Qualche mese fa la mia amica Denise (Sì quella di SfascionBlogger!) insisteva nel volersi tingere i capelli di rosa. Le dissi che somigliare ad un My little pony non sarebbe stata una brillante idea, neppure se a spianare la strada c'erano già state artiste del calibro di Rihanna, Demi Lovato, Lady Gaga e Katy Perry.
Perché assomigliare ad uno di quei confetti ricoperti da un sottile strato di zucchero color rosa cipria, mi chiesi. E qualche istante più tardi realizzai la mia spontanea indignazione. Non sarò mica affetto, pure io, da scetticismo cronico? Liberandomi d'ogni preconcetto, dunque, ho deciso di passare in rassegna le sue mille e più sfumature - quasi contemplarle - documentandomi sulla sua storia, quella d'un colore, oltretutto, già vittima di ridicoli - lo sono sempre - pregiudizi legati all'appartenenza di genere. Perché sin dalla nascita c'insegnano che "il rosa" non è cosa da maschi. Ma evidentemente tralasciamo il fatto che nel primo Ventennio del Novecento veniva addirittura considerato un colore "mascolino", perché associato ad una variante più chiara del rosso, un colore forte e perciò virile; a differenza del blu, che piuttosto rimandava al colore del velo della Vergine Maria, più adatto dunque, ad un pubblico di sesso femminile. Almeno stando ad un articolo pubblicato nel 1918 da un'autorevole rivista specializzata in moda per bambini: l'Earnshaw's Infant's Department. Ma ci sono voluti poco più d'una ventina d'anni a rimescolare le carte in tavola e in maniera del tutto decisiva.
Quando sul finire degli anni Cinquanta fece la sua prima comparsa Barbie, non ci volle molto a convincere il pubblico d'ogni sesso ed età che il Rosa era decisamente "cosa da femminucce". Da allora gli uomini di mezzo mondo cominciarono a prediligere un guardaroba dalle tinte sempre più forti e cupe, così da rimarcare anche attraverso l'abbigliamento la propria virilità; mentre le bambine di mezzo mondo sognavano una vita "zuccherosa" a tinte rosacee, ammaliate da quella "perfetta bambolina tutte curve" e da quel suo "guardaroba rosa, casa rosa e camper rosa, arredati di rosa". E se negli anni di piombo le femministe cercarono di ripudiarlo con forza, fu lo sfrenato consumismo degli anni '80 e quelle sempre più accurate strategie di marketing di note aziende specializzate in abiti e giocattoli per neonati, a consolidare l'appartenenza di genere di questo colore: rosa per le femminucce dunque, azzurro per i maschietti. Gli scaffali dei negozi stra-bordavano di giocattoli in tinte per lui e per lei, e quelle donne incinte che incominciarono ad usufruire della diagnosi prenatale - così da scoprire il sesso del pargolo prima del parto - furono invogliate sempre più all'acquisto di corredi pensati e studiati a seconda del sesso dei nascituri.
In fondo è sempre questione di solidarietà, accettare le differenti e vibranti sfumature e quelle talvolta inusuali ma tanto affascinanti possibili mescolanze. E poco importa se da ora al prossimo anno, di rosa, in giro ce ne sarà di più che nel mondo di Barbie. Che ognuno si tinga pure i capelli del colore che preferisce. Anche perché stando all'incessante ciclo (e riciclo) delle tendenze, tra qualche mese toccherà ad un nuovo colore capeggiare nell'olimpo del Pantone. E staremo a vedere se anche per il prossimo, ci si indignerà come alla vista d'una folta chioma buble gum.