In realtà, ancora prima dello scoppio del conflitto il Vaticano si era mosso in favore degli israeliti come nel 1936 quando il cardinale Pacelli incontrò assieme a monsignor Tardini, il rabbino capo di Alessandria, David Prato, che chiese aiutò alla Santa Sede a favore degli ebrei polacchi perché le autorità di quel paese volevano abolire la macellazione rituale ebraica. La missione ebbe successo e, secondo le parole del rabbino “se la legge non fu emanata allora e si cercarono più tardi pretesti per rinviarla, modificarla e per mutilarla lo si deve al tempestivo intervento del Vaticano”.
Innumerevoli interventi a favore degli ebrei saranno effettuati dalla Santa Sede durante tutta la durata del conflitto e lo si poté vedere per esempio durante la razzia del ghetto di Roma. Questo episodio è citato spesso dai denigratori della Chiesa che affermano che il papa sarebbe stato in silenzio anche quando le deportazioni avvennero “sotto la sua finestra”. In realtà la documentazione presente dimostra proprio l’opposto: non appena le deportazioni ebbero inizio la Santa Sede intercedette immediatamente presso l’ambasciatore tedesco, Von Weizsäker, e presso il generale tedesco Rainer Stahel per cercare di ottenere l’immediata interruzione degli arresti.
Pare che fu difatti proprio grazie all’intermediazione del generale Stahel che i rastrellamenti ebbero termine perché questi diede a Himmler la falsa notizia del pericolo di un’insurrezione da parte degli abitanti della città se gli arresti fossero continuati e il gerarca nazista, temendo la perdita dell’approvvigionamento delle truppe tedesche impegnate al fronte, diede perciò alle due del pomeriggio l’ordine di interrompere i rastrellamenti (quando Himmler si accorgerà dell’inganno, farà spedire Stahel sul fronte russo dove verrà catturato dai sovietici e troverà la morte in gulag nel 1955). Grazie all’intercessione vaticana i rastrellamenti furono perciò fermati: 1009 ebrei romani verranno purtroppo deportati dai nazisti nei campi di sterminio senza che si potesse fare qualcosa per liberarli, ma altri 7000 riuscirono a nascondersi e di questi più di 4000 riuscirono a trovare rifugio in conventi o in altre proprietà ecclesiastiche (si calcola che 447 ebrei si nascosero all’interno della Città del Vaticano).
Alcuni studiosi ostili a Pacelli hanno affermato che i salvataggi avvennero per iniziative individuali e non da parte di esplicite direttive papali. Tuttavia, le dichiarazioni di molti prelati e sacerdoti coinvolti nell’opera di salvataggio che affermarono d’aver prestato soccorso agli israeliti sotto indicazioni del pontefice e le polemiche naziste per l’aiuto che la Santa Sede stava dando a quelli che erano considerati nemici del Reich provano come il Vaticano fosse a conoscenza e sostenesse queste attività. Infatti, come ha sottolineato lo storico Pierluigi Guiducci nel suo libro “Il Terzo Reich contro Pio XII”, in centinaia di rapporti militari, diplomatici e spionistici nazisti il papa veniva qualificato come un pericoloso avversario e ciò anche per la sua attività di salvataggio a favore di migliaia di ebrei, antifascisti e sfollati che trovarono rifugio negli edifici della Chiesa sino alla liberazione della città.
Non mancarono momenti di pericolo per costoro perché le truppe naziste sporadicamente violarono la neutralità di questi rifugi, arrestando le persone che vi trovarono dentro, ma problemi vi furono paradossalmente anche da parte alleata perché alcune bombe sganciate sulla città di Roma colpirono casualmente alcune ville della residenza papale dove in quel momento avevano trovato rifugio migliaia di persone e ciò causò la morte di alcune centinaia di loro. Finita la guerra, il Vaticano chiederà all’America i danni causati dalle incursioni (come similmente fecero anche altri stati neutrali rimasti a loro malgrado vittima dei bombardamenti come il Portogallo o la Svizzera) riuscendo ad ottenere l’indennizzo applicando il cambio di valuta in quel momento vigente.
Dopo la partenza dei tedeschi e l’occupazione della città da parte degli angloamericani, gli ebrei ritrovarono la libertà e molti di essi esprimeranno la loro riconoscenza al papa per il soccorso a loro prestato nel momento del pericolo Riconoscenza però che molto ebrei che vivono oggi paiono aver dimenticato.