E' in una sera di pioggia che ti ho perso.
Davanti ad un bar, come due sconosciuti.
La tua sigaretta fumava, protetta da un passo indietro; tu sotto la pensilina, giacca bagnata e sguardo perso nel via vai delle auto, il volto illuminato a tratti.
Tempo da lupi, senza vento, mentre copiose e fitte scendevano gocce di pianto d'angeli disperati.
Schizzi sul marciapiede, ferite inferte senza dolore, pozzanghere ricolme in cui annegare gli occhi per non subire l'onta del tuo rifiuto.
Che rumore fa il dolore?
Non si dice forse che l'acqua lava , purifica e rende linde tutte le cose?
Mi sento sommersa da tanta chiarezza ma non annego.
Ad una ad una le tue ragioni saltano rimbalzando sulla strada, liquefatte insieme a tanto spreco di lacrime, a tanta vita passata insieme a guardare da dietro ad un vetro come cade la pioggia, proprio per non bagnarci mai.
Era bello farlo con te. Bello e romantico. Ticchettio musicale sul tetto della nostra piccola casa, più intenso, meno intenso, mentre sotto le coperte, pancia in su, talvolta guardavamo verso l'anta aperta sulla via lucida, nuova, lavata.
Ti ricordi com'era bello in settembre, le tortore che cercavano riparo, il profumo dell'erba, i sedili del parco inzuppati e le lumache, dopo, a far festa in giardino?
Ricordi, amore,le corse su per le scale e attento, non correre, mi fai cadere...
Vado.
Non apro il mio ombrello colorato: non c'è ragione per questa tonda nota magica, rosso cappello sulla mia testa. Non canto sotto la pioggia, non danzo di gioia.
Voglio sentire l'umido, il freddo, voglio che mi si appiccichi addosso questo momento mentre tu mi spegni e butti via, come la tua sigaretta, a metà.
Com'è cominciato il nostro addio? Dov'è finito il nostro riparo? Quale uragano ha lasciato il posto a questa uggia tremenda dell'anima?
Adesso sento sul viso, nel naso, nella gola un sapore salino e denso. Brucia e scivola questa lingua infuocata che nasce dal ventre e sale su verso l'addome, il petto, il cuore che pulsa e martella.
Balsamo che fluisce e che libera e seduce.
Sei ancora lì, fermo a guardarti le punte zuppe delle scarpe, mani in tasca e spalle strette, nel diluvio del nostro fallimento.
Superstite, salvata dal naufragio da quella stessa acqua che ora ci divide, piango a dirotto e singhiozzo e tremo.
Mi scuote il freddo, la camicia bagnata, i piedi ammollati come radici; mi scuote la rabbia, i perchè che sono morti appena un minuto fa.
Mi scuote la tua immagine fissata sulla retina, mi scuote il ricordo del tuo profumo di tabacco e borotalco e l'angoscia di sapermi da sola ora e sempre.
Non ho avuto parole. Non sono servite. Non c'è stato il tempo di trasformare i pensieri.
E' tutto.
Chiudo la portiera dell'auto e metto in moto.
Il tergicristallo sposta masse d'acqua da lì a qui, da qui a lì.
Come un indice che mi fa di “no”.
No. Non è tutto. E lo sai anche tu.
Non mi volto a guardare.
Non vedo, più che altro. Piove davvero tanto fuori.
E' in una sera di pioggia che ho imboccato la strada verso casa, per la prima volta, senza te.
E' in una sera di pioggia che ho toccato, triste, il dolore della libertà subita.
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