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Piera Aiello e le sue vite parallele

Creato il 30 ottobre 2012 da Tipitosti @cinziaficco1

 

“Ho due vite che corrono parallele. Ho due vite che a volte si incrociano, si sovrappongono, si respingono e si fondono. Ho due vite che si accompagnano da quando, una mattina, la morte mi è entrata in casa a soli ventuno anni”.

Così Piera Aiello, prima la moglie di un piccolo boss di Partanna, un Comune siciliano, poi vedova di un mafioso ed infine testimone di giustizia, descrive la sua vita. E lo fa in un libro scritto con il giornalista Umberto Lucentini, pubblicato di recente da San Paolo, dal titolo: “Maledetta Mafia”  Poco meno di centottanta pagine, in cui Piera racconta quanto sia stato faticoso tagliare con un passato ingombrante, pressante e risorgere a nuova vita.

Piera Aiello e le sue vite parallele
Il desiderio di cambiare è nato in lei quando le hanno ucciso suo marito Nicola. Sola, per anni è stata costretta a vestirsi a lutto come impongono le regole della sua terra e ad essere forte per la sua bambina di tre anni, nonostante una rabbia immensa.

“E’ stato allora – scrive – che il destino ha messo un bivio lungo il mio percorso: dovevo scegliere quale futuro dare a mia figlia Vita Maria. E’ allora che ho deciso di cambiare tutto. Devo dire grazie a molte persone per avermi aiutato a tracciare nella mia esistenza una strada diversa. Tra loro c’è un uomo che una mattina mi ha preso sottobraccio e mi ha piazzato davanti ad uno specchio, eravamo in una caserma dei carabinieri. Quell’uomo era Paolo Borsellino. Lo zio Paolo. Il magistrato mi ha fatto una domanda semplice e terribile insieme, mentre la mia immagine si rifletteva accanto alla sua”. “Piera tu cosa vedi allo specchio? “Una ragazza con un passato turbolento – risponde Piera –  un presente inesistente e un futuro con un punto interrogativo grande quanto il mondo.  Borsellino mi guarda fisso negli occhi e dice: Io vedo una ragazza che si è ribellata a un passato turbolento che non ha mai accettato. Vedo una ragazza che ha un presente e avrà un futuro pieno di felicità. Non per altro: ha diritto ad avere felicità per tutto quello che sta facendo”.

Così Piera è diventata testimone di giustizia, senza sapere cosa significasse. “Io non ho mai commesso reati – scrive – né sono mai stata complice dei crimini di mio marito e dei suoi amici, gli stessi che poi ho accusato nelle aule dei tribunali e nelle corti di assise. Quel che è certo è che la mia storia, la mia vita è stata rivoluzionata dalla morte. Ecco perché oggi ho due nomi e due cognomi che corrono paralleli, che a volte si incrociano. Ma ormai questi nomi e questi cognomi si dimenticano l’uno dell’altro. Il primo nome è quello che hanno scelto i miei genitori quando sono nata. Piera. Piera Aiello. Cosi mi chiamo quando vado in Sicilia o nelle aule dei tribunali, nella parte di vita che è morta quando due killer di Cosa nostra hanno ucciso mio marito sotto i miei occhi. Il secondo nome è quello che mi hanno fatto scegliere anni dopo i funzionari del Servizio centrale di protezione addetti al cambio delle generalità”.

Dopo aver chiesto di uscire dal programma predisposto per chi mette a rischio la propria vita per accusare i mafiosi, e dopo molti ritardi, Piera ha deciso di mettere radici nella località in cui adesso abita con la sua nuova famiglia e con Vita Maria. “Mi dispiace – scrive –  non posso rivelarvi come mi chiamo, dove sono adesso, né se quando esco da casa vedo all’orizzonte le montagne o il mare”.  Se lo facesse Piera metterebbe in pericolo la vita dei suoi figli. Quello che ci dice è che ora è felice, felice di aver costruito per sua figlia un destino diverso, lontano dalla mafia, dalla morte, dal puzzo di violenza.

“Non dico che oggi sono tranquilla – scrive –  o immune dai rischi della vendetta dei mafiosi: so che non potrò mai esserlo. Ma sono tornata ad essere una persona con un nome, un cognome, un indirizzo di casa. E con la possibilità, dopo tanti sacrifici di continuare a pronunciare ogni frase semplice da donna libera. Bastano solo due parole: Maledetta Mafia”.

Il libro contiene una postfazione di don Luigi Ciotti, che esprime grande solidarietà a Piera e una grande stima per il suo coraggio. Quel coraggio che oggi le permette “di votare – scrive il fondatore di Libera –  sentirsi di nuovo una cittadina italiana, di rimettersi a lavorare, di vedere Vita Maria crescere, studiare, d’incontrare un uomo di cui innamorarsi e con cui sposarsi una seconda volta”.

Un libro da non perdere.

                                                                                                                          Cinzia Ficco

                                                                                                                                                                                                                                                


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