Sembra che una mostra di questa portata dedicata al "monarca della pittura" - come lo aveva definito Luca Pacioli - non sia stata mai realizzata. Ma ciò che rende eccezionale questo evento, non è solo la quantità di opere esposte, circa 250, quanto la sua originalità critica. Non a caso il sottotitolo della mostra è proprio " Indagine di un mito ".
Piero della Francesca - in mostra fino al 26 giugno 2016 presso i Musei San Domenico di Forlì - non è stato solo un grande artista del suo tempo ma, dopo un periodo di oblio, ha saputo condizionare l'opera e lo stile di artisti come Hopper, Carrà, Balthus, solo per citarne alcuni. Come è stata definita durante la conferenza stampa, "la mostra è come una galleria degli specchi", continui i rimandi tra Piero e gli artisti che hanno voluto attingere dalla sua opere.
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È già dalla prima sala che il visitatore può capire cosa aspettarsi. Il "Busto di Battista Sforza" di Francesco Laurana e "L'amante dell'ingegnere" di Carlo Carrà sono due opere, che a 500 anni di distanza l'una dall'altra si rifanno entrambi al famoso ritratto della duchessa di Urbino, Battista Sforza, una delle opere più celebri di Piero.
Se è vero che per un periodo di tempo l'artista di Sansepolcro è stata dimenticato, si può dire che gli anni a cavallo tra l'Ottocento e il Novecento sono stati gli anni di Piero. Le sue opere hanno infatti influenzato dalla Metafisica di Carrà, Morandi e Funi sino al Realismo Magico senza dimenticare la pittura tonale di Guidi e Campigli. E il percorso che segue la mostra è proprio questo: documentare come tra la fine del Settecento e il secolo successivo sino a quello scorso, la figura di Piero riemerge prepotentemente nella scena artistica.
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Una volta saliti al primo piano, dopo aver ammirato sulle scale due monumentali copie degli affreschi di Arezzo, resterete stupiti nell'ammirare la Madonna della Misericordia messa a confronto con Silvana Cenni di Felice Casorati.
Ma non sono stati solo i nostri conterranei a riscoprire questo artista. La sua fama si è spostata anche oltre i confini nazionali. Rimandi pierfrancescani si trovano infatti nelle opere di Degas, Seurat e Signac. Ed è nella sala finale della mostra che si realizza un dialogo "internazionale" tra Piero, Balthus e Hopper.
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Balthus ammira le opere di Piero in fotografia, ma è quando giunge in Italia, ad Arezzo che la sua pittura diventerà fonte di ispirazione. Segno evidente di questa influenza è presente nell'opera Sogno di una notte di mezza estate, titolo ripreso dalla famosa opera di William Shakespeare. Non da meno Hopper che utilizza luce e atmosfere catturate proprio dalla visione di Piero.
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