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“Pioggia” (1929), il linguaggio dei segni di Joris Ivens

Creato il 23 gennaio 2012 da Onesto_e_spietato @OnestoeSpietato

“Pioggia” (1929), il linguaggio dei segni di Joris Ivens

Film muto del 1929 di Joris Ivens, Pioggia lascia il segno. Senza dubbio. In particolare nell’occhio omologato e non allenato dello spettatore del Duemila. E fa del segno il suo marchio più evidente. Sulle pozze d’acqua in strada, sull’asfalto bagnato sfregiato dalle ruote delle auto, sui finestrini annebbiati del metrò. Un segno che si fissa a caldo anche attraverso ombre e riflessi di appuntite cancellate e uomini con ombrelli che paiono usciti da un quadro di Magritte. Uomini che sono essi stessi ombre e riflessi di sé, sagome senza anima, simulacri senza volto.

Segnata, audace, terrestre è anche la regia. Lo sguardo, pur esulando per di più dalla canonica soggettiva, è chino, opprimente. Scorre e inquadra le caviglie della gente, i marciapiedi, i tombini, le griglie delle fogne. Così terra terra che ripetutamente la macchina da presa è poggiata sull’asfalto, sui muretti, agli angoli della strada. Uno sguardo/segno che però non rimane in superficie, ma con lirismo urbano tocca l’anima di chi guarda.



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