Piove.
La pioggia in questa stagione, a meno che non duri giornate intere, mi piace.
Mi accomodo in salotto, accoccolata sulla poltrona, un libro tra le mani (anzi il Kobo, dove sono ancora alle prese con “Le memorie di Adriano”, ma leggerlo direttamente in francese è abbastanza faticoso), accanto alla porta finestra, quella prospiciente il terrazzino. Ne apro solo un’anta, annuso l’odore aromatico delle foglie bagnate e quello muschiato e leggermente marcescente della terra nei vasi, intrisa d’acqua.
Ascolto il picchiettare delle gocce sul gelsomino, prossimo alla fioritura, un suono ipnotico che indurrebbe a dormire se non fosse per il chiacchiericcio insistente di passeri e merli.
Le mie rose, fino ad ieri diritte e rigogliose, adesso sono piegate verso il basso, appesantite perché impregnate dalla pioggia. Domani devo ricordarmi di raddrizzare i rami con dei sostegni.
Un po’ leggo, un po’ penso.
Certo, con questo tempo c’è un filino di malinconia, ma non tristezza, una sensazione sottile, difficile da definire: la pioggia lava via alcuni pensieri, altri ne riporta a galla. Una tazza doppia di caffè bollente, un libro, un po’ di musica… Cosa cercare di meglio?
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