spedivano il demo (cassette tdk e altro) per via postale. Adesso la gente pre-ascolta tutto, è piena di cartelle con mp3 e spesso nemmeno sa cosa contengono, mentre le band mandano il demo direttamente su Facebook alle etichette o chi per loro. Per non parlare dei live, dove vedo sempre meno gente giovane. Noi, anche se siamo nel 2014, di certi termini ne sentiamo parlare veramente poco, ovvero: crediamo nel rispetto, nell’amicizia e nella naturale sincerità delle cose. Io ancora oggi, se posso, compro almeno il cd o la maglietta dei gruppi, vado nei mercatini a spulciare vinili, cd, VHS, perché sono sicuro che mi sia sfuggito qualcosa targato anni Novanta, e non posso certo perdermelo. Non mi voglio perdere dentro al virtualismo di questo decennio, pieno di tante uscite mastodontiche, ovattate, laccate, profumate, che poi dentro ci troviamo, in diversi casi “…solo canzonette…”. Preferisco recuperare album vecchi, piuttosto che comprare cose di questo tipo. Si può capire che personalmente sono legato agli anni Novanta, sia musicalmente, sia come attitudine e comportamento musicale.
Il passaggio da fisico a virtuale è stato poco bello per me. Troppa superficialità, e poca concretezza. Io credo in quello che vogliamo fare noi tre. Punto. Se un giorno qualcuno ci propone qualcosa, valuteremo tutto, ma di sicuro non scenderemo a troppi compromessi. A me hanno sempre insegnato che nessuno fa niente per niente. Noi non siamo nessuno, ma da soli siamo tre amici che condividono una passione, e che sono riusciti a fare avverare un piccolo sogno nel cassetto: fare un album ed andare in giro a suonare. Mica poco. Tutto questo non ha prezzo, poi la gente può dire quello che meglio crede. Non è un problema nostro.
Che rapporto avete con l’attività live? Mi spiego meglio, quanto conta per voi suonare dal vivo e come riuscite a proiettare nella dimensione live il vostro trio atipico?
Stiamo cercando date live, ma è difficile per noi trovarle. Siamo fuori dalle mode, siamo fuori dal trend, siamo fuori da amici/contatti/ganci, “conoscenze”, siamo fuori con l’età, siamo poco simpatici, in più siamo totalmente autoprodotti e non sponsorizzati, quindi non è facile per noi suonare in giro. Comunque ci stiamo dando da fare: chiedere è lecito, rispondere è cortesia. Nel frattempo abbiamo tre pezzi nuovi da mettere in scaletta con Freesia, in modo e maniera da tenere per una cinquantina di minuti la nostra performance live.
In sede live io aiuto Theo con il set-up della batteria, facciamo il soundcheck, controlliamo se tutto è a posto, poi io scendo dal palco e mi mimetizzo in mezzo alla gente. Cosi mi vedo bene, come ai vecchi tempi, il live della serata, in più, per il duo che è sul palco, sono sempre un punto di riferimento, in caso che ci sia qualcosa che non va, oltre al fatto di sentire, e percepire, l’atmosfera tra la gente che guarda il concerto.
Ringrazio, a nome mio e a nome Picea Conica The New Noise, per darci attenzione, e Michele Giorgi per aver recensito il nostro album, e per averci dato l’occasione di fare quattro chiacchiere.
Grazie.
email print