Area di cantiere
Da mesi ormai tutto il circuito della “presunta” pista ciclabile messa in opera a Reggio Calabria sotto il “vigile occhio” dei commissari prefettizi e dei funzionari comunali addetti è interdetto alla circolazione dei cicli tramite misteriosi cartelli che definiscono l’intero percorso “area di cantiere”. Dalle mie reminiscenze scolastiche mi risulta che l’area di cantiere per definizione dovrebbe essere interdetta a chiunque non sia addetto ai lavori che vi si stanno (starebbero) svolgendo. Se ne dedurrebbe, quindi, che l’intera area individuata non dovrebbe essere accessibile ai normali cittadini. Ma non è così, almeno a giudicare dal testo dei cartelli che sanciscono il divieto. Solo ai cicli. Detto questo, mi rendo conto che sarebbe impossibile interdire il passaggio ai pedoni su centinaia di metri di marciapiedi, impedire a decine di esercizi commerciali di esercitare a causa dell’impossibilità di accedere ai locali, sbarrare il passo ai veicoli nei punti in cui la “presunta” pista ciclabile interseca importanti strade cittadine. E che, paradossalmente, dalla difficoltà ad affrontare una criticità intervenuta scaturiscono evidenti tutte le incongruenze ed inadeguatezze della precedente messa in opera. Ma il fatto è che in un’area di cantiere si dovrebbero svolgere dei lavori, secondo me. Cosa che non mi sembra accada. Il manufatto (chiamiamolo così) oltre che deturpare vergognosamente la nostra già tanto maltrattata città, si sta deteriorando vistosamente, in alcuni punti in maniera pericolosa per la sicurezza stradale. I lavori sono fermi, ammesso che ci sia qualcosa da fare. Stare a guardare non serve a niente. I nostri neo-amministratori girano regolarmente per la città, per istituto e per diletto, sono cittadini come noi e non possono non essersi poste le stesse domande. Avranno già sicuramente le risposte, quali che siano. E quindi? Cosa intende fare, in tempi brevi, l’Amministrazione comunale? Magari per prima cosa informare i cittadini sul come si è arrivati a questo, e un attimo dopo mettere in atto le azioni necessarie a tutelare l’opera eseguita (qualora si ritenga che almeno una parte sia recuperabile)? Individuare i responsabili tecnici (e sottolineo tecnici) di questa ennesima vergogna cittadina e prendere i necessari provvedimenti nei loro confronti, anche eventualmente con azioni volte a recuperare il danno economico derivante? Attendiamo le risposte, che sicuramente giungeranno a breve. Ma anche non avere risposte (o non fornirle) sarebbe una risposta, seppur non soddisfacente. Ah, dimenticavo, sarebbe una chiara risposta anche una “non risposta” in politichese.Ponte Barlaam