Rispettare Collodi
La vicenda rimane intatta. È il punto di vista che cambia, più attento alla fantasia di Geppetto che alle disavventure di Pinocchio.
Un ceppo di legno cade da un carretto e finisce nella bottega del falegname Geppetto. L’uomo dopo averlo visto decide di costruire un burattino. Il suo nome è Pinocchio.
L’animazione di D’Alò è semplice. È fatta di tratti lineari e di colori cangianti. Una luminosità stilistica che si rispecchia facilmente nella favola che si appresta a narrare. D’Alò appare quasi anacronistico; nessun sforamento nella computer grafica, ma un’attenzione particolare ai disegni, che costituiscono la riconoscibile impronta del regista napoletano. In Pinocchio si assiste a un rispetto per la favola del burattino, ma non solo. Perché D’Alò rilegge in modo innovativo la figura di Geppetto, puntando sulla sua innata capacità di rimanere bambino e di non smettere mai di sognare. Ed è proprio su questo spostamento narrativo che il regista costruisce Pinocchio, mostrando nelle prime sequenze un giovane e monello Geppetto, con aquilone al seguito, che infastidisce le anziane signore del paese. Un precursore di Pinocchio, una copia carbone del burattino birichino. Perché è dalla sua infanzia, dalla sua fantasia che Geppetto pesca a piene mani: tant’è che quando costruisce il suo figlioccio di legno comincia a osservare e prendere spunto da una sua vecchia foto da giovane. Per quanto riguarda il resto, D’Alò rimane fedele a Collodi, condensando le avventure in pochissimo tempo (mantenendo anche alcuni personaggi scomparsi nei precedenti riadattamenti: il pescatore e il cane poliziotto) e cercando di imprimere alla storia un ritmo serrato. Insomma una parziale rilettura, che semplifica anche i rapporti che il protagonista ha con la fata turchina, che non viene delineata come un ideale sostituta della figura materna, ma come coetanea di cui Pinocchio si invaghisce.
D’Alò non perde quell’interesse a ricercare la morale nella favola, a ricreare un mondo colorato e musicale; due caratteristiche che si fondono perfettamente, grazie soprattutto alla colonna sonora interamente realizzata da Lucio Dalla (il suo ultimo lavoro). Pinocchio si carica sulle spalle le metafore e le allegorie della storia scritta da Collodi e lo fa ambiziosamente perché D’Alò non riadatta, ma recupera interi stralci del libro, battute e sensazioni.
Pinocchio è un bel film d’animazione. Probabilmente non contiene la stessa carica emotiva e di viscerale insegnamento sulla vita de La gabbianella e il gatto, ma convince e trasporta in un mondo parallelo popolato da gatti e volpi, da burattini e grilli parlanti.
Uscita al cinema: 21 febbraio 2013
Voto: ***
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