Avete mai pensato dove finiscono tutti i nostri rifiuti elettronici? Ogni giorno, senza accorgercene o senza volerlo fare, buttiamo nella spazzatura o in discarica quintali di materiale altamente inquinante derivato dai nostri scarti tecnologici. Che sia colpa dell’obsolescenza programmata o di un capriccio hi-tech scarichiamo nel giardino altrui un tale quantitativo di spazzatura tossica da far accapponare la pelle. Occhio che non vede cuore che non duole. Ma se a diventare il soggetto di una mostra fotografica fosse proprio il nostro vecchio smartphone, che poi così tanto vecchio non era, come ci metteremmo d’accordo con la nostra coscienza?
A catturare questo “suggestivo” panorama con il suo obiettivo è stato il fotografo sudafricano Pieter Hugo, che dopo aver girato in lungo e il largo l’Africa meridionale si è imbattuto in un enorme discarica di materiale elettronico a cielo aperto ai bordi dello slum di Agbogbloshie in Ghana. Qui confluiscono gran parte delle 50 tonnellate di rifiuti digitali che ogni anno il patinato mondo occidentale spedisce a quello in via di sviluppo con l’intento di abbattere la barriere digitale che ci divide.
In realtà, come la mostra Permanent Error ci mostra, la maggior parte dei nostri scarti non viene affatto riutilizzata ma accumulata in quella che i locali ormai chiamano Sodoma e Gomorra in attesa di essere separati e bruciati. Il risultato di questo carosello è la contaminazione incontrollata di terreni, fiumi e lagune con materiali assai nocivi come mercurio e diossina.
La mostra Permanet Error è aperta da oggi fino al 29 ottobre presso la Yossi Milo Gallery, 525 West 25th Street, New York.
via | wired photo © | Pieter Hugo
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