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Pillole di recensioni #3: L'estate di Ulisse Mele (Alba), L'amante (Baraldi)
Creato il 29 giugno 2014 da Mik_94Titolo: L'estate di Ulisse Mele Autore: Roberto Alba Editore: Piemme “Open” Numero di pagine: 208 Prezzo: € 14,50 Il mio voto: ★★★½ La mia recensione: Il piccolo Ulisse non sente, ma non conosce il silenzio. Legge le labbra dei suoi parenti, vive nel trambusto festoso di una famiglia imperfetta, ma calorosissima. Con i suoi alti e bassi, le riunioni, le gite annuali e giocose sotto il sole di una Sardegna calda, ciottolosa, evocativa. Vanessa Roggeri, in un esordio impeccabile, ci aveva parlato di una terra contraddittoria e antica, dominata da superstizioni, streghe, profumi selvatici. Roberto Alba – cagliaritano doc – trasforma invece gli sterminati campi di girasoli in labirinti da scandagliare. All'ombra di alberi secolari, sul letto di vasche di cemento e melma, il divertimento dei più piccoli. E la morte degli innocenti. A nove anni, Ulisse sperimenta il silenzio vero. In quella casa, piena di cugini dispettosi, zie dagli accenti esotici, zii fanatici dell'avventura, mamme apprensive e papà con le mani pesanti, tutto tace d'un tratto. Quando i fratelli Mele scompaiono nel nulla, i carabinieri piombano in giardino con le loro domande e l'ombra del sospetto cala sulla vita ordinaria di quel bambino straordinario. L'estate di Ulisse Mele è un romanzo non completamente originale, ma d'impatto. Tenero, amaro, precoce, acuto. Appagante, nonostante le duecento pagine complessive possano sembrare insufficienti per alimentare a dovere il mistero. Lo stile: elementare, con periodi paratattici, metafore di bimbo, colori primari, caldi, accecanti. Giallo per il sole, marrone per la terra, arancio per la frutta di stagione, un rosa carico per il tramonto. Sanno gelare nel momento in cui il panico serpeggia. Diventano soffocanti, le schegge di una gola di pietra. Un'estate spietata e drammatica fa della Sardegna un Grand Canyon di certezze infrante, amori folli, fedeltà cieca. Il giallo dell'autore deve tanto al nero della cronaca e, come nelle tragedie al tg, molti retroscena restano segreti. Ho percepito una vaga incompletezza, ma al protagonista si perdona tutto. La scrittura volutamente semplice rende vera la voce di Ulisse. Il saggio, puro, grazioso Ulisse: tutto famiglia e buone intenzioni. La storia vista attraverso le tapparelle del suo personalissimo sguardo avvince e rattrista. I bambini non dovrebbero mai crescere. Lui ci ricorda com'era avere nove anni e sognare di cambiare l'universo, combattere le zanzare e il caldo per tre mesi all'anno, essere i satelliti silenziosi di imprevedibili fratelli maggiori. Dare il giusto peso alle cose giuste. Stonata forse l'immagine di un bambino di nove anni, sordomuto e con una famiglia severa e tradizionalista, con un profilo Facebook tutto suo; meno il resto. Un'indagine non sempre implacabile, ma seguita da un dolce cronista d'eccezione che s'improvvisa detective, notaio, autore di necrologi. Un buon noir italiano, tra Kevin Brooks e l'Ammaniti di Io non ho paura.
Titolo: L'amante Autrice: Barbara Baraldi Editore: Mondadori Numero di pagine: 24 Prezzo: € 0,99 Il mio voto: ★★★ La mia recensione: L'ossessione verso un uomo, la prigionia del matrimonio, la curiosità che è femmina. Mimma è una donna del sud. Un nome corto e deciso, una testa piena di ricci bruni, un corpo accogliente. L'amante perfetta. Amante per sempre di quell'uomo affascinante e brizzolato che, alla festa di Capodanno, l'ha fatta sua con movimenti decisi, e sorrisi gelidi, e bugie meravigliosamente allettanti. Quello verso Fernando è un amore-non amore. Ladro, clandestino, bestiale. Sesso dove capita, passione sboccata e cannibale in macchina, sulle panchine deserte, in ufficio. Quella moglie che non si decide a lasciare, quell'altra donna che rende curiosi e che diventa pensiero strisciante. Sara: algida, pacata, un cigno bianco. Bellezza che non fa rumore, seni acerbi che stanno a bada sotto le magliette. Al supermercato, si scontrano con i carrelli, per il desiderio forte di Mimma. Il più intimo: incontrarla, parlarle. Diventano amiche. Fernando era il cacciatore, Mimma la vittima. I ruoli si invertono. Mimma diventa la cacciatrice dell'altra donna, in un letto viola come gli incubi, in una storia che dà il tormento. L'amante è un racconto di poche pagine, scritto dalla Barbara Baraldi che più mi piace. Quella la cui prosa, al servizio del noir e dell'eros, diventa uno stiletto piantato nella suola di una scarpa dal tacco vertiginoso. Le gambe si allungano, affusolate. I capitoli come battiti di ciglia, le metafore che piovono dal cielo, i dettagli che scuotono. I titoli dei paragrafi li scrivono, a volte, canzoni di un'epoca fa. Pazza idea, La bambola, Il Paradiso. Quelle di una Patty Pravo un po' ninfa, ai tempi del Piper, che faceva girare la testa agli uomini e barcollare, dall'alto del suo mistero, dalle sabbie mobili del suo charme. L'amante è così. Sottratto a un altro tempo, dannato, furbo. Un groviglio di cromosomi X ricamati con eleganza, raddoppiati; per questo, più spietati ancora. Un gioco di labbra, un intrigo di perle e manette. Solidarietà femminile portata all'estemo. Due personaggi agli antipodi, cigni dal piumaggio diverso che si mordono e si baciano a sangue. L'erotismo descritto con i toni rugginosi del giallo, sul terreno di vetro dei peccati capitali. Nudo e crudo. Diciamolo con un'altra canzone. Caffè nero bollente
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