Era da un po' che su questi lidi non parlavamo di musica, eh ?
Bene, pareva giusto il caso di tornare sull'argomento con roba proprio leggera leggera e facilona.
L'ultimo disco dei Pink Floyd, l'inedito.
Un Signor inedito, diciamolo subito.
Pink Floyd
Non sono affatto un cultore della band, sia chiaro:
Rispetto i Pink Floyd, li ritengo uno dei gruppi più importanti e influenti della storia musicale moderna, amo un sacco Shine On You Crazy Diamond, Money, Another Brick In The Wall e a mio papà per farmi contento è sempre piaciuto strimpellarmi Wish You Were Here....
Ma ecco, adorare davvero un gruppo è un'altra cosa.
E io più che quel manipolo di supersuccessi (che mi piacciono davvero tanto tantissimo cinquanta) troppo oltre non riesco ad andare.
Non mi è mai piaciuto l'atteggiamento, dei Pink Floyd (e nemmeno la voce di David Gilmour m'ha mai fatto impazzire), forse fin troppo esageratamente prog, da professori geni visionari.
Vedi, a titolo d'esempio, la fabbricazione di un tavolo - con tanto di tè del pomeriggio a seguire - durante l'esecuzione di Work nel The Man and The Journey (eh.)
Probabilmente a tenermi un po' a distanza da loro è il mio lato più viscerale, sporco, che comunque non può non innamorarsi dello splendido assolo di una Comfortably Numb a caso.
The Endless River
Con tutte queste premesse, ci ritroviamo un disco che ha schifato un sacco di critica radical chic, mandato in brodo di giuggiole i religiosi seguaci di Gilmour e Mason (sopravvissuti a Barrett e Wright), nonché fatto sbottare qualcuno tra quelli di Waters (che da una trentina d'anni ha una sua fortunata carriera solista)
La mia solita caustica opinione da due soldi ?
The Endless River è un grandissimo sottofondo (una cosa che dissi anche di Dream Theater, tra le altre cose), un piacevole fiume senza fine che può essere ascoltato e riascoltato in loop senza problemi, almeno per quanto riguarda le parti strumentali.
Una bella colonna sonora per farvi gli affaracci vostri, insomma.
Ma niente di più, ecco.
Non c'è assolutamente traccia di guizzi geniali in questo fiume, di quegli osanna che ti portano a dire "questo è un disco di una delle band più importanti di sempre".
Il che, ad essere sinceri, va anche bene.
Perché, se da un lato potrebbe denotare un (inevitabile) calo creativo, dall'altro mi preme sottolineare come su questo disco non vi siano forzature, nessun tentativo di cacciar fuori un "pezzo corale" dovuto come va spesso molto di moda nelle operazioni nostalgia
Ecco, per chi scrive The Endless River non è affatto un'operazione nostalgia, e questo paradossalmente deve aver fatto incazzare qualcuno.
Per certi versi, se vogliamo, è un po' una risposta moderna allo sperimentale e visionario Ummagumma del 1969: un concept solido, granitico, senza singoli imperiosi e leggendari a spiccare sul resto (appunto)