I Pig Destroyer sono stati, insieme ai Nasum, la band che ha trasportato il versante più metallaro del grind nel terzo millennio. Gli svedesi avevano definito, album dopo album, un suono che verrà ripreso da decine di seguaci; gli americani avevano, giustamente, fatto il botto all’improvviso con l’allucinante Prowler in the yard, un sanguinolento tritacarne che frullava hardcore, noise, death e sludge con un approccio pazzoide e una naturalezza nel saltare da un genere all’altro degni dei Brutal Truth. Terrifyer mi fece saltare meno dalla sedia ma comunque distruggeva tutto nel raggio di un ettaro. Poi, confermando il teorema dei Misery Index del compianto Nunzio Lamonaca (Nunzio, torna!), sono diventati un gruppo normale. Mainstream, se la Relapse può essere il massimo che si può avvicinare al concetto di mainstream in un campo come il grindcore. Phantom Limb e Book Burner sono tutt’altro che brutti dischi ma non mi hanno emozionato per niente. E, dato che gli Agoraphobic Nosebleed ultimamente non è che stiano facendo tantissimo, non c’è manco più la scusa che Scott Hull le idee più matte se le teneva per loro.
Insomma, io preferirei che la loro componente più psicotica la tirassero fuori anche nei dischi, e non solo in ep collaterali come Natasha o questo Mass & Volume. La title-track, venti minuti, parte con sette minuti di effetti e feedback, entrano gli strumenti, si va lentissimi e nel finale la si butta sullo sludge sabbathiano alla vigliacca. La b-side dura meno e ha una struttura più lineare, sempre tra riff doom e feedback a straforo. Natasha ebbe di suo l’effetto sorpresa ma era uno svarione disturbante che rischiava e lasciava il segno. Mass & Volume, come Book Burner, sembra rivolto più a chi ascolta ‘sta roba ogni tanto per variare che agli appassionati duri, che magari apprezzeranno pure sul momento ma poi si rivolgeranno fatalmente ad altro.
Un ascolto, però, dateglielo, tanto sta in streaming su Revolver.