Ma non è del tutto corretto, lui stesso ha voluto chiarire in un articolo sull' "Unità" intitolato "Come sono diventato cristiano" che "non mi sono convertito l'altro ieri per effetto di un'improvvisa illuminazione ma ho vissuto in tutta la mia vita un percorso tormentato di ricerca oltre ciò che di volta in volta è sembrata l'ultima spiegazione possibile del nostro stare al mondo". Un percorso, che ha avuto come protagonisti il comunismo, il capitalismo, la critica alla modernità, la psicoanalisi. Poi, una svolta nel 1989, quando -ha raccontato in un articolo su "Avvenire"- ha incontrato "il mostro contro il quale avevo per tanti anni combattuto inutilmente: il nichilismo. Le alternative razionalizzanti non davano nessuna risposta, evoluzionismo, casualità e funzionalismo non consentono di attribuire alcun valore in sé a nessun evento della nostra esistenza quotidiana; tutto ciò che facciamo e siamo finisce per essere il mero risultato di una sequenza di fatti casuali e funzionali, senza alcuna dignità. Il venire al mondo di un essere umano non ha nessun significato nella sequenza dell'evoluzione".
Ha quindi continuato: "ciò che mi appariva chiaro", ha continuato, "era che finché l'uomo pretende di spiegare con i propri saperi tutto ciò che riguarda le condotte umane finisce col negare ciò che di specificamente umano la nostra condizione mortale esprime: il bisogno di trascendere l'orizzonte dentro il quale ci troviamo ad agire per riscoprire una presenza ulteriore rispetto all'azione degli uomini". "La mia non è una conversione quindi", ha chiarito ancora una volta, "ma un processo lungo, aperto e tormentato [...] Sono sicuramente un cristiano che nella temperie del presente è convinto che solo il discorso di Cristo si può opporre al nichilismo biologico dello scientismo che cerca di cancellare ogni specificità della condizione umana. Penso con assoluta convinzione che la via della salvezza e la fuoriuscita dal pensiero unico dell'economia dominante possono realizzarsi soltanto restituendo all'uomo la sua vocazione divina".
"Sin da ragazzo", ha scritto ancora nel suo libro "Incontro con Gesù" (Marietti 2010), "il mio demone mi ha spinto a una lotta incessante contro l'insignificanza degli esseri umani e del mondo circostante, contro l'indifferenza dell'universo che appare nelle notti stellate come un cielo lontano e inattingibile. Ho forse precocemente avvertito che mi era affettivamente impossibile rassegnarmi alla contingenza assoluta delle cose che mi circondavano, non perché non sentissi legami affettivi fortissimi con parenti e compagni di scuola, ma perché mi sembrava di vederli contemporaneamente presenti e in fuga verso un nulla che ne cancellava persino le ombre". Il cristianesimo è emerso come unica alternativa ragionevole, "poiché solo la presenza del divino nell'umano potrebbe gettare un ponte tra la nostra dolorosa finitezza e la gioiosa giostra delle galassie e delle stelle. L'ineludibile questione di Dio si è presentata, così, alla mia mente sotto l'aspetto apparentemente innocuo dei preti che ho incontrato e di uno in particolare che mi ha chiesto di cercare insieme, senza dare nulla per scontato".
Barcellona si riferisce a don Francesco Ventorino, il quale ha ricordato: "Del suo itinerario spirituale sono stato testimone in questi ultimi anni nei quali egli mi ha fatto dono della sua insperata e grande amicizia. Pietro ha fatto irruzione, infatti, in modo imprevisto nella mia vita di vecchio prete, pur piena di tante sorprese, ma che non si è mai abituata al riaccadere del miracolo dell'incontro cristiano". Esso, "è frutto dell'azione di una presenza unica, quella di Cristo, di cui non abbiamo un'esperienza diretta, ma una certezza ragionevole, fondata proprio sugli effetti che essa produce e che pertanto lo rende contemporaneo a ogni uomo in ogni epoca della storia. Per cui Pietro Barcellona poté affermare: "La contemporaneità della Persona di Gesù Cristo è dunque per me l'inizio di una vera e propria rivoluzione nei rapporti tra gli esseri umani. Come scrive Fulvio Papi, chi afferma che Gesù è il Figlio di Dio, un attimo dopo deve cambiare la propria vita"".
Proprio in questo periodo è uscito un libro postumo di Barcellona, intitolato "La sfida della modernità" (La Scuola 2014), dove il filosofo si interroga sulla nostra società e arriva, secondo noi, a chiarire e definire il vero l'obiettivo, consapevole o no, della rivoluzione antropologica in campo bioetico (aborto, eutanasia, fecondazione, omosessualismo...) a cui stiamo assistendo: "Gli uomini hanno paura sostanzialmente di una cosa sola - essere liberi -. La libertà sgomenta, perché - quando è vissuta fino in fondo - è un abisso che fa venire le vertigini. La radice del post-umano è sempre la stessa: riuscire a conseguire un dominio totale del processo di creazione che permetta di produrre il clone dell'uomo, dell'essere umano in modo da eliminare la figura del Creatore cioè di negare la creazione stessa perché questa diventa un'autocreazione continua, che è il compimento del progetto illuministico. Il progetto illuministico è che la modernità nasce da se stessa, si auto-legittima, non ha nessun rapporto con l'"altro". Senza creazione, non siamo creati neppure noi. Questo riconoscimento lo pongo in chiave storica, cioè se io non avessi l'idea che nasco da due persone, non avrei nemmeno l'idea della mia libertà. Il fatto che io sono stato creato, vuol dire che non sono il risultato di una necessità, quindi sono libero anch'io".
Auguriamo ad ogni non credente di lasciarsi scuotere dalle stesse domande che hanno pervaso il percorso di Pietro Barcellona, e ad ogni credente di mantenere vive queste domande, così da essere grati continuamente della risposta cristiana che ci ha incontrati.
La redazione